Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui la Corte di Cassazione lo scorso 7 novembre ha confermato la condanna a 10 anni e 4 mesi di reclusione inflitta in primo grado e confermata in appello nei confronti di Gianni Paciello, giovane di Sassano condannato per omicidio colposo plurimo aggravato e guida in stato di ebbrezza dopo aver travolto ed ucciso con la sua auto, il 28 settembre del 2014, suo fratello Luigi di 15 anni, i due fratelli Nicola e Giovanni Femminella, di 22 e 26 anni, e Daniele Paciello di 14 anni, davanti al bar “New Club 2000” a Silla di Sassano.
Avverso la sentenza di secondo grado era stato proposto ricorso dalla difesa di Paciello che lamentava, tra i vari motivi di ricorso, la violazione dell’art. 606 del Codice di Procedura Penale per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla esclusione, nel motivo della sentenza, dell’ipotesi di un cattivo funzionamento dell’impianto frenante dell’auto. Secondo la difesa la Corte di appello aveva escluso in maniera immotivata l’esistenza di un guasto o di un malfunzionamento dell’impianto e, inoltre, la sentenza sarebbe viziata nella parte in cui ritiene che il tasso alcolemico sia stato correttamente rilevato dai sanitari, malgrado non siano stati rispettati i dettami previsti dal protocollo operativo alcol.
Sette i motivi lamentati dagli avvocati difensori di Paciello che, secondo la Suprema Corte, sono tutti infondati nel merito e automaticamente conducono al rigetto del ricorso. “Risulta, – si legge nelle motivazioni – dalla estesa e congrua motivazione resa dalla Corte di appello e da quella altrettanto esaustiva del giudice di primo grado, che la responsabilità del ricorrente è stata accertata, in modo univoco, da tutto il complesso di prove raccolte nel corso della istruttoria dibattimentale, le quali non sono limitate agli esiti della consulenza dell’Ing. Longobardo, ma si estendono alla visione delle immagini riguardanti la dinamica dell’incidente stradale, ripreso in diretta dalla telecamera che era posizionata sul posto; dall’esame dei testi che hanno assistito al fatto; dai devastanti effetti provocati dall’impatto della vettura sulle vittime del sinistro, tutte decedute quasi istantaneamente per effetto dello schianto poderoso del veicolo sui loro corpi”.
Per la Cassazione il dubbio circa l’effettivo funzionamento del sistema frenante dell’auto di Paciello non è confortato da alcun elemento che lasci concretamente ritenere che potesse esserci un guasto o un difetto di questo tipo e che quando il prelievo sia effettuato da personale sanitario, nell’ambito delle normali pratiche di pronto soccorso, non sussiste alcun obbligo di avvisare l’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.
Ricordiamo che a novembre la Cassazione, oltre a rigettare il ricorso della difesa e a confermare la sentenza di condanna del secondo grado nei confronti di Paciello, lo ha anche condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili.
– redazione –
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