La Regione Campania, in base al Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 18 febbraio 2016 “Definizione delle aree indenni dall’organismo nocivo Xylella fastidiosa nel territorio della Repubblica italiana”, ha attuato il Piano nazionale di emergenza “Contingency Plan” con lo scopo di consentire una rapida risposta nell’eventualità di riscontro del batterio Xylella fastidiosa.
Si tratta di un batterio Gram – negativo incluso nella lista degli organismi nocivi di quarantena dell’Unione europea, di cui deve essere vietata l’introduzione o la diffusione in tutti gli Stati membri. Questo batterio era sconosciuto in Italia e nell’Unione europea fino al 2013, anno di prima segnalazione della sua presenza in Puglia, in provincia di Lecce. La pericolosità della Xylella fastidiosa deriva soprattutto dall’elevato numero di specie ospiti, coltivate e spontanee, e dalla facilità con cui può diffondersi sul territorio, colonizzare i vasi xilematici della pianta ospite provocandone l’ostruzione che determina il classico sintomo della bruscatura, la morte delle branche e della pianta stessa.
La Regione Campania è considerata a rischio per l’introduzione di Xylella Fastidiosa e molti fattori rendono probabile l’ingresso come le condizioni climatiche favorevoli, la presenza di aree rurali con agricoltura intensiva, ampie superfici coltivate ad olio e associate ad atri tipi di colture, la presenza della macchia mediterranea. A tutto ciò è da aggiungere il rischio connesso alla frequente contiguità riscontrabile tra attività vivaistiche e coltivazioni, alla presenza in Campania di tre importanti punti di entrata attraverso i quali transitano persone, merci, piante e materiali vegetali di importazione, la presenza su tutta la fascia costiera campana di un intenso flusso turistico nazionale e internazionale.
La normati prevede che il Servizio fitosanitario effettui annualmente indagini specifiche sul territorio che consistono in ispezioni visive, prelievo e analisi di campioni vegetali, prelievo e analisi di campioni di insetti. Le attività di monitoraggio devono interessare le aree dove si è svolta l’attività di produzione e il commercio di piante specifiche, le aree urbane e le vie di comunicazione maggiormente a rischio, le aree olivate e con presenza di oliveti abbandonati e le aree non coltivate e gli stabilimenti che utilizzano vegetali non destinati alla piantagione come i frantoi.
– Annamaria Lotierzo –