Continua presso il Tribunale di Trani con l’udienza di domani, martedì 24 novembre, il processo con rito abbreviato per la morte di Maria Dorotea Di Sia, la 25enne di Santa Marina molto conosciuta nel Vallo di Diano per aver frequentato fino al 2007 il Liceo Artistico di Teggiano, che ha perso la vita in un tragico incidente il 13 maggio 2014 a Bisceglie, in cui l’Audi A6 condotta da Pantaleo D’Addato si schiantò contro il pilastro di una villa in costruzione.
D’Addato risultò positivo alla cannabis e alla cocaina e il suo tasso alcolemico dopo gli esami di rito presso l’ospedale di Andria risultò pari a 2,45 grammi per litro (indice di tolleranza pari a 0,80 g/l). L’uomo è accusato di omicidio colposo aggravato. Durante l’udienza dello scorso 13 ottobre la difesa ha chiesto l’assoluzione dell’imputato, muovendo un’eccezione in merito alla validità dei prelievi ematici effettuati per svolgere l’esame tossicologico, che a suo dire sarebbero stati effettuati “senza l’espressione di un valido consenso“, e ha ritenuto privo di prove il comportamento colposo di D’Addato, essendo assente una prova di velocità del veicolo guidato.
L’avvocato Michele Galiano e Donato Di Sia, padre di Maria Dorotea, hanno depositato nel frattempo una memoria in cui attestano che “il prelievo di sangue è stato effettuato per motivi terapeutici” e che solo in seguito “i campioni sono stati utilizzati per finalità di giustizia“, visto l’evento letale. Nella memoria, inoltre, si legge dello stato di coscienza in cui versava D’Addato all’arrivo in Pronto Soccorso, dato che “non viene assolutamente riferita la perdita di coscienza, tant’è vero che lo stesso si può anche lamentare perchè dolente alla palpazione profonda in fossa iliaca“.
Tre sono gli anni di reclusione chiesti dal PM per D’Addato. “Non si capisce – si legge ancora nella memoria del legale dei Di Sia – come si faccia a richiedere ‘quale premio’ una pena pari a tre anni di reclusione“. Nel contempo, però, Donato Di Sia chiede l’omicidio volontario, una pena esemplare che renda giustizia a Maria Dorotea, o quantomeno l’applicazione della fattispecie della “colpa cosciente“. Quello che l’avvocato Galiano e Donato Di Sia si augurano adesso è che “non si attendano le modifiche legislative per evitare che situazioni come queste per cui è causa si replichino costantemente alla luce delle pene miti applicate ai casi concreti“.
“Auspichiamo – ci dice il padre di Maria Dorotea – che il giudice abbia la sensibilità tale da applicare una condanna giusta per il danno arrecato che ha sconvolto un’intera famiglia e ha tolto il futuro a mia figlia“.
– Chiara Di Miele –
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