Un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 13 persone, ritenute responsabili di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti su tutto il territorio nazionale e riciclaggio, è stata eseguita eseguita all’alba di oggi in Puglia, Sicilia, Calabria e Campania. Tra gli arrestati figura anche un 42enne di San Pietro al Tanagro che al momento si trova ai domiciliari.
L’operazione “All black” è stata portata a termine dai Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico insieme ai Finanzieri del Comando Provinciale di Taranto ed è coordinata dalla DDA di Lecce. Gli arresti sono stati eseguiti, oltre che a San Pietro al Tanagro, anche nelle province di Lecce, Taranto, Brindisi, Palermo, Cosenza, Reggio Calabria, Napoli e Caserta. Sono stati inoltre effettuati sequestri di due automezzi e più di 200.000 euro. L’indagine vede 44 persone ed una società campana di trattamento dei rifiuti a vario titolo indagate e deriva dalla riunione di due distinte attività investigative seguite dai Carabinieri del NOE di Torino e Lecce e dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico -Finanziaria della Guardia di Finanza di Taranto, che pur partendo da presupposti diversi, convergevano su alcuni indagati.
Per quanto riguarda i Carabinieri del NOE, l’attività è iniziata nel maggio 2018 dopo il sequestro di un autotreno che aveva effettuato uno scarico illecito di rifiuti nella campagna di Lombardore (Torino), operato dai Carabinieri della Stazione di Leini e dal Gruppo Carabinieri Forestali di Torino, a cui si sono affiancati da ottobre 2018 i militari del NOE di Torino per lo svolgimento dei conseguenti approfondimenti investigativi. E’ stato così individuato un gruppo di faccendieri di Lecce e Taranto i quali, ognuno con un proprio ruolo e creando società fittizie dotate di false autorizzazioni, offrivano siti inesistenti per lo smaltimento di rifiuti tramite una società di intermediazione di rifiuti piemontese non iscritta all’albo gestori rifiuti. Iniziarono allora tutta una serie di contatti tra questi intermediari e alcune aziende attive nel trattamento dei rifiuti, site nel Torinese e nel Bresciano, allo scopo di far confluire ingenti quantitativi di rifiuti in alcune località del Leccese e del Tarantino. Le difficoltà organizzative e i rischi nel far affrontare così lunghi viaggi a rifiuti in una situazione di completa illegalità hanno fatto insorgere dei contrasti tra gli organizzatori, determinando la scissione del gruppo pugliese con i broker piemontesi. Il sodalizio pugliese si era quindi organizzato per creare un’altra direttrice di traffico reperendo con successo produttori di rifiuti nell’area ben più accessibile del Casertano e del Reggino. Su questa nuova direttrice di traffico investigata dai Carabinieri si è sovrapposta una parallela attività della Guardia di Finanza di Taranto. Dopo i sequestri di rifiuti effettuati dai Carabinieri nelle campagne di Lecce e Surbo, la Procura della Repubblica di Torino – Direzione Distrettuale Antimafia fino ad allora competente per il procedimento piemontese, ha ritenuto di stralciare gli esiti delle investigazioni sul “traffico pugliese” per trasmetterli alla DDA di Lecce territorialmente competente.
L’Autorità Giudiziaria salentina aveva in corso analoghe attività investigative condotte dalla Guardia di Finanza di Taranto che avevano permesso di far emergere un ingente traffico illecito di rifiuti perpetrato da un gruppo criminoso operante nel territorio jonico e dedito alla commissione di attività organizzate finalizzate al traffico illecito di rifiuti e di falsi in autorizzazioni amministrative, attuato mediante la predisposizione di mendaci autorizzazioni ambientali che attestavano in capo a società di comodo la disponibilità di impianti autorizzati per il trattamento dei rifiuti ovvero di siti abilitati allo stoccaggio. Le indagini hanno permesso di ricostruire molteplici operazioni illecite di movimentazione di ingenti quantità di rifiuti, urbani ed industriali, anche di tipo pericoloso, aventi origine prevalentemente dalla Campania e dirette per lo sversamento in Puglia, nelle località in provincia di Lecce e Taranto, che venivano smaltiti o previo sversamento sul suolo con successivo “tombamento” ovvero abbandonati all’interno di capannoni industriali in disuso e successivamente dati alle fiamme. Un traffico illecito dai connotati complessi, che si sono manifestati attraverso dinamiche soggettive articolate, coinvolgendo una pluralità di persone, produttori, trasportatori, intermediari, riceventi, deputati allo scarico e alla ricerca dei siti dove tombare i rifiuti che hanno fornito, ognuno per la loro parte, forme diverse di contributo anche di natura tecnica. L’attività svolta ha chiaramente documentato come lo smaltimento illecito di rifiuti abbia generato un danno ambientale di rilevanti proporzioni, essendo state illecitamente smaltite più di 600 tonnellate di rifiuti speciali, anche di tipo pericoloso, generando una concorrenza sleale tra le aziende produttrici del medesimo rifiuto.
I motivi che hanno spinto gli indagati ad organizzare un traffico illecito diretto al territorio pugliese sono da ricollegare alla convergenza di diversi fattori. La centralità di uno degli indagati che poteva vantare numerosi contatti con imprese produttrici di rifiuti anche pericolosi che, alla luce delle contingenti difficoltà ad utilizzare il mercato di sbocco privilegiato cinese, avevano necessità di reperire siti di smaltimento sul territorio nazionale. In secondo luogo, la breve distanza, in termini geografici, tra le aziende produttrici e la destinazione dei rifiuti che aveva permesso al sodalizio di raggiungere due importanti obiettivi: contenere i costi di trasporto ed esporre i compiacenti autotrasportatori a minor rischio di controllo da parte delle Forze di Polizia lungo il tragitto. Complessivamente sono stati individuati e documentati 28 conferimenti illeciti per un totale complessivo di più di 600 tonnellate di cui almeno 142 tonnellate classificate come rifiuti pericolosi. Nel corso delle indagini sono stati eseguiti, nella flagranza del reato, 6 sequestri di rifiuti in procinto di essere sversati in capannoni e cave nelle province di Taranto e Lecce oltre alla ricostruzione documentale di numerosissimi sversamenti effettuati attraverso la falsificazione dei relativi FIR nonché la donazione di autorizzazioni amministrative.
Per quanto riguarda l’origine dei rifiuti (plastiche, gomme, ingombranti, guaine catramate e fanghi) gli stessi provenivano in massima parte da un‘azienda autorizzata al trattamento a Sparanise (Caserta) che, grazie a questo sistema, riusciva ad abbattere fortemente i costi di gestione. L’indagine, svolta con grande spirito collaborativo e di coordinamento fra i diversi Uffici Giudiziari, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza, ha consentito di disarticolare un pericoloso sodalizio delinquenziale evidenziando, ancora una volta, come il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti siano divenuti una delle attività più remunerative per la criminalità che, incurante dei rilevanti danni ambientali causati, si dimostra sempre più pervasiva nel settore, richiedendo un’azione di contrasto da parte degli organi di polizia sempre più incisiva.