“Se la guerra non finisce presto in Ucraina le semine primaverili saranno praticamente dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti all’invasione della Russia, con carestie e speculazioni su scala mondiale“.
E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento all’avvio dei colloqui di pace in Turchia dai quali dipendono anche le disponibilità alimentari in Medio Oriente e in Africa legate ai raccolti di cereali in Ucraina. “Le semine di mais – sottolinea la Coldiretti – potrebbero ridursi da 5,4 milioni di ettari a 3,3 milioni di ettari mentre la raccolta del grano potrebbe essere possibile solo su 4 milioni di ettari dei 6,5 seminati in inverno, con un grave deficit sull’offerta mondiale. Si tratta di un taglio significativo anche alla luce delle difficoltà del commercio internazionale di materie prime agricole in una situazione in cui molti Paesi stanno adottando misure protezionistiche con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi di grano con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, per il 16 % sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e per il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate) per la produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili da parte dell’industria alimentare, oltre che per le fritture, secondo il centro studi Divulga”.
Dall’Ucraina in Italia arriva appena il 2,7% delle importazioni di grano tenero per la panificazione per un totale di 122 milioni di kg ma anche ben il 15% delle importazioni di mais destinato all’alimentazione degli animali per un totale di 785 milioni di kg, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al 2021. L’Italia importa circa la metà del mais di cui ha bisogno.
“A preoccupare sono le speculazioni che – spiega la Coldiretti – si spostano dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati ‘future’ uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto”.
Una speculazione sulla fame che nei Paesi più ricchi provoca inflazione e povertà, ma anche gravi carestie e rivolte nei Paesi meno sviluppati come emerge dall’analisi del Center for Global Development Usa secondo il quale le quotazioni potrebbero spingere più di 40 milioni di persone in tutto il mondo in una “povertà estrema”.
“I prezzi del grano si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi del nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina. Non è un caso che la Tunisia – conclude la Coldiretti – abbia pubblicato in Gazzetta Ufficiale un decreto presidenziale relativo alla lotta alla speculazione per colpire operazioni di deposito o occultamento di beni e merci con l’obiettivo di creare una penuria o turbativa del mercato“.