Lettera aperta alla redazione di Franco Iorio
Diciotto anni nel corso di questo 2018: è la generazione “Z”. Sono i nati nel 2000, già distanti e diversi dai “Millennials”. Che è la generazione “Y”: i nati dal 1980 al 1999.
I primi sono indipendenti al limite dell’autosufficienza, attivi e disinvolti, curiosi, personalisti ed egocentrici. Possiedono capacità di valutazione rapida e prestano attenzione ai problemi globali, usano con facilità assoluta tablet o iPod, smartphone, notebook , desktop. Il che li porta a preferire immagini e video, così si abituano a comunicare le proprie emozioni rispetto a un testo di lettura. Eppure hanno bisogno di stabilità, di sicurezza, malgrado si sentano autodidatti, formatori essi stessi della loro vita personale e della loro crescita. Hanno fama di conoscenza e di relazioni sociali.
Invece i secondi, i ragazzi della generazione “Y”, si presentano diversi, hanno una mentalità più aperta ma sono più pigri, un pò mammoni. Sono ricettivi, piuttosto impazienti e abituati ad ottenere ciò che vogliono con un solo click, appassionati di facebook. Curano attenzione alla propria immagine e sono smaniosi di successo, con la gente si relazionano con diffidenza perché non fanno affidamento su altri.
Le due generazioni sono accomunate da un senso di solitudine, simile a quella che grava purtroppo sulla società di oggi, probabilmente perché abituati a comunicare a distanza, innanzi allo smartphone si è soli malgrado il contatto con gli amici. Sono generazioni disincantate, sembra che niente li meravigli o li stupisca, direi che vivono prive di passioni. E, quindi, sono portate a trascurare la tensione politica, verso cui hanno quasi un sentimento di ripulsa, di rifiuto. La politica interessa quasi nessuno delle due generazioni se è vero che appena il 14% dei giovani la considera importante. Ma allora la domanda: quanti sono andati alle urne il 4 marzo scorso a votare? I sondaggi davano i giovani distratti e lontani dal voto e invece ai seggi elettorali sono andati 2.626.181 su 3.733.497 iscritti nelle liste elettorali. Quindi ha votato il 70,35% degli aventi diritto.
I 18enni che votavano per la prima volta erano 584.530 (curiosità: 300.358 uomini e 284.152 donne). Sono state le ultime ore di campagna elettorale evidentemente a convincere le due generazioni, offrendo un dato sorprendente in termini percentuali. Difficile dire se si è trattato di un voto convinto o è stato scelto il meno peggio o se la scheda è stata annullata con una battuta di scherno. E’ chiaro che tra i non votanti ci sono i disinteressati ma più ancora i giovani che non nutrono fiducia in alcun partito e che si dicono rassegnati all’idea che nessun cambiamento sarà possibile in ogni caso. E’ facile dire, invece, che i giovani delle due generazioni hanno scelto in massa il M5S con livello che supera il 60% qui nel Meridione, cui fanno seguito il Pd (circa il 15%), Lega (circa il 13%) e FI (circa 11%).
Se i dati sono questi, allora non è del tutto vero che il senso di sfiducia prevale nell’animo delle nuove generazioni, che non tutti vedono nero e senza speranza il futuro, che le passioni tutto sommato non si sono gelate nell’animo dei ragazzi. Di più, c’è da chiedersi sino a che punto sono i giovani che si sono allontanati dalla politica oppure sono i partiti incapaci di suscitare e di trasmettere passione e interesse.
Sono i partiti che appaiono lenti se non refrattari a comprendere e assimilare le sollecitazioni, le aspirazioni, i sogni delle nuove generazioni. E, dunque, la crisi di partecipazione non è addebitabile ai giovani ma agli adulti, visti non più modello da imitare ed esempio da seguire, i quali provocano così l’allontanamento delle generazioni che inevitabilmente fra non molto svolgeranno un ruolo fondamentale nella vita del Paese. Forse è arrivato il tempo in cui occorre “credere” nei giovani di queste generazioni, perché più di tutti gli altri “credono” nel futuro.
– Franco Iorio –