“Quando è scoppiata la guerra io stavo a Chernivtsi, una città dell’Ucraina dell’Ovest, vicino alla frontiera con la Romania perché stavamo andando in vacanza in Grecia con i miei figli di 7 e 8 anni. Mi ha svegliato mio marito e mi ha detto: ‘E’ scoppiata la guerra. Non possiamo andare a salvare i genitori, dobbiamo salvare i bambini’”.
Questa è la storia di Marina, un’insegnante di italiano di origine ucraina che attualmente è rifugiata in Bulgaria con la sua famiglia. “Non posso lavorare, i miei studenti sono nei rifugi e hanno bisogno dell’aiuto, non degli studi”.
Ospiti di un signore londinese che vive e lavora in Bulgaria, amico del marito, Marina e la sua famiglia hanno un tetto sicuro sotto cui vivere, a differenza dei suoi genitori e di suo fratello.
“Abbiamo attraversato la frontiera e siamo andati in Bulgaria, da qui aiutiamo il popolo ucraino. – racconta – I miei genitori non sono potuti andare via perché c’era un traffico terribile. Stavano in un rifugio di un palazzo vicino alla loro casa, ma mia madre non è riuscita a nascondersi perché è stata operata poco fa quindi non può camminare. Poi mio fratello che vive vicino a Vasylkiv, dove hanno fatto esplodere un deposito di petrolio, ha portato mia madre a casa sua, fuori città”.
La guerra, oltre a causare distruzione e povertà, divide le famiglie.
“Mio padre è rimasto a Kiev – dice – perché l’esercito russo entra nelle case e ruba”. Seppure la situazione è al limite per tutti in Ucraina, la solidarietà non manca nei riguardi di famiglie meno abbienti: “Mia madre e mio fratello – prosegue Marina – hanno il cibo e danno da mangiare ad altre due famiglie bisognose, però dormono sotto terra nel proprio giardino e si lamentano del freddo”.
Al sesto giorno di guerra, l’avanzamento dell’armata russa si espande sempre più e diventa maggiormente efferato; la conta dei civili si fa sempre più preoccupante.
“L’esercito russo ha distrutto un piccolo paesino dove abbiamo un’altra piccola casetta, – riferisce Marina con un groppo alla gola – si chiama Borodianka. Là hanno ucciso alcuni civili”.
Senza parole, solo un forte shock accompagna le giornate di Marina e di quanti la circondano. Le dico che anche dai nostri piccoli paesi stiamo inviando beni di prima necessità per sostenere il popolo ucraino. Lei, pur lodando l’iniziativa, rileva che “in Ucraina molte città o paesini sono circondati dai russi e loro non fanno passare né cibo, né medicinali. Ci vuole la Croce Rossa”.
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