Si terrà domani l’udienza presso il Tribunale di Trani per discutere nel merito del tragico incidente consumatosi il 13 maggio 2014 a Bisceglie, quando l’Audi A6 condotta da Pantaleo D’Addato si schiantò contro il pilastro di una villa in costruzione e l’impatto fu letale per Maria Dorotea Di Sia, 25enne di Santa Marina e molto conosciuta nel Vallo di Diano per aver frequentato fino al 2007 il Liceo Artistico di Teggiano.
D’Addato risultò positivo alla cannabis (valore riscontrato nel sangue pari a 124, 51 contro il valore di riferimento pari a 50) e alla cocaina (4664,28 ng/ml, 13 volte superiore al consentito valore di 300) e il suo tasso alcolemico dopo gli esami di rito presso l’ospedale di Andria risultò pari a 2,45 grammi per litro (indice di tolleranza pari a 0,80 g/l). Nella memoria depositata presso l’ufficio del G.I.P. del Tribunale di Trani dall’avvocato Michele Galiano, difensore della famiglia di Maria Dorotea, e dal padre della ragazza, Donato Di Sia, si legge che i valori riscontrati nel sangue di D’Addato “sono talmente elevati che è difficile rinvenire analogie in casi similari” e che in un caso simile la Cassazione ha ritenuto applicabile alla fattispecie il dolo eventuale piuttosto che la colpa. Quello stesso dolo eventuale che ora Donato Di Sia e i suoi legali chiedono a gran voce per il 36enne che è invece accusato di omicidio colposo aggravato.
“L’indagato ha imboccato in pieno centro abitato una strada contromano ad una velocità elevatissima – si legge nella memoria – dopo essersi immesso sulla strada in cui è avvenuto il fatto ha evitato una prima autovettura controsterzando prima a sinistra e poi a destra e, successivamente, è finito contro un muro causando la morte della compianta Maria Dorotea“. D’Addato, dunque, per chi difende la memoria della giovane Maria Dorotea e i diritti della sua famiglia, in preda ai fumi dell’alcool e alterato dalla troppa droga assunta, non si è trattenuto dal tenere una “condotta illecita“ nonostante avesse avuto contezza che, proprio a causa di quella condotta, si sarebbe potuto verificare un evento doloroso e nefasto come poi realmente è accaduto.
Donato Di Sia, padre addolorato ma non per questo meno volenteroso di ottenere giustizia per la giovane figlia perduta, si batte adesso per l’omicidio volontario, “perchè non esiste nessuna attenuante – scrive al G.I.P. di Trani – bensì una serie infinita di aggravanti, vista la volontarietà dello stato alcolico e l’infinita quantità di droghe assunte nonchè l’aggravante degli enormi precedenti nel corso dei quali non ha avuto nè pentimenti nè ripensamenti“.
Quella provocata da D’Addato, per il padre di Maria Dorotea, è “un’immane tragedia” che comporterebbe l’applicazione di una “pena estremamente esemplare, che faccia da monito a lui e a tutti gli altri delinquenti come lui, perchè altro non sono se non delinquenti“. E’ duro Donato, duro come solo un padre a cui hanno strappato la figlia può essere. Ma pensa anche alle altre famiglie che potrebbero vivere una simile sciagura e crede che soltanto l’irrogazione di una giusta condanna potrà evitare che “altri genitori possano vivere queste tragedie“.
– Chiara Di Miele –
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siamo con Donato Di Sia e la sua famiglia: date loro giustizia con una pena esemplare al responsabile.