In Italia circa 6.000 persone sono affette da Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), grave malattia neurodegenerativa che ogni anno colpisce 1.500 italiani prevalentemente nella fascia di età compresa tra i 50 e 70 anni.
A questi pazienti e ai loro familiari è dedicata la Giornata nazionale della Sla che anche quest’anno l’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla) celebra il 18 settembre.
La Sla è una patologia ad alta complessità che coinvolge anche l’intero nucleo familiare. La mente resta vigile ma prigioniera in un corpo che diventa via via immobile: la perdita delle capacità di movimento, di respirazione, di deglutizione e di comunicazione verbale richiedono una continua elaborazione e adattamento.
Abbiamo rivolto qualche domanda a Pina Esposito, segretario generale di AISLA onlus.
- Ci sono novità per quanto riguarda la ricerca?
Attualmente stiamo raccogliendo i dati della sperimentazione di un nuovo farmaco che però è specifico per una forma genetica di Sla, legata al gene SOD1. I risultati sembrano positivi ma riconducibili ad un target specifico e non tutte le Sla hanno questo gene. Da questo punto di vista si va avanti ma con lentezza. Questo ci porta a sperare che l’attenzione da parte dei ricercatori sia alta.
- Qual è il quadro che si registra in Campania tra malati e assistenza?
Non abbiamo un dato preciso dei malati Sla perché purtroppo non c’è un registro né a livello nazionale né a livello regionale. Parliamo, quindi, di dati stimati: in Campania abbiamo un numero che va da 450 ai 500 malati. Parliamo di una malattia a forte impatto assistenziale: chi si ammala è a carico del proprio congiunto h24. Ha bisogno di tutto! Con questo spirito scendiamo in tutte le piazze oggi: abbiamo ricevuto tante preoccupazioni, nei nostri centri ascolto, dai malati Sla che lamentano anche gli aumenti dei costi energetici. La nostra comunità vive, respira attraverso apparecchiature medicali e ci sono costi importanti e per questo siamo presenti per raccogliere fondi a sostegno dei nostri ammalati. Abbiamo deciso di supportare i nostri soci affetti da SLA con l’erogazione di un contributo economico straordinario. La nostra attenzione è poi affiancare le famiglie costantemente.
- Fondamentale è l’assistenza a sostegno dei malati e dei caregiver.
Noi aiutiamo le nostre famiglie ad ‘alleggerire il peso di essere un peso’ ossia supportare le persone per continuare a vivere e non a sopravvivere. La ricerca guarda avanti, l’oggi è prendersi cura: la principale criticità è un’assistenza h24. Abbiamo sensibilizzato la Regione Campania per eliminare ogni differenza e garantire un percorso diagnostico omogeneo oltre a potenziare le risorse necessarie. Se si ammala un padre un nucleo avrà bisogno di una rete sociale compatta, una presa in carico totale dal punto di vista sanitario e sociale.
- Come nasce il suo impegno e come opera Aisla?
Aisla opera attraverso sezioni territoriali e quindi l’anima sono i volontari. Abbiamo un sede a Milano dove c’è un gruppo di competenza con numerosi specialisti. Io sono diventata volontaria perché si è ammalata una mia amica diversi anni fa: non conoscevo questa malattia e abbiamo fatto una fatica enorme per darle tutto quello che le serviva. Dopo questa esperienza è nato il mio impegno che dura tuttora.
- Vuole lanciare un messaggio?
Il nostro augurio è che ci sia attenzione sempre e che le istituzioni siano sensibili perché abbiamo bisogno anche di risposte immediate ai bisogni dei nostri assistiti. Se un comunicatore arriva dopo un anno, quante cose non ha potuto dire o scrivere un malato? C’è bisogno di attenzione e noi siamo qui per garantire tutto ciò alla nostra comunità.