“Shamar” e “Febbre dell’oro nero”. Farebbero pensare ai titoli di due film e invece sono le due inchieste che lunedì mattina hanno segnato un solco nella storia sociale, ambientale e finanziaria del Vallo di Diano.
La prima ha prodotto un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Potenza su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 7 persone valdianesi (una in carcere, cinque agli arresti domiciliari ed una sottoposta all’obbligo di dimora), tutte ritenute responsabili di traffico organizzato di rifiuti e inquinamento ambientale.
La seconda, su delega delle DDA di Potenza e Lecce, ha consentito di dare esecuzione a due ordinanze applicative di 45 misure cautelari personali (26 in carcere, 11 agli arresti domiciliari, 6 destinatari di divieto di dimora e due misure interdittive della sospensione dall’esercizio delle rispettive funzioni di due militari per la durata di sei mesi), con sequestri di immobili, aziende, depositi e flotte di autoarticolati, emesse dai GIP dei Tribunali di Potenza e Lecce nei confronti di 45 indagati indiziati di associazione mafiosa, associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi in materia di accise ed IVA sugli olii minerali, intestazione fittizia di beni e società, riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita. Ieri, nel corso degli interrogatori, si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere.
Idrocarburi e rifiuti tossici. Una nuova frontiera di guadagno per la criminalità organizzata, in uno con il traffico di stupefacenti. E se “Shamar” ha disvelato un pericoloso sistema che era stato messo in piedi per prelevare, trasportare, gestire e smaltire illecitamente, anche attraverso sversamenti (nell’ordinanza del Tribunale di Potenza ne è ad esempio annoverato uno ad Atena Lucana) di rifiuti speciali pericolosi classificati come HP14 “ecotossico”, “Febbre dell’oro nero” riguarda un caso emblematico di commercio illecito di idrocarburi avente ad oggetto in particolare il gasolio agricolo, con un’ingente evasione di Iva e accise gestito da un’organizzazione che si è avvalsa del reinvestimento e del riciclaggio dei capitali provenienti da illecite attività.
Da entrambe le operazioni, che hanno richiesto un dispiegamento di forze dell’ordine non indifferente, emerge con prepotenza un elemento fondamentale: l’ingresso nel Vallo di Diano, ritenuta a torto un’isola serena e incontaminata, della criminalità organizzata vicina al clan dei Casalesi. Nelle 244 pagine di informazioni, intercettazioni, dati e modus operandi dell’ordinanza relativa al contrabbando di gasolio e nelle oltre 60 di quella sul traffico di rifiuti si coglie la spregiudicatezza degli indagati (anche quando si stava per organizzare l’omicidio di uno di loro o nella gestione dei rifiuti da smaltire).
Ma chi può approfondire meglio la questione se non il Capitano Paolo Cristinziano, Comandante della Compagnia Carabinieri di Sala Consilina che ha coordinato i militari i quali da mesi sono a lavoro per fare luce sulla vicenda? Che tipo di rifiuti sono stati smaltiti e sversati? Quanto può essere pericolosa per il territorio un’organizzazione così subdola da riuscire ad irretire anche un carabiniere infedele? Cosa ha reso il Vallo di Diano tanto appetibile per personaggi vicini ai Casalesi? A queste e ad altre domande il Capitano Cristinziano ha risposto nel corso dell’intervista speciale ai microfoni di Ondanews.
– Chiara Di Miele –