Il decreto legge che entra in vigore oggi contiene le norme che su fronti diversi dovrebbero contrastare i comportamenti scorretti dei contribuenti. Ma il testo comprende una buona dose di gradualità e di fatto apre la strada ad aggiustamenti in Parlamento. L’incremento delle pene e l’abbassamento delle soglie per i reati tributari avrà efficacia dalla data di conversione del decreto, verosimilmente intorno alla metà di dicembre. Mentre la riduzione del tetto per l’uso del contante, le sanzioni ai commercianti che non accettano carte di pagamento ed anche gli incentivi per gli stessi esercenti scatteranno dal prossimo primo luglio.
Viene abbassata gradualmente la soglia di utilizzo del contante. Il decreto prevede che l’attuale tetto posto a 3mila euro scenda a 2mila euro a partire dal 1° luglio del prossimo anno e poi a 1.000 dal 1° gennaio del 2022. Vuol dire che al di sotto di questi valori non potranno essere effettuati pagamenti per acquisti, retribuzioni o altro; nemmeno se frazionati in modo artificioso ma in realtà come parte di un’unica operazione. Resta la possibilità di prelevare o depositare in banca l’importo in contanti che si desidera. Per le violazioni scatteranno sanzioni proporzionate ai nuovi limiti: quindi il minimo sarà di 2mila euro dal prossimo luglio fino a fine 2021 e poi di 1.000 euro.
Per convincere i commercianti e i professionisti ad accettare pagamenti con mezzi diversi dal contante scattano sia incentivi che sanzioni, in entrambi i casi a partire dal primo luglio 2020. Le multe per chi non accetta carta di credito o bancomat ammonteranno a 30 euro, incrementati in misura pari al 4% del valore della transazione. Allo stesso tempo gli esercenti che abbiano avuto nell’anno precedente ricavi e compensi non oltre i 400mila euro potranno contare su un credito pari al 30% delle commissioni bancarie che gli sono state addebitate per le transazioni. Intanto procede il confronto tra governo e sistema bancario per la riduzione delle commissioni stesse.
La novità più importante consiste nell’estensione alle imposte dirette del meccanismo già in vigore da alcuni anni per l’Iva: quando l’importo annuale del credito supera i 5mila euro la compensazione non sarà più automatica, ma potrà avvenire solo dietro preventiva presentazione della dichiarazione da cui emerge il credito stesso. È atteso solo da questa norma un maggior gettito pari a oltre un miliardo nel 2020. La compensazione è poi vietata nel caso in cui al contribuente sia stato notificato il provvedimento di cessazione della partita Iva, oppure quando l’interessato si accolli debiti.
Vai alla RUBRICA DEL CONSULENTE – a cura dello Studio Viglione Libretti –
[box type=”info”]PUBBLIREDAZIONALE[/box]