Sono passati tre anni dalla morte di Dora Lagreca, la 30enne di Montesano sulla Marcellana caduta dal balcone dell’abitazione che condivideva con il fidanzato Antonio Capasso, in via Di Giura.
Tre lunghi e dolorosi anni in cui la famiglia della giovane donna ha sempre chiesto di sapere la verità su quanto accaduto in quella tragica notte tra l’8 ed il 9 ottobre.
La coppia era rientrata a casa da una serata in un locale potentino e in seguito era scaturita una lite terminata con la tragica caduta di Dora, spirata in seguito all’ospedale “San Carlo” di Potenza.
Al culmine del diverbio, secondo il racconto reso da Capasso, indagato per istigazione al suicidio, Dora si era volutamente gettata dal quarto piano. Una versione a cui la famiglia della 30enne montesanese non ha mai creduto, sottolineando da sempre il suo carattere gioviale e pieno di vita ed escludendo avvisaglie che avessero lasciato presagire l’istinto suicidario.
I legali della famiglia Lagreca, Cristiana Coviello e Renivaldo Lagreca, ormai da tempo portano avanti la battaglia affinché emerga la verità su quanto accaduto nell’appartamento di via Di Giura.
La Procura di Potenza ha richiesto l’archiviazione del caso ma nei mesi scorsi il Gip ha accolto l’opposizione della famiglia Lagreca, richiedendo una doppia perizia medica e balistica in incidente probatorio.
I risultati delle consulenze sono giunte nei giorni scorsi e si sottolinea la traiettoria della caduta avvenuta a candela e con il viso rivolto verso il muro del palazzo. Una caduta, tuttavia, avvenuta “senza alcuna spinta” e “in assenza di slancio”.
Un’ipotesi, dunque, che escluderebbe non solo la possibilità del suicidio tipo tuffo o fuga da qualcosa (ma non la caduta nel vuoto) ma anche quella della spinta da parte di Capasso. Non si esclude la caduta accidentale.
“Per noi la questione è aperta – spiega ad Ondanews l’avvocato Cristiana Coviello – non abbiamo risposte, motivo per cui avevamo chiesto le consulenze alla Procura. Gli scenari sono aperti, la consulenza balistica conferma due dati che conoscevamo: la caduta a candela e lei che è di spalle al vuoto. Non ha evidenziato, però, perché lei era spostata dalla traiettoria di circa un metro. Una cosa è certa, non c’è stato alcun tuffo quindi in sede balistica la versione di Capasso non si trova. Lui racconta che Dora si è ‘slanciata repentinamente’ e ha fatto un balzo da quel muretto, quindi lui afferma che era di fronte, ma cosa poteva vedere se era seduto sul divano? Non poteva, appunto. Ci sono diversi punti oscuri nella vicenda che purtroppo non hanno avuto risposta dalle consulenze, ma una cosa è chiara: l’ipotesi del suicidio va scartata e la versione di Capasso non è compatibile con quanto dimostrato scientificamente”.
Coviello sottolinea poi quanto affermato dal suo consulente, il dottore Francesco Introna secondo cui Dora “aveva inoltre dei segni di afferramento, c’erano dei lividi”. Nella consulenza, tuttavia, oltre ai lividi della caduta, gli altri “sono difficilmente spiegabili”.
“Nelle foto scattate quella sera nel locale – spiega l’avvocato – non si vedono lividi, quindi sono senz’altro riconducibili dopo il ritorno a casa. Inoltre aveva un labbro con una ferita”.
Infine dubbi anche sul tasso alcolemico: “Il tasso rilevato prima della morte è di 0,59 mg, circa due cocktail. Tasso che però dopo la morte era salito a 1,66 mg. Un dato che non è spiegabile per i medici, ma che restituisce una ulteriore verità ossia che Dora era ‘allegra’ ma aveva il controllo”.
Insomma per il legale Coviello ci sono “situazioni purtroppo non certe, cercheremo di capire come procedere. Per ora vorremmo la dichiarazione dal Tribunale che non è stato suicidio ma soprattutto chiediamo al signor Capasso la verità. La famiglia è provata, stiamo facendo una battaglia, ma sicuramente continueremo a lottare affinché venga ridata la giusta dignità a Dora”.
“Attendiamo l’elaborato dei nostri consulenti – conclude – oltre alla decisione della Procura”.
Decisione che, occorre sottolineare, potrebbe protendere per una ulteriore richiesta di archiviazione per Antonio Capasso. Toccherà eventualmente alla famiglia decidere se opporsi nuovamente.
Anche il legale Renivaldo Lagreca ha infine sottolineato l’incompatibilità tra la versione di Capasso e quanto emerso dalla consulenza: “Continuiamo come sempre a gran voce a chiedere la verità affinché si restituisca dignità ad una giovane donna e un poco di serenità alla famiglia”.
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