A 23 anni dalla morte di Paolo Borsellino e dei suoi agenti di scorta l’Amministrazione Comunale di Sassano, guidata dal sindaco Tommaso Pellegrino, sabato pomeriggio ha spostato per l’importante occasione il Consiglio Comunale nella Villa intitolata al magistrato vittima della mafia e ha conferito la benemerenza in memoria dello stesso al dottor Vittorio Russo, Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Lagonegro. Un momento di connubio tra politica e legalità, tra buoni esempi e senso di rispetto e immensa stima verso chi, con totale abnegazione e sprezzo del rischio, ha immolato la propria vita per lo Stato.
Allo speciale consesso hanno preso parte anche i sindaci dei Comuni del comprensorio e le autorità militari, il Sottosegretario di Stato al Ministero della Difesa Gioacchino Alfano, il Comandante Provinciale dell’Arma dei Carabinieri, Colonnello Riccardo Piermarini, il Capitano della Compagnia dei Carabinieri di Sala Consilina Emanuele Corda, il Comandante della Stazione di Sassano Francesco Nasti e lo stesso Procuratore Russo. Presente alla cerimonia d’apertura il Trombettiere della Brigata Bersaglieri “Garibaldi”.
“Con questa Benemerenza vogliamo dare un segnale a chi ha scelto di contrastare l’illegalità – ha detto il sindaco Pellegrino durante il saluto iniziale – perchè la politica ha il dovere di ringraziare chi sacrifica la propria vita per la legalità“.
Dopo un momento di preghiera curato da don Bernardino Abbadessa, parroco della chiesa Beata Vergine Maria di Pompei di Silla, e il conferimento della benemerenza, il Procuratore Capo Russo ha ricordato a tutti di aver conosciuto le figure di Giovanni Falcone (con cui ha lavorato) e Paolo Borsellino e ha rievocato ai presenti la drammatica estate del 1992, quando Cosa Nostra li strappò trucemente ad una nazione che aveva ancora bisogno della loro integrità morale e di quel darsi incondizionatamente alla società, a costo della vita. “Nella mia carriera ho conosciuto tanti colleghi caduti uccisi dalla criminalità, ma i funerali di Falcone e Borsellino furono popolari – ha raccontato Russo – perchè la loro esperienza è simile alla nostra. Le loro non erano vite speciali, ma modi di fare molto vicini ai nostri, in cui era facile identificarsi. Non bisogna dimenticare quella maledetta estate del 92, sale della nostra democrazia“.
– Chiara Di Miele –
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