Da oltre 40 anni la comunità di San Patrignano accoglie tra le sue mura e le sue braccia giovani con problemi di tossicodipendenza. Sono più di 26mila gli ospiti che hanno varcato la soglia della struttura pensata e fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli e circa 1000 quelli che attualmente stanno affrontando un percorso di recupero. Il 72% riesce a farcela. “SanPa”, come ormai tutti la chiamano affettuosamente, è la seconda casa di tanti ragazzi in difficoltà, una grande famiglia che aiuta a riacquistare autostima e voglia di vivere, oltre che entusiasmo e responsabilità. Infatti in comunità, dove si scommette e si investe sulla futura occupabilità degli ospiti, si può partecipare a diverse attività lavorative o ricreative. Un valido sostegno per riprendere, una volta fuori, una vita normale.
Conosciamo da vicino San Patrignano attraverso il racconto di Virgilio Albertini. Gli ultimi dati dell’Osservatorio sulle tossicodipendenze, il difficile anno caratterizzato dal Covid-19 e la voglia di dare una mano gratuitamente nelle parole del Responsabile accoglienza della comunità.
- Come si accede a San Patrignano? Che genere di percorso dovrà affrontare una persona che ne abbia necessità?
Si accede attraverso canali diversi. Generalmente i primi contatti sono telefonici da parte di familiari di ragazzi con problemi e così facciamo un primo screening. Ci occupiamo di recupero dalla tossicodipendenza e abbiamo una struttura in cui facciamo un percorso per la ludopatia. Collaboriamo con una serie di associazioni di volontariato dal Trentino alla Sicilia (in Campania ne abbiamo ben 4), quindi in base alla zona di provenienza indirizziamo la persona nel centro di ascolto più vicino che raccoglie le informazioni sulla sua storia di abuso di sostanze, informazioni mediche o di carattere giuridico che vengono trasmesse alla comunità attraverso un sistema informatizzato. Facciamo un’ulteriore valutazione ed effettuiamo un colloquio, che attualmente causa Covid viene svolto online, che serve a capire se la persona che chiede di essere accolta è realmente motivata al cambiamento e a svolgere un percorso che non è inferiore a tre anni e mezzo. Una volta stabilito che può essere inserita, si decide per la data di accoglienza. Altre volte i contatti arrivano dai servizi territoriali, come SerT o SerD che seguono i ragazzi e li segnalano alla comunità inviandoli direttamente.
- Come vive generalmente un ospite di San Patrignano?
Abbiamo diversi settori di formazione, alleviamo mucche, maiali, abbiamo un canile, ci sono la cucina, i fabbri e tante altre attività. La persona viene inserita in uno di questi settori e affiancata da uno o due ragazzi che sono in comunità da almeno un anno, fanno da tutor e accompagnano l’ospite nel percorso di inserimento alla vita comunitaria. Gli ospiti svolgono una vita normale, con la sveglia la mattina, le attività lavorative, la pausa pranzo, il tempo libero che si può impiegare facendo sport o attività ricreative anche dopo la cena.
- Stiamo parlando di un percorso di recupero gratuito, giusto?
San Patrignano è completamente gratuita per gli ospiti e per le famiglie. Da gennaio 2020 ci siamo accreditati e abbiamo la possibilità di recepire delle rette dal Sistema Sanitario Nazionale, ma abbiamo accreditato circa l’11% dei posti disponibili, quindi all’incirca 100.
- Quanto ha influito la pandemia sulla capacità di accoglienza di “SanPa”?
La pandemia ha influito tantissimo in particolare sul numero di persone accolte. Nel 2020 abbiamo ospitato 200 ragazzi in meno rispetto alla media degli anni precedenti. Solitamente accogliamo ogni anno tra i 350 e i 400 giovani. Abbiamo isolato la comunità dal 24 febbraio 2020, pochi giorni dopo il primo caso di Covid in Italia. Abbiamo interrotto le visite dei parenti, le verifiche, cioè la possibilità per i ragazzi di tornare a casa. Gli ingressi sono ripresi a maggio 2020, poi in autunno il virus è arrivato anche in comunità e abbiamo dovuto richiudere tutto. Abbiamo riaperto soltanto a dicembre. C’è stato decisamente un calo delle richieste, ma dai primi mesi di quest’anno sono in notevole crescita e ci stiamo avvicinando ai numeri del pre-pandemia. E’ cambiata molto la vita dei ragazzi all’interno: ci siamo adeguati alle direttive rispetto alle attività sportive e ricreative, abbiamo sospeso il nostro coro gospel e le attività della compagnia teatrale. Una nota assolutamente positiva è testimoniata dal numero degli abbandoni che è diminuito rispetto al passato. I ragazzi hanno reagito con responsabilità, hanno compreso la gravità della situazione e hanno accettato questo nuovo modo di vivere la comunità.
- Quali sono gli elementi che emergono dal vostro ultimo Osservatorio sulle tossicodipendenze?
Ne vengono fuori diversi, ma quello che sicuramente emerge in maniera evidente riguarda le sostanze da abuso. E’ un trend che si era già evidenziato da diversi anni, ma la sostanza più utilizzata è sempre la cocaina. Purtroppo il grosso inganno è che nell’immaginario collettivo il tossicodipendente sia l’eroinomane e la cocaina è vista come la droga delle persone di successo e che non crea dipendenza come l’eroina. Non è assolutamente così. La maggior parte delle persone che arriva in comunità ha una dipendenza primaria dalla cocaina.
- Che poteri ha la cocaina sui più giovani? In che condizioni arrivano da voi?
Nelle condizioni più svariate. A volte si fa fatica a capire che sono dei cocainomani. Ma nel caso di chi la usa da parecchio tempo e in quantità pesanti ci sono degli aspetti che evidenziano l’abuso: l’agitazione, la difficoltà a stare fermi, un certo modo di parlare con gli altri.
- Dalla droga ci si salva?
Siamo qui per questo, San Patrignano è la testimonianza del fatto che dalla droga ci si può salvare. La maggior parte degli educatori che gestisce la comunità è formata da ex tossicodipendenti, io stesso arrivo da una storia lunghissima di tossicodipendenza interrotta 16 anni fa con il mio ingresso qui. La mia vita è cambiata radicalmente da quell’ormai lontano 2005. Potremmo raccontare storie di tantissimi ragazzi che hanno ripreso la loro vita in mano, facendosi una famiglia. Purtroppo non abbiamo una percentuale di successo pari al 100%, ma rispetto a certe teorie secondo cui dalla tossicodipendenza non si esce noi sicuramente possiamo testimoniare il contrario. Io sono rimasto a San Patrignano e svolgo questo lavoro perchè credo profondamente che dalla tossicodipendenza si possa uscire. Sicuramente per farlo c’è bisogno di impegno, di sacrificio e soprattutto bisogna desiderarlo e avere voglia di capire delle cose di sè stessi, guardandosi dentro e trovando delle soluzioni alternative e positive rispetto al ricorso ad una sostanza che in quel momento funziona, fa bene il suo lavoro, ma che quando passa l’effetto non risolve nulla.
Per conoscere meglio San Patrignano visita il sito www.sanpatrignano.org. Chiunque abbia bisogno di rivolgersi alla comunità può telefonare al numero 0541/362111 oppure all’Associazione Amici San Patrignano Salerno CLICCANDO QUI