Lettera alla redazione di Franco Iorio
All’indomani dei risultati delle urne per le regionali e il referendum, con il Covid-19 che si riaffaccia in tutta la sua virulenza, guardiamo al nostro Paese e al senso di vuoto che si presenta nella dinamica politica non facile da raccontare.
Parliamo subito di quella Lega nata cinque anni fa, che è sempre il seguito e la continuità di quella Nord del Senatur Umberto Bossi e di Luca Leoni Orsenigo, suo deputato, che sventolò nel marzo 1993 il cappio a Montecitorio invocando la forca per gli inquisiti di “tangentopoli”. Nel febbraio 2015 fu battezzata nel cuore di Roma, non più ladrona, la Lega Nazionale dell’impiegato politico Salvini Matteo: sventolavano le bandiere dei fascisti di Casa Pound, sul palco la leader dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e il presidente Zaia. Oggi Meloni e Zaia sono proiettati a costruire già il “dopo Salvini”: la prima è il volto di una destra feroce ma scaltra, inserita nella tradizione italiana. Da Zaia i leghisti del Nord aspettano la liberazione del partito da Salvini. Il quale Salvini ne avesse azzeccata una che sia una di mosse politiche. E ora ci sono pure 19 inchieste giudiziarie per una girandola di finanziamenti, decine di società, 36 cene in ristoranti italiani e un paio in localini russi, centinaia di intercettazioni, 212 uomini coinvolti e neanche una donna. E non si può dire sia, Salvini, un principiante, né che non abbia avuto maestri scaltri, per cui è questione di capacità, meglio dire di intelligenza politica. Vero che non c’è obbligo di essere intelligenti, come sosteneva Leo Longanesi, però riesce difficile trattare con i furbi.
Non di meno con i furbetti alla Giggino Di Maio, il quale ha puntato tutto sul risultato del Referendum. E ha vinto! Vero che la sua è stata una battaglia comoda, però gli ha assicurata la sopravvivenza. Anche nel suo stesso partito, nel quale lui ha vinto e tutti gli altri hanno perduto. Il Pd di Zingaretti, invece, continua ad essere la trave portante del sistema politico, anche se di un sistema sempre più chiuso e sempre meno rappresentativo. Nel quale aumenta a dismisura lo spazio che separa la società dalle istituzioni, un vuoto che la politica non prova neppure a colmare.
La speranza ormai è riposta solamente nella gestione prossima, almeno speriamo, della più grande quantità di risorse mai immessa nel sistema dal dopoguerra ad oggi. Per avere il sostegno economico europeo di 209 miliardi di euro occorre elaborare proposte di riforma articolate, pare, su sei aree di intervento fondamentali individuate dal Governo. Ne riparleremo e speriamo bene. L’appannamento di Salvini, il cui disco ripete monotono il ritornello del “pericolo immigrati e ritorno alle urne”, è una buona notizia per la maggioranza e per il Governo: può elaborare la Proposta Nazionale di Riforma e Resilienza a partire da gennaio 2021; può sentirsi al sicuro fino all’agosto 2021 quando inizierà il semestre bianco di Sergio Mattarella e, quindi, l’impossibilità del voto; può arrivare al 2022, quando sarà nominato il nuovo Presidente della Repubblica, con i risvolti facilmente intuibili.
Quando si dice dell’Italia e degli italiani! Chissà perché mi viene in mente Roberto Gervaso che ripeteva: “L’Italia è un Paese dove d’insormontabile ci sono solo i cavilli; un Paese che crede nei santi solo se gli fanno il miracolo; un Paese dove la dietrologia è un bene di prima necessità; un Paese che vive alla giornata in attesa di passare la nottata”.
– Franco Iorio –