La famiglia come fondamento istituzionale della Chiesa. Papa Francesco ha aperto, domenica scorsa, il Sinodo straordinario sulla famiglia.
Sul “tavolo dei lavori”, temi controversi come unioni tra omosessuali, comunione ai divorziati risposati e aborto. Con Mons. Angelo Spinillo, vescovo di Aversa, nonché vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, abbiamo affrontato i temi più importanti di questo Sinodo.
• Eccellenza, è giusto ammettere i divorziati risposati ai sacramenti?
Papa Francesco invita ad essere più attenti alla realtà delle singole persone ad una sorta di regola generale. Come dire, ci sono situazioni da situazioni. La misericordia è l’attenzione, la vicinanza alle persone, non è mettere tutte le persone in un unico percorso, come se fosse una strada obbligata che tutti devono fare. Io penso che la Chiesa ha una sapienza che viene da molto lontano. E quando la Chiesa dice che non è opportuno che i divorziati risposati si accostino all’Eucarestia, non vuol dire che questi non possono essere in comunione con il Signore. Perché la comunione con il Signore si sviluppa in tanti elementi che non sono necessariamente la comunione o il sacramento.
• Tra i temi toccati nel Sinodo anche “l’immigrazione”. La Diocesi di Teggiano-Policastro non si è mai tirata indietro all’ospitalità. Lei pensa che si può fare di più?
Diciamo certamente che l’accoglienza è tipica dei cristiani e popolazioni come la nostra che sono fiduciosi nella persona e sanno essere accoglienti. Credo che questo apre a orizzonti nuovi, la storia del mondo si è fatta anche con l’immigrazione e noi stessi oggi siamo un popolo frutto di una serie di immigrazioni che con il tempo si sono succedute: prima ancora dall’arrivo dei greci, poi il crollo dell’Impero romano, i barbari ecc.. tutto questo, potremmo dire, ha rimescolato la realtà sociale e umana dei nostri territori e ha prodotto quella ricchezza di umanità. E la storia non si ferma, questo processo continua e continuerà ancora.
• Il Sommo Pontefice ha detto che “la Chiesa deve rinnovare il proprio linguaggio. Non deve escludere ma abbracciare nuove realtà“. Anche nei confronti degli omosessuali la Chiesa deve “rinnovare” il suo linguaggio? Loro possono crearsi una propria famiglia e quindi avere dei figli?
Senza voler rinnegare nulla alla libertà di ciascuno, ma non si può paragonare quello che è la famiglia costituita da un uomo e una donna e quello che è una forma di convivenza tra persone anche dello stesso sesso. Con tutto il rispetto e senza nessuna forma di discriminazione, ognuno sarà libero di fare le sue scelte. Ma le scelte devono poter essere serenamente distinte. La famiglia è il luogo nel quale le persone naturalmente sono chiamate alla vita, se poi per avere dei figli dobbiamo ricorrere a sistemi e meccanismi che la scienza forse permette pure, ma che non sono la verità del frutto di un incontro naturale tra un uomo e la donna, allora su questo io ho le mie perplessità. Qui non possiamo omologare ogni cosa, perché quando si omologa ogni cosa allora non esiste più la persona, si entra in uno schema che diventa pezzi di un ingranaggio, ma invece c’è una verità che è quella proprio delle persone. Nessuno vorrà impedire, ripeto, alle persone di scegliere il loro modo di vivere e di camminare, ma questo non può essere uguagliato ad altri modi che vanno riconosciuti nella loro realtà.
• “Come Gesù userò il bastone contro i preti pedofili”, così Papa Francesco riferendosi ai sacerdoti pedofili. Secondo lei quali provvedimenti deve prendere la Chiesa nei loro confronti?
L’atteggiamento verso i sacerdoti deve essere lo stesso che si usa verso tutti. I sacerdoti devono essere aiutati a riconoscere il proprio errore e se non lo riconoscono certamente devono essere anche sanzionati per questo. Chi cade in questa realtà oserei dire non è affidabile come persona che possa esercitare un ministero sacerdotale in questo la Chiesa prenderà le sue posizioni. I sacerdoti pedofili vanno condannati perché possano pentirsi e impegnare la loro vita in altri modi sempre secondo la volontà di Dio.
• Qual è il suo augurio per le famiglie della Diocesi di Teggiano-Policastro?
L’augurio potrebbe essere per tutte le famiglie del mondo e per la vostra Diocesi in particolare. Allora per tutte le famiglie del mondo, la consapevolezza che l’amore sia la grazia di vivere che si consacra davanti all’altare. E’ una vocazione, una chiamata. L’essere umano per natura sua non è portato ad essere generoso nell’amore è portato ad essere uno che a volte utilizza forse anche i sentimenti. Essere chiamati, invece, a vivere l’amore della famiglia secondo il progetto del sacramento, vuol dire poter vivere la ricchezza dell’amore con chiarezza di consapevolezza, di conoscenza, cioè si sa di cosa si vive e di che cosa ci si dona, perché Dio ci ha chiamati a questa ricchezza che è poter vivere nell’amore, nella generosità. Alle nostre famiglie vorrei augurare tutto questo e augurare allo stesso tempo che il futuro sia più ricco di speranza, che i nostri giovani vivano ancora nella nostra terra per poter dare alle nostre famiglie e alla nostra società un contributo di ricchezza di vita che ci permetta di essere partecipi del bene sempre.
– Giovanna Quagliano –