Assoluzione dall’accusa di associazione a delinquere perchè il fatto non sussiste e prescrizione per gli altri reati contestati, dalla gestione abusiva di rifiuti al disastro ambientale. Si conclude in questo modo il procedimento di primo grado, iniziato nel 2007, per l’operazione “Re Mida”, condotta dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Caserta, le cui indagini nel 2003 consentirono di individuare 16 società coinvolte nel traffico illecito di rifiuti e 43 persone nei confronti delle quali venne richiesta l’applicazione di misura cautelare personale. Un’ordinanza del GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica partenopea, dispose 22 provvedimenti cautelari personali per associazione a delinquere e traffico illecito organizzato di rifiuti (nell’ambito dello stesso procedimento penale furono arrestate altre 7 persone appartenenti al clan dei Casalesi, ritenute responsabili di estorsione aggravata dalla matrice camorristica). Inoltre furono eseguite perquisizioni in 35 obiettivi sull’intero territorio nazionale e sequestrati in tutta Italia, in particolare nelle province di Napoli e Caserta. Secondo gli inquirenti migliaia di tonnellate di rifiuti provenienti da diverse società di stoccaggio e intermediazione del Centro-Nord e da alcuni Consorzi per la gestione dei rifiuti solidi urbani venivano fittiziamente lavorati presso impianti situati in varie parti d’Italia, poi sversati nelle cave in ricomposizione ambientale-paesaggistica e in terreni controllati dagli indagati, soprattutto nei dintorni di Giugliano, in provincia di Napoli. Centinaia di camion pieni di fanghi industriali e rifiuti urbani triturati venivano scaricati lì e subito ricoperti con terreno per nasconderne la loro natura e, secondo la pubblica accusa, tra il novembre del 2002 e maggio del 2003, gli indagati hanno movimentato 40mila tonnellate di rifiuti per un giro di affari di circa 3 milioni e 300mila euro, evadendo imposte per 500mila euro.
Nella giornata di mercoledì è giunta la sentenza di primo grado dopo 14 anni e tra gli assolti dall’accusa di associazione a delinquere figurano anche Luigi Cardiello e Raffaele Diana. Il primo, originario di Sant’Arsenio, lo scorso 12 aprile è stato arrestato dai Carabinieri della Compagnia di Sala Consilina a seguito dell‘operazione “Shamar” che ha portato all’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Potenza su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 7 persone, tutte ritenute responsabili di traffico organizzato di rifiuti e inquinamento ambientale nel Vallo di Diano. L’uomo era stato già oggetto di altre indagini in materia ambientale condotte dalle Procure di Napoli e Santa Maria Capua Vetere tra gli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, tra cui l’operazione che gli era valsa proprio il soprannome di “Re Mida” dei rifiuti.
Diana, invece, sempre il 12 aprile è finito in carcere a margine dell‘operazione “Febbre dell’oro nero” condotta dai Comandi Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Salerno e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Taranto, su delega delle DDA di Potenza e Lecce, che ha portato a due ordinanze applicative di 45 misure cautelari personali nei confronti di altrettanti indagati per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi in materia di accise ed IVA sugli olii minerali, intestazione fittizia di beni e società, riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita.
Ritornando al verdetto pronunciato mercoledì dopo un dibattimento durato 14 anni, come si legge sulla testata “Cronache di – Il quotidiano indipendente” in un articolo del giornalista Giuseppe Tallino, il giudice ha escluso l’aggravante mafiosa che era stata contestata nel luglio del 2009, tra gli altri, anche a Cardiello e Diana.