Sono trascorsi 30 anni da quel 12 settembre del 1993. Era una domenica mattina ed Elisa Claps, 16enne di Potenza, era uscita di casa dicendo ai familiari che si sarebbe recata a Messa insieme ad un’amica. Non sarebbe mai più ritornata, lasciando in preda allo sconforto la mamma Filomena e il papà Antonio, i fratelli Gildo e Luciano. Oltre all’intera città. Il suo corpo senza vita, ormai mummificato, verrà ritrovato nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza soltanto il 17 marzo 2010.
Le indagini, che negli anni hanno subito “il freno” condizionato da una serie di influenze esterne, hanno consentito di appurare che la morte di Elisa avvenne lo stesso giorno della sua scomparsa per mano di Danilo Restivo, giudicato colpevole anche dell’omicidio di una sua vicina di casa, Heather Barnett, avvenuto nel 2002 in Inghilterra.
In questo anniversario particolare tante sono a Potenza le iniziative per ricordare Elisa. Nelle scorse settimane, inoltre, è stato pubblicato l’ultimo lavoro di Pablo Trincia, “Dove nessuno guarda”, un podcast originale di Sky Italia e Sky TG24 realizzato da Chora Media, che ripercorre meticolosamente tutta la storia che ha cambiato la vita della famiglia Claps.
Ondanews ha raggiunto telefonicamente Gildo, il fratello di Elisa Claps che in questi 30 anni ha letteralmente dedicato il suo tempo e le sue forze alla ricerca della verità, chiedendo giustizia per il sacrificio della sorella e scontrandosi spesso con i muri alzati dalle varie Istituzioni protagoniste di questo giallo che ha addolorato l’Italia intera.
- Cosa ricordi di quel 12 settembre di 30 anni fa? Quali sono le sensazioni che provi quando ripercorri con la memoria quelle ore?
Sono ricordi vivissimi, perchè in questi 30 anni ho dovuto ripercorrerlo infinite volte nelle mille occasioni sia giudiziarie che giornalistiche. Ricordo ogni minuto di quella mattina, da quando l’ho svegliata a quando l’ho vista uscire di casa con Eliana. La ricordo arrivare alla porta con la promessa di rivederci di lì a poco perchè dovevamo andare a pranzo in campagna dai miei. Poi ricordo la chiamata al citofono di Eliana in cui mi diceva che si erano perse di vista e l’inquietudine che provai fin da subito, fino alle ore drammatiche in cui ho scoperto che non erano andate a Messa insieme ma che Elisa doveva vedersi con Danilo Restivo. Dalle prime battute della telefonata che feci a lui ricordo il suo incedere balbettante e che non riusciva a giustificare i minuti che aveva trascorso con mia sorella. Mio fratello poi è andato direttamente da lui e ha visto la ferita alla mano. Così ricordai che un mese prima, quando ero in vacanza con Elisa, sulla spiaggia le si era avvicinato proprio Restivo e in quella occasione la vidi irrigidirsi. Mi spiegò che era un ragazzo sempre solo, un po’ strano. Le chiesi se le stesse dando fastidio e lei, che era buona con tutti, mi disse di non preoccuparmi e di lasciarlo stare. Ma il ricordo che non riesce a riaffiorare è quello dei giorni e dei mesi precedenti, perchè per me quel 12 settembre ha cancellato com’era Elisa prima della scomparsa. Per me è rimasta solo l’ossessione di scoprire la verità. Il libro su di lei (“Sono io Elisa Claps” di Mariagrazia Zaccagnino, ndr) restituisce Elisa alla luce, perchè per tutti è sempre stata una scomparsa. Invece grazie al libro viene fuori un bel ricordo e chi era davvero mia sorella, dato che nessuno ne parla mai, riducendo tutto al ‘Caso Claps’.
- Cosa è andato storto nelle indagini di questi anni? Pensi che se il fatto fosse accaduto ai giorni nostri tutto si sarebbe risolto in maniera più rapida?
Ci sono tante componenti. Il contesto è mutato anche grazie alla sensibilità che siamo riusciti a diffondere con l’associazione Penelope, facendo battaglie incredibili: siamo riusciti a introdurre la legge sugli scomparsi, eliminando le 48 ore per sporgere denuncia, e oggi c’è la possibilità di poter denunciare una scomparsa anche da parte di chi non è familiare. Per quanto riguarda il caso di Elisa c’è stata sicuramente tanta leggerezza, ma anche molto altro. Non è credibile che nessuno abbia mai ispezionato quella chiesa: quella domenica io feci il diavolo a quattro per farmi aprire la porta che conduceva ai piani superiori, ma non mi fu concesso. Questo non può essere dettato solo dalla superficialità. Pesa come un macigno la mancata acquisizione degli abiti insanguinati di Restivo da parte della pm Genovese. I tabulati telefonici di casa Restivo di quel giorno e dei giorni successivi sarebbero stati fondamentali e non sono mai stati acquisiti. Poi resta un’ombra incredibile sul ruolo della Chiesa: è evidente che il ritrovamento del corpo di Elisa il 17 marzo è stata una messa in scena. Non vi è dubbio che l’occultamento del corpo sia stato fatto da qualcuno nelle ore successive all’omicidio e non certo da Danilo Restivo, che sarà scappato in preda al panico. E’ stato praticato un foro circolare per favorire la fuoriuscita dei miasmi della putrefazione da qualcuno che sapeva ciò che faceva. Non è credibile che per 17 anni nessuno sapesse che Elisa era sepolta lì sopra. Inoltre negli anni ci sono stati tantissimi depistaggi, quindi è chiaro che si è messa in moto una macchina complessa per cui tutto non è riducibile soltanto alla superficialità nelle indagini.
- La chiesa della Santissima Trinità è stata riaperta di recente. Come vi siete sentiti in questa occasione tu, tuo fratello e vostra madre?
Lo ritengo l’ennesimo affronto alla memoria di Elisa e alla nostra battaglia per la verità. Aprirla furtivamente mette in rilievo l’imbarazzo della Chiesa. Inoltre ritengo terribile la targa che celebra in latino don Mimì come illustre pedagogo (don Mimì Sabia, parroco della Santissima Trinità nel periodo della scomparsa di Elisa, ndr). Rabbrividisco a pensare che per la Chiesa gli esempi di pedagoghi siano questi. Nella loro arroganza non hanno fatto alcun passo nei nostri confronti, non c’è stata alcuna assunzione di responsabilità e non ci sono state delle scuse definitive nei confronti della famiglia e dell’intera comunità. E’ incomprensibile il loro atteggiamento, se non nella misura in cui hanno pensato che prima o poi sarebbe passata anche questa tempesta. Però questa volta hanno commesso un errore, perchè non hanno valutato che la riapertura della chiesa della Trinità è avvenuta in un momento poco indicato che coincide con l’uscita dello straordinario podcast di Pablo Trincia, ascoltato da tantissime persone, con l’imminente uscita della fiction sul Caso Claps e con il trentesimo anniversario. Stavolta questa tempesta durerà parecchio.
- Dopo tutti questi anni e questo dolore cosa ha lasciato tua sorella Elisa alla città di Potenza e a chi ha vissuto da vicino questa triste vicenda?
Elisa ci ha lasciato un ricordo straordinario. Io e mio fratello la prendevamo in giro chiamandola ‘Suor Teresa’ perchè non riusciva a vedere il male in nessuno. Nella città c’è un ricordo di lei incredibile e in questi giorni tante persone ci stanno dimostrando un affetto fortissimo. Anche grazie al podcast la gente ha preso piena coscienza di ciò che è accaduto in questi anni, arriva come uno shock di coscienza collettivo. Esco in strada e tanti mi abbracciano e dicono di sentirsi colpevoli esattamente come chi in questi anni è rimasto in silenzio. Elisa non la dimenticherà nessuno e questo è tanto, perchè dà senso ai 30 anni in cui ci siamo battuti per la verità ma anche per mantenere vivo il suo ricordo.