Il plasma iperimmune possibile terapia contro il Covid-19. La parte liquida del sangue prelevata da pazienti guariti e contenente anticorpi specifici rappresenta un utile ausilio terapeutico e lo studio “Tsunami”, autorizzato dal Comitato Etico dello “Spallanzani”, ne sta valutando l’efficacia. Allo studio ha aderito anche l’Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli (Monaldi, Cotugno e CTO). Ne abbiamo parlato in maniera approfondita con il dottor Bruno Zuccarelli, Direttore del Centro Trasfusionale dell’ospedale Monaldi e Vice Presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli.
- Dottor Zuccarelli, in cosa consiste la somministrazione del plasma iperimmune?
“Il protocollo Tsunami, partito già a maggio, dispone di raccogliere il plasma di soggetti completamenti guariti, maschi o donne nullipare, con markers virali negativi, che si sottopongono ad esami per verificare la concentrazione degli anticorpi nel plasma perchè noi puntiamo ad avere un prodotto anticorpale molto alto. Poi si fa un test di neutralizzazione in vitro che serve a vedere se gli anticorpi neutralizzano il virus. Solo i soggetti con queste caratteristiche sono candidati a donare il plasma. Su 10 persone quelle idonee sono 1,5/2, una percentuale non molto alta“.
- Cosa bisogna fare materialmente per diventare un donatore di plasma?
“E’ molto semplice. Basta mettersi in contatto con il Centro Trasfusionale, telefonando al numero 081/7065315 dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13, si forniscono i propri dati e così si viene canalizzati all’ambulatorio del Cotugno. In seguito le persone vengono convocate per una visita clinica e vedere se sono completamente guarite, poi si fanno i test di cui parlavo e se il soggetto ha le caratteristiche adatte viene convocato per la donazione“.
- Al momento qual è la risposta dei potenziali donatori? Ci sono abbastanza persone disposte a donare?
“Abbiamo un potenziale molto alto perchè purtroppo l’indice di positività si è molto allargato negli ultimi mesi. Grazie al lavoro che stiamo facendo, in tanti stanno chiamando per donare, ma il grande problema che riscontriamo è che purtroppo, come dicevo, su 10 persone possono realmente donare una o due“.
- In queste settimane si parla tanto della fase conclusiva di sperimentazione dei vaccini contro il Covid. Lei crede si stia dando la stessa importanza alla sperimentazione del plasma iperimmune?
“I vaccini sono un grande presidio terapeutico. Se poi quelli per il Covid avranno risultati estremamente lusinghieri lo vedremo soltanto nella pratica. Le sperimentazioni sono state compattate in un tempo molto breve, perchè per l’elaborazione dei vaccini in genere ci vogliono degli anni, mentre in questo caso otteniamo i primi vaccini dopo un anno dalla scoperta del virus. Ovviamente dovremo vedere i risultati a distanza di tempo. Qualcuno già sostiene che ci vorranno due somministrazioni, quindi il quesito che ci poniamo è ‘Si tratta di un vaccino come quello contro il vaiolo, che si fa una volta ed immunizza a vita, o è un vaccino come l’antinfluenzale che bisogna fare ogni anno perchè cambia il ceppo e dà una protezione che non corrisponde al 100%?’. Questo lo capiremo soltanto nei fatti, sarà la pratica a rispondere ai nostri dubbi. Chiaramente il vaccino rappresenta un altro tassello in una situazione di grandissima difficoltà terapeutica, dato che oggi non abbiamo un farmaco risolutore del Covid. Abbiamo alcuni farmaci che, integrati tra loro, danno una mano a combattere il virus. E’ chiaro che, in questo modo, il vaccino darà una grande mano ad affrontare una situazione che ha messo in ginocchio il mondo intero“.
- Tra i supporti terapeutici attualmente in sperimentazione possiamo affermare che quello del plasma iperimmune è quello più valido?
“No, questo non lo possiamo affermare. Potremo farlo alla fine del protocollo Tsunami che ci consentirà di dire se è completamente validato. Ormai la medicina è basata sull’evidenza e le sperimentazioni molto serie devono rendere oggettive quelle che sono delle impressioni soggettive. Oggi possiamo dire che ci sono delle suggestioni abbastanza interessanti con casistiche numerose, ma solo un protocollo severo e selettivo potrà confermare se la terapia del plasma iperimmune è la più valida. Chiariamo però che il plasma deve essere usato nei primi dieci giorni della malattia e non certamente nelle situazioni già compromesse in modo avanzato da un punto di vista respiratorio, quindi non si somministra ai pazienti intubati o che hanno una respirazione assistita. Sembra che nella fase iniziale dell’infezione sia un buon presidio terapeutico di aiuto“.
– Chiara Di Miele –