Intervista alla dottoressa Teresa Lopardo sull’attuale disciplina in materia di permessi di soggiorno e di immigrazione
- La crisi in ucraina sta generando un imponente flusso di profughi che sta fortemente interessando anche l’Italia. Quali sono le peculiarità apportate dal nostro Governo in materia di accoglienza per affrontare tale emergenza?
Come noto, la crisi tra Ucraina e Russia a cui stiamo assistendo in queste settimane non è divampata all’improvviso, ma è frutto di un conflitto in atto tra i due Paesi già dal 2014, conflitto che ha ulteriormente aggravato la condizione materiale e psicologica in cui ha vissuto il popolo ucraino, in particolare quella dei bambini vittime e testimoni di violenze. All’indomani dell’inizio del conflitto armato, le ripercussioni dell’intervento militare russo in Ucraina sono risultate evidenti anche nel resto del mondo, avendo avuto su diversi Paesi – in particolare dell’area UE – un immediato impatto politico ed economico, oltre che umanitario. L’invasione perpetrata dalla Russia ai danni dell’Ucraina è stata oggetto di pressoché unanime disapprovazione da parte della comunità internazionale ed ha generato una risposta forte, soprattutto in termini di sanzioni economiche ai danni dalla Russia. Contestualmente molti sono stati i Paesi che hanno aperto le proprie frontiere per accogliere i richiedenti asilo e i rifugiati ucraini. In particolare in Italia, il DPCM firmato il 29 marzo dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, ha reso operativo il permesso di soggiorno temporaneo, in attuazione della decisione europea 2022/382 del 4 marzo scorso con cui il Consiglio dell’UE ha previsto l’attivazione dello strumento della protezione temporanea, che a sua volta era stato istituito con Direttiva n.55 del 2001 all’indomani del conflitto nell’ex Jugoslavia. Il permesso di soggiorno temporaneo della durata di un anno e prorogabile di un ulteriore anno, può essere richiesto dai rifugiati ucraini in Questura a titolo gratuito e dà accesso a vari servizi sociali come l’alloggio, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e permette di svolgere attività lavorativa. Va anche precisato che i cittadini ucraini in possesso di un passaporto biometrico sono esentati dal visto d’ingresso e possono permanere in ogni caso sul territorio nazionale per un periodo massimo di 90 giorni dal momento dell’ingresso nell’area Schengen, periodo durante il quale potranno richiedere il suddetto permesso di soggiorno temporaneo. In caso di assenza del timbro apposto sul passaporto i cittadini ucraini devono recarsi presso la Questura (Ufficio immigrazione) per rendere la dichiarazione di presenza.
- Al di là dell’attuale crisi ucraina, quali sono gli strumenti approntati dal nostro paese in tema di protezione internazionale?
Da anni in Italia stiamo vivendo l’emergenza migranti – provenienti principalmente dall’Africa e dall’Asia – come una delle principali criticità a livello nazionale, tanto che spesso si è addirittura parlato – in termini populistici – di una vera e propria “invasione” in relazione all’emergenza sbarchi e arrivi e di emergenza di ordine pubblico; poche volte, invece, si è parlato di emergenza umanitaria, delle motivazioni di chi emigra e delle reali condizioni che alimentano il fenomeno migratorio. Oggi gli emigranti scappano, nella grande maggioranza dei casi, contemporaneamente da guerre, persecuzioni etniche e religiose, disastri climatici, fame e povertà. Il diritto di asilo è tra i diritti fondamentali dell’uomo ed è riconosciuto dall’articolo 10, terzo comma, della nostra Costituzione “allo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche” garantite dalla Costituzione italiana, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Con riferimento alla condizione dello straniero che arriva in Italia senza valida documentazione, può essere riconosciuto, previa richiesta, lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria. In particolare il riconoscimento dello status di rifugiato è stato introdotto nel nostro ordinamento con l’adesione alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e trova applicazione in favore del cittadino straniero, che per il fondato timore di essere perseguito per motivi di razza, religione, nazionalità o appartenenza ad un’organizzazione sociale o politica, si trova fuori dal Paese in cui ha la cittadinanza e chiede accoglienza. Lo status di protezione sussidiaria è riconosciuto invece al cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere considerato rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondate ragioni di ritenere che qualora ritornasse nel Paese di origine sarebbe soggetto ad atti persecutori. Tali forme di protezione sono riconosciute all’esito dell’istruttoria effettuata dalle Commissioni Territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. La disciplina relativa alle disposizioni urgenti in materia di immigrazione e protezione internazionale e complementare sono dettate dal provvedimento D.L. 130 del 2020.
- Sono previsti strumenti finanziari a supporto dei paesi che attuano l’accoglienza?
L’Unione Europea prevede due strumenti finanziari a sostegno degli Stati Membri che attuano politiche di accoglienza: Il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020 (FAMI), in cui confluiscono il FER, il FEI e il FR, per la gestione integrata dei flussi migratori e che sostiene tutti gli aspetti del fenomeno, vale a dire asilo, integrazione e rimpatrio, e il Fondo Sicurezza Interna 2014-2020 (ISF) a supporto dei progetti mirati a garantire uno spazio comune di sicurezza, libertà e giustizia all’interno dei confini europei, attraverso il contrasto e la prevenzione di fenomeni criminosi e la gestione integrata delle frontiere. In Italia, accanto alle politiche migratorie esiste un sistema di accoglienza articolato su due livelli. La prima accoglienza è assicurata immediatamente dopo l’arrivo sul territorio italiano presso gli hotspot (ove vengono effettuati i primi interventi di assistenza materiale e sanitaria, unitamente alle procedure di identificazione) e successivamente presso strutture attivate dalle Prefetture sull’intero territorio nazionale, dove vengono erogati tutti i servizi essenziali, in attesa della definizione della domanda di protezione internazionale. La seconda accoglienza è invece assicurata mediante progetti di assistenza alla persona e di integrazione nel territorio che vengono attivati dagli enti locali aderenti al Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati. A riguardo, il ministero dell’Interno attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, mette a disposizione degli enti locali diverse risorse finanziarie fruibili attraverso la partecipazione ad appositi bandi.
- In via generale, quali procedure devono seguire ai fini dell’ottenimento del permesso di soggiorno gli immigrati provenienti da Paesi extra UE?
Il nostro Paese gestisce i flussi migratori dai Paesi non appartenenti all’UE con l’ausilio di politiche di accoglienza e di integrazione con il fine principale di contrastare l’immigrazione irregolare. L’ingresso in Italia ai valichi di frontiera è concesso agli stranieri in possesso di passaporto o documento equipollente e del visto. Il nostro Paese, inoltre, periodicamente programma con apposito DPCM – cosiddetto “Decreto Flussi”, introdotto dalla L. n.40/1998 – le quote massime di stranieri che possono essere ammesse nel territorio nazionale per lavoro subordinato o autonomo. Le condizioni d’ingresso legale in Italia dello straniero sono dettate dal T.U. sull’immigrazione (D.Lgs. n.286/1998) e dal c.d. “Codice frontiere Schengen”; segnatamente, il cittadino di un Paese non appartenente all’U.E. può fare ingresso in Italia se può documentare, al di fuori dell’ingresso per motivi di lavoro, il motivo e le condizioni di soggiorno, le disponibilità dei mezzi per mantenersi durante il soggiorno e per fare rientro nel Paese di provenienza.
- Sono previste diverse tipologie di permessi di soggiorno dalla normativa italiana?
In primis, va precisato che in base alla normativa vigente, lo straniero può entrare regolarmente in Italia se in possesso del passaporto o altro documento di viaggio e del visto d’ingresso rilasciato dall’ambasciata italiana o dalle sedi consolari italiane del paese di residenza del cittadino straniero, per visita e turismo, per lavoro, per studio e ricerca, per motivi di ricongiungimento familiare. Il permesso di soggiorno, che avrà la durata prevista dal visto d’ingresso, andrà richiesto entro 8 giorni lavorativi dall’ingresso in Italia; inoltre, gli stranieri maggiori di 16 anni sottoscriveranno contestualmente alla richiesta di soggiorno l’accordo d’integrazione con lo Stato. L’ingresso è, pertanto, consentito con visti per soggiorno di breve durata, validi fino a 90 giorni, e per visti per soggiorni di lunga durata comportanti il rilascio di un permesso di soggiorno di lunga durata con motivazione identica a quella del visto. Il mancato rispetto di dette procedure porrà lo straniero nella condizione di “irregolare” e ne comporterà l’espulsione dall’Italia. A tale proposito, occorre precisare che gli stranieri espulsi non possono rientrare in Italia, salvo autorizzazione speciale o scadenza del termine del divieto di ingresso.
- Per quanto riguarda l’ingresso in Italia degli stranieri per motivi di lavoro si è fatto riferimento al “decreto flussi”: cosa prevede ed è ancora possibile presentare istanza?
I Decreti Flussi, emanati attraverso un DPCM in riferimento ai dati relativi al documento programmatico triennale sulle politiche dell’immigrazione, normalmente prevedono il numero massimo di cittadini stranieri provenienti dai Paesi extra UE che ogni anno possono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro stagionale, subordinato non stagionale ed autonomo. Vengono inoltre fissate le quote per convertire in lavoro i permessi di soggiorno rilasciati per motivi di studio o per convertire in lavoro subordinato non stagionale i permessi di soggiorno rilasciati per lavoro stagionale, oltre alla previsione di una riserva di quote per i cittadini provenienti da Paesi con i quali lo Stato ha concluso accordi per la regolamentazione dei flussi d’ingresso e delle procedure di riammissione. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con propria circolare ha reso nota la proroga del termine per la presentazione delle istanze a valere sulle quote previste dal DPCM 21 dicembre 2021 per la programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio nazionale, termine che si era chiuso lo scorso 17 marzo. Specificatamente, il differimento dei termini per la presentazione delle domande ha previsto quale nuova scadenza quella del 30 settembre del 2022, e riguarda gli ingressi in Italia dei cittadini formati all’estero e la conversione dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato ed autonomo, vista la disponibilità di ulteriori quote.
- Quali servizi fornisce lo studio Viglione Libretti & Partners in materia di immigrazione, asilo e permessi di soggiorno?
L’Italia ha – anche per motivazioni prettamente storiche e geografiche – da sempre dimostrato forte solidarietà e sensibilità nei confronti dei cittadini provenienti dai Paesi extra UE e, in generale, in tema di immigrazione, diritto d’asilo e accoglienza, e ciò è stato ulteriormente suffragato anche dalla risposta data dal nostro Paese in relazione alla crisi Ucraina, risposta che è stata compiuta ed immediata sia sotto l’aspetto umanitario che politico ed attuata anche attraverso l’attivazione degli strumenti di protezione temporanea. Lo Studio Viglione Libretti & Partners, da sempre attento ed attivo anche nell’ambito sociale ed in materia di diritti degli stranieri in Italia, fornisce consulenza e assistenza ai fini dell’espletamento delle pratiche necessarie per l’ottenimento, il rinnovo e la conversione dei permessi di soggiorno ed in materia di asilo e cittadinanza, fornendo ampio supporto nelle relative procedure e apprestando rappresentanza e assistenza – anche legale – presso gli Uffici competenti in materia di immigrazione e dinanzi l’Autorità Giudiziaria.