RITORNO A SCUOLA – Lettera aperta della professoressa Franca Cancro Cimino
Dedico questi pensieri ai ragazzi che amano lo studio serio, che sperano di vivere il proprio percorso educativo in una scuola che sappia coniugare rigore di intenti formativi e amabilità; li dedico a quei genitori che ancora ripongono fiducia e speranza nel ruolo dell’istruzione e non inviano ai docenti una mail di contestazione un attimo dopo aver consultato il registro elettronico; li dedico a quei docenti che non aspirano ad essere “amici” dei propri studenti e che non abbiano abdicato al loro primario ruolo che è quello di istruire ed educare, a quegli onesti professionisti della scuola, fermamente persuasi che l’empatia, dote indispensabile nel rapporto con gli adolescenti, non possa sostituire contenuti e discipline.
Tornavamo a scuola in ottobre, dopo aver festeggiato San Francesco Patrono d’Italia, con cappelli e sciarpe nel vento già freddo, con cartelle pesanti che non destavano preoccupazione alcuna e non costituivano materia di interviste agli ingressi delle scuole.
Alle Elementari ci accoglieva sulla porta una suora dallo sguardo severo, di per sé educante, in istituti che avevano una storia, in aule fredde, senza colori, senza musiche accattivanti, striscioni o bandierine, senza gli immancabili “BACK TO SCHOOL” che, oggi, insegnanti di lingua italiana non disdegnano di esporre in aule e cortili.
Queste forme di accoglienza erano assenti perché nessuno ci riteneva UTENTI da conquistare ma solo BAMBINI DA EDUCARE quali consapevoli futuri cittadini.
Nessuno sfoderava trattati di psicologia per indulgere ai nostri errori, nessun genitore contestava giudizi severi, a volte anche ingiusti, accettati da noi, bambini e adolescenti di allora, con un po’ di amarezza, è vero, ma con una maturità oggi non riscontrabile nei comportamenti di molti adulti.
Da noi si esigeva una sola cosa: STUDIARE, senza pause o giustificazioni di sorta, senza domande dal posto, senza interrogazioni programmate.
Era, insomma, una scuola senza coccole, senza zainetti a rotelle, senza sentimentalismi e, soprattutto, nella maggior parte dei casi senza SCORCIATOIE.
Al mattino mio padre mi salutava con un abbraccio carico d’amore, ma con lo sguardo di chi ti sta mettendo alla prova; mia madre mi stringeva a sé, mi aggiustava il fiocco e, come tutte le madri di un tempo, non doveva far sapere agli amici di Facebook quanto, come e perché ti amava.
Un mondo diverso, una scuola diversa e, forse, è giusto così. Ma a quella scuola senza fronzoli, che privilegiava sempre e comunque l'”ordinario” rispetto allo ” straordinario”, a quella scuola che era un quadro e non una elegante cornice, bisognerebbe dire “Grazie!”.
Grazie davvero per quei programmi così corposi, per quelle inderogabili regole, per quei contenuti così spesso combattuti e denigrati da quaranta e più anni di propaganda culturale che ha scambiato i contenuti per nozioni, l’autorità per autoritarismo, lo studio serio delle discipline per un esercizio di discriminazione classista, con il risultato che oggi ci ritroviamo, il livello culturale medio degli Italiani è il più basso di sempre, considerate, naturalmente, le rilevanti opportunità educative e culturali di cui tutti godiamo.
Quella scuola ci ha insegnato ad accogliere i buoni voti con umiltà in tempi in cui i genitori non postavano le pagelle dei figli e bambini e ragazzi non si fotografavano col segno V anche per un voto, magari generoso.
Ci ha insegnato ad accettare un voto basso o un insuccesso come stimoli per un maggiore impegno a capire che la vita non sempre distribuisce plausi e premi in base al merito che, non di rado, demeriti e mezzucci trionfano ma resta impagabile l’orgoglio di aver fatto del proprio meglio, di aver sgobbato, sudato ed elaborato quanto appreso in sensibilità e capacità di comprensione del reale.
A quella scuola severa dal volto un po’ arcigno, non immune da ingiustizie, ma con in cattedra docenti all’altezza voglio dire “Grazie!”
Grazie a mia madre per la fiducia a prescindere, grazie a mio padre che ha elargito a noi figli cultura, saggezza, immenso amore mai scevro da un estremo rigore intellettuale che gli impediva di fornirci per una versione di greco o latino un aiuto che andasse oltre tre parole: “Forza, guarda bene”.
Grazie a mio padre che salutava i successi dei suoi figli, l’esame di quinto ginnasio, la laurea, un concorso vinto con un sorriso timido che non tradiva l’intima soddisfazione ben celata da poche, misurate e volutamente scherzose parole: “Hai fatto la metà del tuo dovere!”
Grazie, Papà!
– Franca Cancro Cimino –