220 posti letto in camere doppie, triple e quadruple, ampio parcheggio, a poche centinaia di metri dallo svincolo autostradale di Polla dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria.
Sembra l’annuncio pubblicitario di un hotel e invece è la descrizione che si potrebbe fare dell’ospedale “Luigi Curto” di Polla alla luce di quanto contenuto nell’atto aziendale dell’Asl Salerno pubblicato qualche giorno fa. Centinaia di pagine dove si alternano numeri, percentuali, contraddizioni e termini che a volte non sono chiari nemmeno agli addetti ai lavori. Ma veniamo alla parte dedicata all’ospedale di Polla che, sulla carta, diventa addirittura il terzo ospedale della provincia di Salerno. Appena si è diffusa la notizia tutti hanno pensato “è fatta, finalmente si sono ricordati di noi e avremo un ospedale degno di questo nome”. Si narra addirittura di amministratori locali che hanno fatto salti di gioia per questo importante risultato.
A questo punto mi chiedo e si chiedono molti operatori del settore con i quali ho avuto di parlare in questi giorni, ma a cosa servono 220 posti letto in un ospedale dove anche fare le cose ordinarie è un’impresa ardua? Come si gestiscono 220 pazienti ricoverati quando mancano i medici, le sedute operatorie rischiano di diventare straordinarie, attività ambulatoriali di alcuni reparti che vengono sospese perché ancora non esistono medici con il potere della trilocazione, ossia in grado di essere contemporaneamente presenti in reparto, sala operatoria e ambulatorio, i primari sono un’utopia visto che sono tutti facenti funzioni, di notte i medici in servizio si contano sulle dita di una mano e l’elenco delle lacune potrebbe continuare ancora.
Questo atto aziendale è considerato, da chi vive l’ospedale per lavoro, una fotocopia di quello precedente, con qualche piccolo ritocco numerico. Adesso succederà in modo più accentuato quello che già accade da lungo tempo:
1) molti pazienti arrivano. Alcuni, quelli anziani soprattutto, non affetti da gravi patologie, restano in qualche reparto per una settimana e poi tornano a casa per poi ritornare dopo qualche tempo per un’altra settimana di (inutile?) degenza.
2) i casi gravi passano dal pronto soccorso e poi inizia la caccia al posto libero in qualche altro ospedale e non è detto che questo posto esca fuori.
Avrebbe avuto più senso dare una vocazione specialistica al “Curto”, creare almeno un reparto di eccellenza a discapito di qualche posto letto. Perché ad esempio non un punto di eccellenza per le ernie oppure per la mammella. Invece no, niente di tutto questo, solo una scatola con 220 letti e tante camere con vista.
Benvenuti al “Grand Hotel Curto”… presto online anche su Booking.
– Erminio Cioffi –