La Basilicata è tra le 10 regioni che non hanno proceduto all’assunzione di neanche una unità tra i percettori del reddito di cittadinanza tramite i Centri per l’impiego. Il dato eclatante emerge da un’analisi del Centro studi della Cisl lucana “Pensiero futuro” sul reddito di cittadinanza. Secondo gli studiosi, nel Mezzogiorno il reddito di cittadinanza “rischia di degenerare in un mero sussidio a perdere“.
Lo studio è stato curato da Luana Franchini e ha dedicato un focus al reddito di cittadinanza e al reddito di emergenza. In base all’ultima rilevazione dell’Inps aggiornata a maggio 2021, in Basilicata i nuclei familiari che percepiscono il reddito o la pensione di cittadinanza sono 11.136, con una preminenza della provincia di Potenza (6.922) su quella di Matera (4.214), per un totale di persone prese in carico di 22.158 (8.635 nel Materano e 13.523 nel Potentino). L’importo medio mensile dell’assegno del reddito di cittadinanza è di 495,21 euro, cifra che sale a 501,58 se consideriamo la provincia di Potenza e scende a 484.75 euro se prendiamo in considerazione i soli nuclei familiari della provincia di Matera, mentre per la pensione di cittadinanza l’importo medio è di 219 euro nella provincia di Matera e di 245 euro nella provincia di Potenza.
“Bisogna uscire dalla facile retorica dei ‘furbetti del reddito di cittadinanza’ e avviare una seria riflessione fondata sui dati per capire quali sono i punti da migliorare della misura, in particolare per quanto riguarda il capitolo delle politiche attive del lavoro” dicono dalla Cisl lucana.
“Il reddito di cittadinanza nella sua impostazione teorica è stato sovraccaricato di funzioni” spiega il dossier del centro studi sottolineando che “il decreto istitutivo lo ha presentato come misura ‘fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro’. E questo lo ha sovraccaricato anche di aspettative soprattutto rispetto alle ricadute occupazionali, ma è stato proprio l’inserimento lavorativo reale il vero punto di caduta della misura. Tuttavia, le difficoltà non provengono solo dall’offerta (scarse competenze e capacità dei disoccupati) ma anche da quello della domanda (disponibilità di posti e richieste da parte delle imprese)”.
“A questo proposito – si legge nel dossier – il monitoraggio dell’Anpal sui Centri per l’impiego riferisce che degli 11.600 ingressi necessari sono stati assunti al 31 marzo 2021 circa 950 unità. Il dato più eclatante è che tra le dieci regioni che non hanno proceduto all’assunzione di neanche una unità tramite i Cpi sulla base del piano dei fabbisogni del personale c’è la Basilicata i cui Centri per l’impiego versano in una condizione di drammatica carenza di personale. A questo va aggiunto il fatto che con un’età media dei dipendenti intorno ai 55 anni le competenze sono inevitabilmente non al passo con i bisogni formativi ed informativi della platea di utenti. Eppure il fulcro delle politiche attive per i percettori del reddito dovevano essere proprio i Centri per l’impiego regionali: ad essi, infatti, contestualmente alla legge che ha istituito il reddito di cittadinanza, sono state destinate risorse per raddoppiare gli organici. Invece nei Centri per l’impiego lucani l’organico non solo non è raddoppiato, ma è notevolmente diminuito per effetto dei pensionamenti”.
In Basilicata, alle già note difficili condizioni di mercato nell’incontro domanda-offerta di lavoro della platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza, si aggiungono anche ostili condizioni di infrastrutturazione sociale, ossia profonda carenza di personale dedicato all’inserimento lavorativo delle persone. L’insuccesso della parte di politica attiva di questa misura di contrasto alla povertà diventa quindi cosa scontata, ma mette anche in luce chiaramente su dove e come bisogna intervenire. Tra l’altro, il rafforzamento dei Centri per l’impiego e dei servizi di orientamento al lavoro, oltre che migliorare l’incontro domanda-offerta di lavoro, quindi il servizio, aumenterebbe già di per sé l’occupazione con nuovi inserimenti lavorativi nelle file del personale dedicato, producendo un duplice beneficio.