Carissime amiche, carissimi amici, qualche giorno fa, nella serena atmosfera natalizia, allestito il presepe, illuminato il giardino, senza eccessi, felice per l’ imminente arrivo dei figli, già pregustando il piacere di dedicarmi a zeppole e bocconotti di castagne, mi ero detta: “Quest’anno non voglio lasciarmi distogliere dalla sensazione di pace che m’invade quando, sulle note di qualche canto natalizio, e dedita alle suddette faccende, mi chiudo in casa da cui esco solo per le funzioni, la spesa, e qualche visita“.
Mi ero detta: “Non lasciarti irretire dalle notizie dal mondo, dalle provocazioni con cui l’assetto valoriale dominante, sfida il tuo sapere chi sei, dove vai, cosa vuoi consapevole, però, degli ostacoli culturali che oggi deve affrontare ogni timido anelito all’affermazione di sé, del proprio sé umano, storico, religioso (manco a parlarne). Che t’importa se le cose vanno così? Hai i tuoi punti fermi e questo ti basti!”
No, non basta perché, poi, la realtà entra con forza nelle tue mura domestiche facendosi beffe di canti, dolci e decorazioni, richiedendoti vigile attenzione e lucido pensiero.
Ciò che è riuscito a sottrarmi, per qualche ora, ai miei piacevoli rituali è stato un susseguirsi di eventi che elencherò, con un impreciso ordine cronologico, in una sorta di “Diario di Natale”.
14 dicembre, nelle sale cinematografiche del nostro Paese esce “Santocielo” ai cui protagonisti Ficarra e Picone non è sfuggita la propizia atmosfera del Natale per proporre un BLASFEMICO DILEGGIO del Vangelo, una rilettura della Nascita di Nostro Signore con i colori dell’arcobaleno, insomma… e ci vuole davvero forza per pronunciare queste terribili parole ma la “genialità” istrionica dei comici siciliani merita coraggiosa chiarezza: Gesù nasce da un “Madonno”.
Il contenuto del film viene condannato, immediatamente, con toni di vibrante e accorato sdegno da don Mario Sorce, parroco di Agrigento, ma salutato, invece, con giubilante plauso da don Cosimo Scordato il quale, dopo aver assistito con alcune suore alla proiezione del film, lo ha definito scomodando Beethoven un “inno alla gioia”.
Il Reverendo auspica, altresì, “un nuovo linguaggio sul rapporto con Dio”.
Ma quale gioia, reverendo? Le strappano davvero un sorriso le blasfemiche amenità contenute nel film? Cosa le procura gioia? Forse una crassa risata che le sgorga spontanea da siffatta dissacrazione? Le infonde gioia il dileggio di ciò che Lei “DOVREBBE SENTIRE COME INDISSOLUBILMENTE SUO?”
20 dicembre, a fronte delle innumerevoli forme di dissacrazione e occultamento di senso di cui il Natale è stato fatto oggetto, da decenni, da parte del laicismo ateo ed agnostico, la senatrice Lavinia Mennuni presenta una proposta di legge che mira ad impedire che l’allestimento dei presepi nelle scuole o altri luoghi pubblici venga vietato. DEO GRATIAS per questo sussulto di consapevolezza spirituale!
21 dicembre, l’aria che tira. David Parenzo apre la trasmissione con un presepe sulla scrivania, ascolta le chiare e garbate parole con cui la senatrice Mennuni motiva la sua iniziativa individuandone la ragione nella ferocia iconoclasta che ha investito, da decenni, i nostri simboli fino a ridurre il Natale in” Festa d’Inverno”. Le articolate argomentazioni della senatrice non scalfiscono la candida certezza di Parenzo che, in realtà, nessuno dileggi il Natale.
Fin qui le parole e i commenti degli altri ospiti, dello stesso tenore, mi sembravano inquadrarsi nel generale atteggiamento di chi avendo problemi irrisolti con le proprie radici si fa scudo con il mantra dell’inclusione e del rispetto per gli altri che, inevitabilmente, appare sempre superiore al rispetto di sé. Ma dopo è successo qualcosa che mi ha davvero sconvolta.
Dopo un attimo di smarrimento, il conduttore per controbilanciare i potenziali sentimenti di incredulità e approvazione da parte dei telespettatori per le parole della parlamentare, si collega con Mercogliano dove don Vitaliano Lasala presenta il suo presepe in cui figurano due Madonne e il simbolo dell’arcobaleno.
STUPITO PER LO STUPORE e con un sorriso irenico stampato sulla faccia, don Vitaliano motiva così la sua scelta: “Nella società non esiste una sola forma di famiglia”. Un ripasso del Catechismo e dei documenti della Chiesa gli farebbe senz’altro bene.
Altri giorni di dicembre, il no global Casarini assurge al ruolo di guru del pensiero catto-comunista e non solo, la Ferragni lacrima in TV per la “beneficenza” mercantile di cui è abile imprenditrice, una o più maestre in provincia di Padova sostituiscono, in una poesiola, Gesù con Cucù e tutto si risolve con balbettii di scuse.
21 dicembre, il Presidente Mattarella rivolge gli auguri alle Istituzioni e agli Italiani toccando tutti i temi più attuali del dibattito contemporaneo: la pandemia, le guerre, l’europeismo, le crisi geopolitiche, i diritti, la violenza sulle donne, la Costituzione, i valori dell’Occidente, tutto secondo un copione della più prevedibile ritualità di fine anno.
Un lungo discorso che si è aperto con un indistinto “giorni di festa” e si è chiuso con “auguri per il Natale e il nuovo anno“.
Tutto bene, Presidente, Lei, però, sincero Cattolico ha omesso una parola, un aggettivo che non avrebbe offeso neanche il più agguerrito sostenitore del laicismo di Stato, bastava dire “SANTO NATALE“, SOLO UN AGGETTIVO PER GLI, ANCORA, MILIONI DI CATTOLICI, CITTADINI COME GLI ALTRI.
Un felice SANTO Natale, Presidente!
Franca Cancro Cimino
*foto Giampaolo Mastro – pixabay