È stato presentato questa mattina ai detenuti dell’ICAT di Eboli, l’Istituto di Custodia Attenuata, lo sportello socio-legale, realizzato a cura dell’associazione “Il Faro” rappresentata da Anna Ansalone, e promosso dall’Ufficio regionale del garante per le persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale.
Il progetto rientra tra le varie iniziative promosse dall’Ufficio regionale del garante e prevederà la copertura del servizio per 4 mesi sia all’Istituto di Custodia Attenuata di Eboli che alla casa circondariale di Fuorni.
Faranno parte dello staff gli avvocati G. Arabia, A. Fattorello e le assistenti sociali L. Guarino, A. Ansalone, O. Manolio e E. Sbarra.
Lo sportello socio legale avrà l’obiettivo di curare gli aspetti sociali e legali gratuitamente durante la fase dell’esecuzione penale dei detenuti dell’Istituto di Custodia Attenuata, a tutela dei diritti e dell’orientamento dei servizi sociali ai fini rieducativi. L’iniziativa mira al supporto e alla valorizzazione della persona detenuta che vive un doppio disagio sia di privazione di libertà che di tossicodipendenza.
“Questa iniziativa, promossa dal garante regionale Samuele Ciambriello, permette a noi volontari penitenziari di offrire un servizio sociale in più, a chi vive una deprivazione territoriale di servizi pubblici il più delle volte ‘burocratizzati e ritardatari’, favorendo un ponte con i servizi territoriali – afferma il presidente Anna Ansalone – Il nostro intento è supportare la tutela dei diritti del detenuto e la dignità umana della pena. Lo sportello nella sua dimensione volontaria, ha l’obiettivo di umanizzare i trattamenti in un’ottica di partecipazione del mondo del volontariato esterno nei servizi di esecuzione penale. Sarà l’inizio di una nuova collaborazione fattiva e concreta a disposizione dell’amministrazione penitenziaria e della direzione nella persona della dottoressa Rita Romano che ha ben accolto l’iniziativa, promossa dall’associazione il Faro a cui va il nostro ringraziamento insieme al personale educativo e penitenziario”.
– Miriam Mangieri –