Dopo le vicende petrolifere che hanno interessato la Basilicata, soprattutto per ciò che riguarda la Val d’Agri, interviene Legambiente Basilicata sostenendo che “ad ogni doveroso blocco da parte del governo regionale di attività legate alle estrazioni in seguito ad incidenti, rilevamenti anomali o altro, corrisponde una progressiva stratificazione di dubbi come se il decisore politico fosse in attesa di qualcuno o qualcosa capace di togliere le castagne dal fuoco ed evitare un imbarazzo crescente”.
“Questo dicono – dichiara Antonio Lanorte, presidente di Legambiente Basilicata – gli avvenimenti degli ultimi mesi, dallo sversamento di 400 tonnellate di greggio dal serbatoio D del Cova, ai risultati della Commissione VIS sull’associazione di rischio tra estrazioni e patologie cardiorespiratorie in Val d’Agri, al ritrovamento di ammine nelle acque di strato del pozzo di reiniezione Costa Molina 2. Tutti fatti gravi e rilevanti rispetto ai quali risulta necessario verificare e interpretare i dati, monitorare e controllare, ma che pongono interrogativi che vanno oltre il lungo inseguimento di una compatibilità tra il petrolio e la Basilicata, mai dimostrata e probabilmente irraggiungibile. E’ giunto davvero il momento di chiedersi laicamente se ne vale davvero la pena“.
Secondo Lanorte sarebbe ipotizzabile “l’opzione zero in relazione al proseguimento dello sfruttamento petrolifero in Val d’Agri” dato che “gli ultimi avvenimenti e le conseguenti prese di posizione a livello istituzionale portano a pensare che sia caduto l’ultimo tabù, che l”oltre petrolio’ possa cominciare da subito“.
Per Legambiente è dunque necessaria una “exit strategy“, “l’indicazione delle modalità con cui si possa realisticamente rinunciare al petrolio considerando che la regione Basilicata in questi anni si è completamente ‘seduta’ sullo sfruttamento del suo sottosuolo utilizzando il bancomat delle compagnie petrolifere alla bisogna“.
“A nostro parere, – sostiene Ennio Di Lorenzo, presidente del circolo Legambiente Val d’Agri – la sfida, la ‘strategia d’uscita’, dovrebbe consistere nell’avvio immediato di un grande processo di riconversione produttiva verso comparti moderni e sostenibili oltre il petrolio. Il rafforzamento di un legame virtuoso tra ruralità, modernità e qualità è la sintesi strategica cruciale per lo sviluppo del modello di crescita rurale coerentemente sostenibile. La Basilicata invece di provare ad essere polo energetico del passato, destinato ad estinguersi, dovrebbe perseguire con forza e competenza la naturale vocazione agricola e rurale. Tutto questo si può fare. Bisogna immaginare però una grande iniziativa economica e culturale, basata su un rinnovato senso civico, nuove idee e progetti, fiducia nella forza endogena delle comunità”.
– Chiara Di Miele –