Lettera aperta alla redazione di Franco Iorio
Ancora non si sono spenti gli echi del 4 marzo con vincitori che non hanno vinto e perdenti che invece hanno perso, e già si è votato nuovamente. Questa volta per rinnovare le amministrazioni di 799 Comuni, qui da noi solo a Polla e Atena Lucana. In previsione del 2019 quando al voto andranno 4092 Comuni, come dire mezza Italia, piccoli centri ma anche città come Firenze, Bari, Reggio Calabria, Padova. Un momento di verifica non indifferente, in attesa del 2020 ancora con un migliaio di Comuni e tante Regioni tra cui la nostra. Il quadro politico si presenta nuovo e diverso dopo il “contratto di governo”, che poi sempre “programma” è, ultimamente sottoscritto tra Lega e M5S. Partiti contrapposti, dunque diversi, che pure hanno trovato punti di incontro su cosa fare per questo Paese, ma che difficilmente si presenteranno uniti o federati nei test elettorali futuri.
E tuttavia non è questo aspetto politico che qui interessa, quanto piuttosto del principio ispirativo di fondo dell’agire politico. Ossia il “bene comune”. Che sembra scomparso dalla scena politica, dimenticato nel linguaggio e nelle espressioni dei protagonisti, assente nei dibattiti urlati sulle piazze e nelle Tv e nei mezzi di comunicazione di massa. Poi c’è anche chi si sorprende perché la gente comune si allontana sempre più dalla politica, che tratta di tutto fuorché dei problemi reali delle famiglie: lavoro, scuola, sanità, giovani, servizi, anziani.
Per capire cosa si intende per “bene comune” occorre darne una definizione. Allora per “bene comune” si indica “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività che ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente”. Esserne al servizio implica, dunque, le responsabilità e l’impegno per la realizzazione piena di tutti e di ciascuno, come condizione fondamentale dell’agire politico. E questo è possibile solo se il “bene comune” non è il risultato della spartizioni di posti di potere e poltrone, di governo e di sotto-governo, ma di un percorso che ci accomuna per uno scopo chiaro e un obiettivo preciso. Vuol dire: avere a cuore l’eliminazione delle disuguaglianze in tutte le forme che si manifestano nella società, tutelare la salute della persona dalla nascita alla vecchiaia, promuovere la crescita di tutto l’uomo in ogni uomo, porre al centro la dignità di ogni essere umano qualsiasi sia la sua provenienza e la sua storia, aprirsi ai bisogni delle periferie, guardare al mondo dei giovani con attenzione e rispetto donando conoscenza con generosità, coraggio, bellezza, comprensione. E significa ancora trasfigurare l’impegno per il “bene comune” in uno stile di vita, in un percorso caratterizzato da scelte coerenti e compatibili con i tempi e con i mezzi a disposizione.
Per cui il politico deve essere al servizio del popolo, vicino alla gente, ascoltarne i problemi, farsi voce delle istanze di giustizia di chi non ha voce, sostenerle convinto e comunque in ogni momento e in ogni luogo come scopo del suo servizio. E, attenzione, operare per il “bene comune” significa anche tenere in debita considerazione gli avversari politici, mai considerarli come nemici da eliminare ma come concorrente di confronto critico. Chi scrive sa bene che la politica è sacrificio, non di rado disagio, sofferenza. Come sa pure che ci sono compromessi, contrasti, pugnalate non di rado. Allora il “bene comune” non è solamente dote del politico ma deve essere anche scelta e decisione della gente, da ricercare attraverso un sussulto morale che conferisca e trasmetta ai politici di qualsiasi grado e livello il principio ispirativo del loro agire. Ne va non il guadagno di alcuni ma tutto il futuro della società e l’avvenire di ciascuno.
– Franco Iorio –