“Il 4 giugno 2019 sono arrivata al pronto soccorso del Policlinico così. Questo è il risultato di 4 giorni di botte incessanti, ovunque”.
Inizia così il racconto raccapricciante di Beatrice Paola Fraschini, una giovane volontaria della Croce Verde di Baggio, un quartiere di Milano, che ha deciso di pubblicare le foto di com’è stata ridotta dal compagno, l'”uomo”, come riporta lei stessa virgolettando, perchè un Uomo degno di questo sostantivo non riduce una persona in fin di vita, con lividi, umiliazioni e dolori inimmaginabili, sia fisici che psicologici. La storia di Beatrice è quella di un rapporto iniziato con una forte gelosia da parte di lui, con il controllo del modo di vestire, dei social network e del telefono, finito con un vero e proprio sequestro durato quattro giorni con violenze di ogni tipo, nell’abitazione in cui avevano scelto di vivere assieme. Quattro giorni in cui è arrivato persino a togliere cibo ed acqua a Beatrice, costringendola a chiedere il permesso per andare in bagno e con la minaccia di ucciderla se non avesse confessato un tradimento in realtà mai avvenuto.
E’ stato a questo punto che Beatrice ha deciso di tentare la soluzione estrema per salvarsi, ovvero buttarsi dal balcone, pensando che sarebbe stato meglio morire cercando di scappare piuttosto che essere ammazzata da quel personaggio. Beatrice è precipitata nel cortile, si è trascinata in strada agonizzante ed ha avuto la forza di chiedere aiuto.
“Dagli esami in ospedale – spiega – erano risultate: microfratture al cranio e alla mandibola, timpano sinistro perforato, setto nasale fratturato, 2 coste rotte per parte, 3 vertebre rotte (ultima dorsale e prime due lombari), un’ernia del disco; frattura scomposta di calcagno, malleolo, 4° e 5° metatarso del piede destro. Nel momento in cui è stata scattata questa foto non si sapeva se sarei tornata a camminare”.
Abbiamo posto qualche domanda a questa dolce ragazza coraggiosa affinché la sua testimonianza potesse far riconoscere i campanelli d’allarme di un sentimento tossico, di una persona che maschera un’eccessiva e pericolosa gelosia con la scusa del grande amore. La violenza sulle donne può avere tante sfaccettature e soltanto parlandone, non esclusivamente il 25 novembre, si può trovare il coraggio e la determinazione per chiedere aiuto e porre fine ad umiliazioni e grandi sofferenze, senza vergogna né sensi di colpa. Non si deve permettere a nessuno di calpestare la propria dignità, la propria libertà, la propria bellezza e questo Beatrice ce l’ha insegnato.
- Beatrice, ci descriva i primi segnali di allarme che deve riconoscere una donna che ha al suo fianco un uomo violento
I primi segnali d’allarme partono da una gelosia immotivata ed eccessiva, dal controllo sull’abbigliamento e sul trucco e dall’intromissione nelle relazioni con gli amici, sindacando su chi si può frequentare e chi no. Non è necessario arrivare alla violenza fisica per essere comunque nelle mani di un manipolatore e di una persona pericolosa. Anche la violenza psicologica è un fattore importante, troppo frequente.
- Giustificare la violenza cosa comporta? L’uomo cambierà?
Giustificare la violenza, di solito, si fa perché siamo innamorate del nostro uomo e ci autoconvinciamo che lui, in fondo, non possa volerci veramente male. Per questo giustifichiamo i gesti di violenza con periodi di nervosismo, ci autoincolpiamo e cerchiamo di cambiare NOI i nostri atteggiamenti sperando che, così facendo, anche lui cambi nei nostri confronti.
Ma le persone non cambiano perché lo vogliamo noi e, andando avanti in una relazione, le persone fanno emergere la propria vera personalità. Il cambiamento di una persona deve partire da sé stessa, per un proprio benessere personale. Per questo dobbiamo imparare che non siamo noi a poter cambiare gli altri né è giusto che noi cambiamo per loro. Se ci si rende conto di non essere compatibili è meglio allontanarsi; non bisogna rimanere morbosamente attaccati ad una persona nella convinzione di rimanere sole a vita.
- Come può richiedere aiuto una donna vittima di violenza del proprio uomo?
Una cosa fondamentale è agire PRIMA di arrivare alle conseguenze estreme, ovvero cercare di agire prima che si scateni la violenza. Sicuramente parlare con genitori e amici è il primo termine di confronto perché hanno una visione esterna che, per quanto possa darci fastidio, è sicuramente più imparziale della nostra. In secondo luogo è FONDAMENTALE affidarsi ai servizi sul territorio (centri di ascolto, consultori, centri anti violenza) perché possono dare sia un sostegno psicologico che un sostegno legale e concreto, arrivando anche ad allontanare dall’uomo maltrattante e dare protezione nei casi più gravi.
- La sua terribile storia è testimonianza di ricaduta e di rinascita. Che messaggio sente di mandare alle donne?
Il messaggio che vorrei dare e che è il motivo per cui molte donne non parlano e non denunciano: non siamo noi a doverci vergognare! A vergognarsi devono essere le persone violente, manipolatrici che ci fanno del male. Il fatto di reagire è l’unica cosa che ci può salvare e fare acquisire più forza e consapevolezza.
– Giusy D’Elia –
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