Nel corso del primo semestre dell’anno, compreso l’intero periodo di emergenza sanitaria Covid-19, le Stazioni Carabinieri del Comando Provinciale di Salerno hanno condotto una capillare attività d’indagine sulla verifica dei requisiti previsti per la concessione del reddito di cittadinanza, al termine della quale è stato accertato che, su di un campione esaminato di oltre 2.000 cittadini percettori del sussidio, 86 non ne avevano diritto.
In particolare, attraverso l’esame incrociato dei dati documentali e delle informazioni acquisite nel corso di specifici servizi di controllo del territorio con quelli forniti dai Comuni di residenza, sono state comprovate numerose irregolarità nelle procedure di dichiarazione del possesso dei requisiti soggettivi ed econometrici.
Percepivano il reddito alcune persone destinatarie di misura cautelare personale; condannati con sentenza definitiva per reati per i quali è prevista la decadenza del reddito; detenuti e ricoverati in strutture a carico dello Stato; cittadini stranieri sprovvisti dei requisiti.
Numerose sono state le false attestazioni che hanno riguardato discordanza circa l’indicazione della reale residenza, ossia di persone che l’hanno indicata presso un Comune diverso, al fine di omettere all’interno della dichiarazione che i familiari percepivano altro reddito. Un giovane, ad esempio, aveva modificato fittiziamente l’indirizzo di residenza presso un’abitazione diversa, rivelatasi poi essere una pescheria.
L’attività investigativa ha permesso d’interrompere l’indebita percezione del beneficio, oltre che ad un detenuto, anche a persone appartenenti alla criminalità organizzata. In un caso è stato infatti accertato che destinatario del reddito di cittadinanza è risultato essere un uomo condannato per “associazione di tipo mafioso”, per aver fatto parte di un sodalizio criminale operante nella Piana del Sele, già in libertà vigilata.
Sono state riscontrate irregolarità anche nei confronti di 19 cittadini stranieri che hanno beneficiato del reddito, sebbene non residenti sul territorio nazionale da almeno 10 anni, gli ultimi 2 dei quali avrebbero dovuto essere continuativi.
Gli esiti delle attività sono stati quindi segnalati all’Autorità Giudiziaria competente ed agli Uffici territoriali dell’INPS per l’interruzione del sussidio e la restituzione delle somme indebitamente percepite, che hanno prodotto un danno erariale di oltre 350mila euro.
– Paola Federico –