Pagamenti “lumaca” da parte della Pubblica Amministrazione verso le imprese, in particolare al Sud. E’ questo il dato a cui dà risalto la Confederazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre (CGIA).
“Tra acquisti, consumi, forniture, manutenzioni, formazione del personale e spese energetiche, nel 2023 lo Stato italiano ha sostenuto un costo complessivo di 122 miliardi di euro, ma ancora una volta non è riuscito a onorare tutti gli impegni economici presi con i propri fornitori – affermano da CGIA – I debiti commerciali della nostra Pubblica Amministrazione, infatti, continuano ad ammontare a circa 50 miliardi di euro, un importo che è praticamente lo stesso da almeno 5 anni. Le più penalizzate da questo comportamento così deplorevole sono le piccole imprese“.
Tra le Amministrazioni pubbliche più lente nel pagare i propri fornitori scorgiamo i Comuni, in particolar modo quelli del Mezzogiorno. Sebbene la situazione negli ultimi anni sia migliorata, nel 2023 la situazione più critica si è registrata a Napoli. Nel comune capoluogo Campania i fornitori sono stati pagati con 143 giorni di ritardo.
A Salerno, invece, il ritardo calcolato è di 41,58 giorni nel primo trimestre del 2024 e di 20,56 giorni nel 2023. Anche la Basilicata ha fatto registrare ritardi, classificandosi al terzo posto, tra i peggiori. Sono 13,66 i giorni di ritardo rispetto alla scadenza dei pagamenti dell’Amministrazione regionale. Male anche il Comune di Potenza con oltre 20 giorni.
Al Sud la ricerca registra una controtendenza per il Comune di Palermo che nel 2023 ha liquidato i propri partner commerciali con 65,5 giorni di anticipo. Nessun altro capoluogo di provincia d’Italia ha fatto meglio. Al Centro Nord, invece, il quadro generale è in massima parte positivo.
La Confederazione di Artigiani e Piccole medie imprese studiando le modalità di pagamento ha scorto delle pratiche che, a suo dire, destano qualche dubbio sul rispetto delle leggi in materia. “Una prassi che definire diabolica è forse riduttivo” commentano dalla CCGIA. L’iter prevede il saldo delle fatture di importo maggiore entro i termini di legge, mantenendo così l’Indicatore di Tempestività dei Pagamenti (ITP) entro i tempi previsti dalla norma, ma ritarda intenzionalmente il saldo di quelle con importi minori, penalizzando, così, le imprese fornitrici di prestazioni di beni e servizi con volumi bassi; cioè le piccole imprese.
Secondo la CGIA di Mestre ci sarebbe un’altra pratica dannosa in atto. “Da qualche tempo – fanno sapere dalla Confederazione – si è consolidata una nuova pratica ‘imposta’ da molti dirigenti pubblici, anche di società collegate alle Regioni e agli Enti locali, che decidono unilateralmente quando i fornitori devono emettere la fattura. Se questi ultimi non si attengono a questa disposizione, lavorare in futuro per questo ente o società sarà difficile. Dando l’autorizzazione all’emissione della fattura solo quando l’Amministrazione dispone dei soldi per liquidarla, queste strutture pubbliche riescono a rispettare i tempi di pagamento, aggirando così le disposizioni previste dalla legge. Una forma di abuso della posizione dominante che risulta essere decisamente ripugnante”.