La sindrome metabolica è la compresenza di fattori, quali obesità, ipertensione e trigliceridi alti, che possono favorire lo sviluppo di malattie cardiovascolari, diabete e tumori. Ne abbiamo parlato con il dottor Donato Soldovieri, originario di Auletta e ricercatore medico presso il Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti all’IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
- Dottore, cos’è la sindrome metabolica?
Per sindrome metabolica si intende un quadro clinico complesso, determinato dalla presenza simultanea di varie condizioni: diabete, pressione alta, obesità, una grande circonferenza della vita (obesità viscerale), dovuta a un eccesso di grasso addominale intorno agli organi interni come fegato, pancreas e intestino, alterazioni dei livelli ematici di colesterolo e altri grassi (dislipidemia). La sindrome metabolica viene indicata anche come sindrome da insulino-resistenza poiché si ritiene che la sua causa principale sia la resistenza delle cellule all’insulina, ormone prodotto dal pancreas che controlla il trasporto del glucosio dal sangue nelle cellule dove è utilizzato per la produzione di energia.
- Quali sono i fattori di rischio della sindrome metabolica?
I fattori che possono causare la sindrome metabolica sono: predisposizione genetica alla resistenza insulinica, sovrappeso e sedentarietà. Chi nasce con la tendenza a sviluppare l’insulino-resistenza svolge scarsa attività fisica e continua ad accumulare peso in eccesso, corre un rischio maggiore di essere colpito dalla sindrome metabolica. Altre condizioni che svolgono un ruolo importante nella comparsa della sindrome metabolica sono: fegato grasso o steatosi epatica (accumulo di trigliceridi e altri grassi nel fegato), sindrome dell’ovaio policistico (tendenza alla produzione di cisti a livello delle ovaie), problemi respiratori durante il sonno (come l’apnea notturna). Il rischio di sviluppare la sindrome metabolica aumenta con l’avanzare dell’età. Inoltre, la sindrome metabolica presenta un rischio due volte maggiore di sviluppare malattie cardiache (infarti e ictus) e cinque volte maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2. Il motivo? Il grasso addominale in eccesso aumenta il rischio di ipertensione arteriosa (pressione delle arterie persistentemente alta), coronaropatia (patologia che implica una parziale o completa ostruzione dell’afflusso di sangue al cuore), diabete di tipo 2 (patologia in cui i livelli di zucchero nel sangue sono eccessivamente elevati poiché l’organismo non produce sufficiente insulina). I depositi di grasso in eccesso nell’addome aumentano il rischio anche di dislipidemia (alterazione dei livelli ematici dei grassi, compreso il colesterolo), fegato grasso (accumulo anomalo di alcuni grassi, i
trigliceridi, nelle cellule epatiche), gotta (malattia caratterizzata da attacchi di artrite causati dal deposito di cristalli di acido urico nelle articolazioni), sindrome dell’ovaio policistico nelle donne (caratterizzata da leggera obesità, mestruazioni irregolari o assenti, e sintomi causati da alti livelli di ormoni maschili), insufficienza renale cronica (lenta e progressiva riduzione della capacità dei reni di filtrare le scorie metaboliche dal sangue) e disfunzione erettile negli uomini (l’incapacità di ottenere o mantenere un’erezione soddisfacente per il rapporto sessuale).
- Quali sono i sintomi?
La sindrome metabolica è un nemico silenzioso. Spesso, infatti, chi ne soffre non lamenta sintomi particolari. L’obesità viscerale, quindi la circonferenza addominale, è l’elemento cardine, oltre che l’unico chiaramente visibile mentre gli altri vanno cercati con le analisi del sangue o la misurazione della pressione. La sindrome metabolica inizia in sordina con l’unico segno esterno che è appunto la “pancetta”. Anche per questo motivo tale condizione viene diagnosticata casualmente, durante accertamenti eseguiti per altre motivazioni. Il rischio di sviluppare la sindrome metabolica aumenta in presenza dei seguenti fattori: obesità addominale, elevati valori di colesterolo ldl e trigliceridi nel sangue, ipertensione arteriosa, bassi livelli di colesterolo buono (Hdl), insulino-resistenza, iperglicemia e iperuricemia (eccesso di acido urico nel sangue). A questi vanno aggiunti altri fattori come l’età avanzata, la predisposizione genetica, la scarsa attività fisica e la familiarità con il diabete. Più alto è il numero di condizioni di cui si soffre, maggiore è la probabilità di sviluppare la sindrome metabolica.
- Ferritina e sindrome metabolica: qual è il legame?
In chi soffre di obesità sono stati riscontrati alti livelli di ferritina e, in concomitanza, un’alta incidenza della sindrome metabolica. La ferritina è la proteina di deposito del ferro che indica i livelli di ferro nell’organismo. Se presente in livelli elevati, la ferritina può causare stati infiammatori. Il dosaggio della ferritina plasmatica (ferritinemia) è impiegato per individuare il deficit o il sovraccarico di ferro. Tale dosaggio viene effettuato su campione di sangue. Il paziente può sottoporsi al prelievo di sangue dopo un digiuno di circa 3 ore.
- Cos’è, invece, l’insulino-resistenza?
La resistenza all’insulina è ritenuta la causa principale della sindrome metabolica. L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas che controlla il trasporto del glucosio dal sangue alle cellule. In caso di insulino-resistenza, i livelli di glucosio nel sangue crescono in modo errato e le cellule del nostro corpo non rispondono adeguatamente allo stimolo dell’insulina e, conseguentemente, il glucosio non entra nelle cellule. Quindi i livelli di glucosio nel sangue aumentano nonostante il tentativo dell’organismo di mantenerli sotto controllo producendo dosi sempre maggiori di insulina. L’insulino-resistenza fa sì che il corpo produca più insulina per compensare una condizione nota come iperinsulinemia. Inoltre, può essere un fattore scatenante per lo sviluppo del diabete di tipo 2 e del diabete in gravidanza. L’insulino-resistenza da parte delle cellule muscolari, adipose ed epatiche fa sì che esse non rispondano correttamente alla presenza dell’insulina, e di conseguenza la loro capacità di assorbire glucosio dal sangue cala. Per raggiungere l’effetto desiderato, sarà così necessaria una maggiore concentrazione di insulina. All’inizio non dà sintomi; questi ultimi si manifestano in un secondo momento, come conseguenza degli alti livelli di glucosio nel sangue e includono appetito, sonnolenza, difficoltà di concentrazione, pressione arteriosa alta, livelli di colesterolo alti, aumento di peso, soprattutto sul ventre. L’insulino-resistenza può essere diagnosticata controllando i livelli di insulina nel sangue. Un paziente con questa condizione può essere seguito da medici specializzati in endocrinologia, diabete e metabolismo perché sono ugualmente in grado di diagnosticare e trattare insulino-resistenza.
- Che esami effettuare per arrivare alla diagnosi della sindrome metabolica?
Per la diagnosi di sindrome metabolica è necessaria la compresenza di almeno tre fattori di rischio: il grasso addominale patologico (quando i suoi valori superano i 94 cm di circonferenza negli uomini e gli 80 cm nelle donne); obesità; bassi livelli di colesterolo Hdl (meno di 40 mg/dl nell’uomo e meno di 50 mg/dl nella donna); elevati valori di trigliceridi (superiori a 250 mg/dl); elevati valori di pressione arteriosa (maggiore di 140 la sistolica o maggiore di 90 la diastolica o entrambe); elevati livelli di glicemia (a digiuno superiore a 100 mg/dl). Per porre la diagnosi di sindrome metabolica il medico misura la circonferenza della vita, la pressione arteriosa e i livelli ematici di zucchero e grassi (lipidi) a digiuno. La circonferenza della vita deve essere misurata a tutti in quanto anche chi non è sovrappeso oppure ha un aspetto magro può immagazzinare grasso in eccesso nell’addome. Maggiore è la circonferenza della vita, maggiore è il rischio di sindrome metabolica e relative complicanze. In presenza di sindrome metabolica è corretto rivolgersi presso centri specializzati per una gestione multidisciplinare adeguata.
- Quali sono le cure e le terapie da svolgere in seguito alla diagnosi?
Il trattamento iniziale prevede esercizio fisico e cambiamenti delle abitudini alimentari. Se necessario, ciascuna componente della sindrome metabolica deve essere trattata anche con farmaci per tenere sotto controllo la pressione alta, abbassare il colesterolo e i trigliceridi o ridurre la glicemia in base ai parametri alterati rispetto alla norma. Se i soggetti presentano diabete oppure un alto livello glicemico possono essere utili i farmaci che aumentano la sensibilità dell’organismo all’insulina.
- C’è un modo per prevenire la sindrome metabolica?
Per prevenire lo sviluppo della sindrome metabolica è necessario mantenersi in peso-forma evitando sovrappeso e l’obesità, svolgere regolarmente attività fisica, con almeno 150 minuti di esercizio aerobico moderato o intenso alla settimana e seguire una dieta bilanciata che preveda molto consumo di frutta e verdura e una riduzione di cibi e bevande eccessivamente calorici. L’esercizio fisico regolare, anche moderato, mantiene costante la glicemia, riduce la resistenza all’insulina e i livelli di trigliceridi, alza i valori del colesterolo HDL abbassando quelli del colesterolo LDL, previene la pressione alta (ipertensione) e favorisce la perdita di peso e la riduzione del grasso corporeo, soprattutto quello addominale. Non è necessario praticare un’attività fisica intensa. Sono sufficienti piccoli accorgimenti come salire e scendere le scale, evitando di prendere l’ascensore; passeggiare a passo sostenuto per circa 10 minuti tre volte alla settimana, aumentando gradualmente sia la velocità che la durata dell’esercizio sino ad arrivare a 30-60 minuti dalle quattro alle sei volte alla settimana. La dieta deve prevedere il consumo regolare di frutta, verdura, legumi e cereali integrali, ricchi di fibre, e limitare l’uso di alimenti proteici, come carni rosse, latticini, formaggi e insaccati, ad alto contenuto di grassi e colesterolo. Particolare attenzione deve essere prestata all’uso del sale da cucina (sodio) limitandone le quantità a vantaggio dell’impiego di erbe aromatiche e spezie; da evitare, o limitare, il consumo di zuccheri, dolci e bevande zuccherate. È consigliabile mangiare pane di farina integrale al posto di quello bianco. Burro e margarina dovrebbero essere eliminati dalla dieta utilizzando, invece, come condimento l’olio extravergine di oliva, preferibilmente a crudo. Uno stile di vita sano comprende anche moderazione nel consumo di alcol e astensione dal fumo.
- Come si manifesta la sindrome metabolica nei bambini?
Come l’adulto, anche il bambino quasi mai presenta sintomi. Il pediatra, visitando il suo piccolo paziente nei controlli di routine, quando riscontra un aumento dell’adipe su addome, torace
e dorso, immediatamente provvede alla misurazione della circonferenza della vita e della pressione arteriosa. Nel caso sospetti si tratti di sindrome metabolica, procederà ad indagini di laboratorio e strumentali di semplice attuazione (glicemia ed insulinemia, profilo lipidico, transaminasi, ecografia epatica, fibroscan). Il bambino con eccesso di peso, alimentazione non adeguata ai fabbisogni e sedentarietà è a rischio di sviluppare questa sindrome. Il pediatra invierà il paziente con forte sospetto di sindrome metabolica al centro di riferimento per ulteriori esami (curva da carico orale con glucosio, monitoraggio della pressione delle 24 ore, test da sforzo cardiovascolare) e per impostare la terapia. Il trattamento deve sempre prevedere l’adozione di un regime alimentare adeguato ai reali fabbisogni del bambino e che tenga conto delle alterazioni dei valori di laboratorio rilevati. Indispensabile è, inoltre, una buona attività motoria quotidiana. Laddove lo specialista (endocrinologo, epatologo, cardiologo, broncopneumologo) lo ritenga indicato, potrà essere prescritta una terapia specifica che agisca sul singolo fattore di rischio.
- Quali sono i dati della sindrome metabolica in Italia?
Diabete, pressione alta e obesità sono correlati tra di loro e sono sempre più comuni nella popolazione a causa di abitudini e stili di vita errati. Questo spiega la larga diffusione della sindrome
metabolica, che attualmente interessa una persona adulta su quattro. La sindrome metabolica è un problema grave e colpisce più del 40% dei soggetti di età superiore a 50 anni e il 43,5% delle
persone over 60, in particolare le donne dopo la menopausa. Anche i bambini e gli adolescenti possono sviluppare la sindrome metabolica. La sua frequenza è stimata intorno al 4% nella popolazione pediatrica generale, raggiungendo il 30% nei bambini con obesità.