Il report di Save the Children fotografa un nuovo record negativo per la natalità, con meno di 380mila nuovi nati, mentre la povertà continua a colpire i minori, i più piccoli in particolare. Dati più preoccupanti al Sud dove nonostante gli investimenti del Pnrr nel 2026 Campania e Sicilia non riusciranno a raggiungere la copertura del 33% per quanto riguarda i posti negli asili nido.
Per la Campania è previsto un dato intorno al 29,6% nonostante l’incidenza dei bambini 0-2 sulla popolazione mentre si stima che nel 2026 la media nazionale raggiungerà il 41,3% avvicinandosi all’obiettivo europeo del 45% per il 2030.
La Campania, inoltre, presenta alti tassi di povertà minorile (37,1%) e dispersione scolastica. E’ quanto emerge da un’analisi realizzata insieme a Svimez da Save The Children sull’impatto degli investimenti complessivi del Pnrr e del nuovo piano nidi promosso nell’aprile di quest’anno dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e contenuta nella XV edizione dell’Atlante dell’Infanzia (a rischio) dal titolo “Un due trestella. I primi anni di vita” che verrà presentato il 19 novembre a Roma nella sede di Save the Children.
Dal report, infatti, risulta che l’investimento consentirà di accrescere la copertura nazionale di oltre dieci punti percentuali, raggiungendo il 41,3%, ma i gap territoriali rimarranno piuttosto ampi.
Nel 2023 circa 200mila bambine e bambini tra 0 e 5 anni (8,5% del totale) vivevano in povertà alimentare, ovvero in famiglie che non riescono a garantire almeno un pasto proteico ogni due giorni. Una percentuale cresciuta rispetto al 7,7% del 2021. Oltre la metà risiede al Sud e nelle isole, dove la percentuale sale al 12,9%, contro il 6,7% del Centro e il 6,1% del Nord. Quasi un bambino su dieci (9,7%) della stessa fascia d’età ha sperimentato la povertà energetica cioè ha vissuto in una casa che non era adeguatamente riscaldata in inverno (16,6% al Sud e nelle isole, 7,3% al Centro e 5,7% al Nord). Anche in questo caso l’incidenza è cresciuta rispetto al 2021, quando era all’8,6%.
Queste deprivazioni nei primi anni vita costituiscono per i bambini che le vivono fattori nocivi alla salute e al benessere che si protraggono anche nelle fasi successive e diventano fattori di trasmissione della povertà alle generazioni successive.
Secondo lo studio una parte consistente delle risorse stanziate è stata intercettata dalle regioni del Sud, che ricevono il 41% dei finanziamenti (poco più di 1,3 miliardi) volti a rafforzare i servizi educativi per la prima infanzia, seguite da quelle del Centro e del Nord Ovest (che hanno ricevuto entrambe il 16% circa delle risorse). Il Nord Est e le Isole hanno ottenuto, rispettivamente, il 14,5% e il 12% del totale dei finanziamenti. La Campania e la Puglia sono le due regioni che hanno ricevuto l’importo più elevato (rispettivamente 509 e 337 milioni), mentre Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Umbria registrano gli importi più bassi (rispettivamente circa 4,25, 36,8 e 43,45 milioni).
Un ulteriore aspetto riguarda il finanziamento della gestione dei nuovi posti negli asili nido, un tema fondamentale sia per i Comuni che per le famiglie. Per aiutare i Comuni a sostenere i costi di gestione annuali dei nuovi servizi da attivare con lo scopo di garantire entro il 2027 al 33% dei bambini di frequentare il nido per conseguire il Livello Essenziale delle Prestazioni fissato dalla Legge di Bilancio 2022 è stato previsto uno stanziamento ad hoc all’interno del Fondo di Solidarietà Comunale (FSC), con risorse crescenti dal 2022 al 2027, poi confluito nel Fondo Speciale Equità Livello dei Servizi. Il Fondo viene ripartito solo a quei Comuni che hanno un tasso di copertura uguale o inferiore al 28,8%. Nel 2024, su 7904 Comuni, ne sono stati finanziati 5.150, ma di questi ben 1.945 non hanno avviato alcun progetto PNRR per l’attivazione di nuovi posti a titolarità pubblica Per il 2025 e negli anni a seguire, per fare in modo che il Fondo Equità aiuti davvero i Comuni che hanno deciso di investire sulla prima infanzia, sarà essenziale prevedere un meccanismo di ripartizione che oltre al criterio di copertura del servizio, tenga conto dei posti attivati tramite PNRR, dando ai Comuni che assicurano servizi a titolarità pubblica priorità nell’assegnazione delle risorse per la gestione dei servizi stessi. È necessario infine prevedere fin da subito un piano per la formazione e il reclutamento degli educatori necessari al funzionamento degli asili.
La sanità neonatale italiana è un’eccellenza eppure anche in questo ambito emergono delle gravi disuguaglianze. Questo è vero sicuramente tra ospedali o punti nascita “grandi” (sopra i 1000 parti l’anno) che sono dotati in gran parte di reparti di Neonatologia e di Terapia intensiva neonatale (TIN), a differenza di quelli più piccoli, dove la presenza di un reparto di neonatologia o di TIN è più sporadica. Dopo la nascita, già dai primi mesi di un bambino è inoltre importante la disponibilità di posti in terapia intensiva pediatrica. In Italia i posti letto nelle terapie intensive pediatriche erano solo 273 nel 2023[8], con una carenza del 44,4% rispetto agli standard europei e una distribuzione disuguale sul territorio: si va dai 128 posti letto al Nord, a fronte di un fabbisogno di 222, ai 55 del Sud e isole, dove ne servirebbero 168, ai 90 del Centro, sotto solo di 2 posti letto. In Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Umbria, Molise, Basilicata e Sardegna non c’è neppure un posto letto. Rispetto al numero di posti letto che servirebbero secondo gli standard europei la carenza è del 67,3% al Sud, del 42,3% al Nord e del 2,2% al Centro.
I pediatri, che rappresentano un punto di riferimento indispensabile per i bambini e le famiglie, sono troppo pochi. Nel 2022, ultimo anno per il quale il Ministero della Salute fornisce un dato ufficiale, il carico medio potenziale per pediatra (cioè il numero di bambini e bambine residenti nell’area in cui opera un medico pediatra) è a livello nazionale di 993 bambini con un’ampia variabilità territoriale.
Anche i dati relativi alla gravidanza e ai parti mostrano differenze significative tra i territori. A livello nazionale, l’89% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, il 10,8% nelle case di cura private accreditate, e lo 0,15% altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, ecc.). Tuttavia, nelle regioni in cui è rilevante la presenza di strutture private accreditate, le percentuali sono quasi invertite: ad esempio, in Campania solo il 56,4% delle donne partorisce in una struttura pubblica contro il 43,6% che si rivolge al privato accreditato.
Nel 2022 il 31% dei parti è avvenuto con taglio cesareo, in calo rispetto al 36% del 2012. Inoltre, secondo il rapporto “Certificato di assistenza al parto CeDAP” del Ministero della Salute c’è, in particolare, un’elevata propensione all’uso del taglio cesareo nelle case di cura private accreditate, in cui la procedura viene utilizzata in circa il 44,5% dei parti contro il 29,3% registrato negli ospedali pubblici. La variabilità regionale è piuttosto alta, ma dipende anch’essa dal numero di punti nascita privati: si va dal 18,3% della Toscana ai picchi del 48,6% della Campania e del 36,5% del Lazio, regioni dove il privato è maggiormente presente.
Nel 2022 delle 8.131 biblioteche presenti sul territorio nazionale quasi otto su 10 (77%) sono di pubblica lettura. Di queste ultime il 58,8% ha uno spazio dedicato ai bambini da 0 a 6 anni. In cima alla classifica svetta Trento, con il 96% delle biblioteche di pubblica lettura che destina spazi attrezzati ai bambini 0-6 anni. Seguono Val d’Aosta (82,7%), Emilia-Romagna (75%), Veneto (74,9%) e Lombardia (74,1%). Complessivamente le biblioteche in tutto il Nord appaiono ben attrezzate ad accogliere i bambini piccoli, mentre al Sud l’offerta complessiva di servizi e spazi 0-6 anni è presente solo nel 28,3% delle biblioteche di pubblica lettura con Molise (17,6%), Campania (20,3%) e Calabria (24,3%) agli ultimi posti.