JESSICA: “Fin da piccola ho respirato l’attività dell’hotellerie nella mia famiglia, i miei nonni avevano hotel in Venezuela. Il primo ricordo è a 6 anni: mi divertivo a consegnare le chiavi ai clienti e mi sentivo grande quando mi chiedevano informazioni. Mi è sempre piaciuto il contatto con il pubblico e provare a capire chi avevo di fronte a me”.
MICHELA RUSSO: “Ero piccolissima, curiosa di conoscere il lavoro di mio padre Giuseppe e di mio zio Rosario, trascorrevo interi pomeriggi negli uffici amministrativi. La mia abitazione adiacente all’officina ha reso quell’aria fin da subito familiare. Non esiste un ricordo particolare, specifico, ma una serie di eventi quotidiani che mi hanno fatto apprezzare i sacrifici della mia famiglia per lo sviluppo dell’attività e a scegliere, così, una preparazione professionale idonea a dare il mio contributo”.
ROSARIA: “Ho iniziato nel 1997, ero appena diplomata e non volendo all’epoca proseguire gli studi sono entrata nell’azienda di famiglia. Ho iniziato ad occuparmi della contabilità e della gestione di clienti e fornitori. Ricordo che era tutto un casino, l’azienda era aperta da 3 anni e mio padre e il socio non gestivano bene l’aspetto commerciale e/o amministrativo quindi ho dovuto iniziare daccapo, prendere i 3 anni precedenti, aggiornare e inserire il tutto in un programma di contabilità che fino a quel momento non esisteva neppure. Non c’era nemmeno un ufficio, infatti avevano telefono e blocco per ordini e fatture (che facevano a mano) su una mensola dietro una porta del ripostiglio. Al mio arrivo quindi mi sono creata un piccolo ufficio con tutto l’occorrente e da quel momento mi sono sempre occupata della gestione clienti e fornitori, ordini, incassi, pagamenti, banche ecc. Lavoravo solo di mattina e mi davano 400.000 lire al mese. Qualche anno dopo il socio ha lasciato e l’azienda è diventata esclusivamente della mia famiglia. Ad oggi non sono sola a gestirla perché ci sono sempre mio padre e mio fratello che però si occupano di altro in azienda (produzione e macchinari)”.
CONCETTA: (*Quando hai iniziato a fare impresa?) “Non so quando è iniziato, forse quando a 10/12 anni progettavo con i miei fratelli e cugini spettacoli tratti dai libri appena letti, storie di miti greci o fantasy: c’era un progetto, un piano economico con un investimento di capitale proprio (abiti di scena, scenografie) e una proiezione di incasso e profitto (quanti nonni, zii, genitori, a chi vendere i biglietti e a quale prezzo)”.
ANNACHIARA: “Non ho un primo ricordo specifico, da quando sono piccola ho sempre visto mio padre e ancor prima mio nonno Salvatore dedicarsi e impegnare tutte le loro forze in questa attività. Passavo alcuni pomeriggi con loro in ufficio e li guardavo con ammirazione. Poi crescendo mi sono detta che quella era la mia strada e che mi sarebbe piaciuto affiancare papà”.
MICHELA IMPARATO: “Ho sempre ‘respirato’ l’attività di famiglia siccome mio padre, quando non andavo a scuola, durante il periodo estivo, mi portava sempre con lui a lavoro. Ricordo che le prime volte stavo sempre al suo fianco per imparare e per conoscere al meglio la nostra attività. Devo dire che a quell’età mi annoiavo tantissimo quando la mattina mi faceva svegliare alle 7:00 poiché volevo godermi l’estate ma ad oggi non posso far altro che ringraziarlo”.
ERIKA: “Ho iniziato a respirare l’attività della mia famiglia letteralmente ai miei primi passi di vita, sono cresciuta nella mia azienda al punto da avere più ricordi di infanzia tra gli uffici che in un semplice salone di casa. Quando sei piccola tendi a non renderti conto di cosa hai tra le mani, per cui sin da piccole sia io che mia sorella passavamo dei pomeriggi in azienda un po’ per gioco o semplicemente per studiare, poi con il passare degli anni, crescendo, abbiamo iniziato ad affiancare ogni singola collaboratrice affinché ci facesse capire realmente tutto il processo aziendale. Come primo maestro di vita lavorativa ho sempre avuto mio padre e, devo ammetterlo, non avrei potuto chiedere di meglio. Lui ha inculcato in me e mia sorella un grande senso di responsabilità già dai 15 anni. Infatti anche in tenera età non è mancata mai occasione affinché ci facesse capire quali sono i rischi e le difficoltà aziendali, proprio per prepararci al nostro futuro. Fresca di studi, ho voluto cimentarmi subito nel mondo del lavoro: quando mio padre ha rilevato un ingrosso di termoidraulica che a suo tempo si trovava a San Cesareo (in provincia di Roma), ho colto l’occasione e subito mi sono voluta trasferire per mettermi in gioco a 18 anni. E’ stato un mix di emozioni perché mi trovavo in una città nuova, con dei nuovi collaboratori anche se, fondamentalmente, il sistema era lo stesso. Ho un bellissimo ricordo del mio inizio, ero molto agitata ma nello stesso tempo mi sentivo forte perché alle spalle avevo mio padre anche se, devo essere onesta, mi ha lasciato un grande spazio fin da subito affinché potessi costruire una mia personalità lavorativa. Questo mi ha permesso di crescere in fretta e di imparare a rischiare, ovviamente nei limiti del possibile”.
EMILIA: “È difficile cristallizzare il primo ricordo, mi sento però di condividerne uno simpatico: erano passati solo due giorni dalla mia laurea, era un sabato e il mio papà dopo pranzo pensa bene di portarmi con lui a condurre un sopralluogo su un aspro costone roccioso. Da quel momento ho capito che, da donna, per integrarsi bene all’interno del nostro settore mi toccava abbandonare un bel po’ di stereotipi. I miei genitori hanno edificato insieme la nostra bella realtà aziendale ed il confine fra quotidianità extra ed intra azienda è sempre stato molto labile, per questo ho sempre sentito il concetto ‘azienda’ insito in me”.
MICAELA: “Ero poco più che maggiorenne, avevo iniziato il mio percorso universitario e nel mese di maggio, periodo più intenso nel nostro settore, rientravo da Padova per poter essere di supporto ai miei genitori. Ricordo il giorno successivo al conseguimento della laurea, ero già in attività alle 7.30 del mattino dopo una notte trascorsa in viaggio, non vedevo l’ora di ritornare a casa, acquisire la mia autonomia e condividere le mie giornate con mio padre, colui che mi ha insegnato realmente il lavoro che svolgo”.