“E’ una pista già battuta in passato dagli inquirenti. Se oggi ci sono altri indizi, noi non ne siamo a conoscenza, però questo interesse ci conforta, in quanto dimostra ancora una volta la tenacia degli investigatori, che da 55 mesi lavorano senza tralasciare nulla. A loro vanno i nostri ringraziamenti, in primis all’Arma dei Carabinieri”.
Con queste parole si apre l’intervento di Dario Vassallo, fratello del sindaco pescatore Angelo ucciso il 5 settembre 2010, riguardo la pista che fa riferimento ad un’inchiesta sullo spaccio di droga, avviata nel 2012 dalla procura di Vallo della Lucania e coordinata dall’allora sostituto procuratore Renato Martuscelli, poi trasferito alla Procura generale di Salerno.
Dagli atti emerge che il sindaco Vassallo aveva scoperto l’attività dell’allora genero Francesco Avallone (lasciatosi con la figlia pochi mesi dopo l’omicidio) e aveva avviato autonomamente un’indagine per capire la consistenza dello spaccio ad Acciaroli.
“Secondo me non ci sono piste nuove, sono solo vecchi indizi, vecchie tracce, che vengono ora riprese e scandagliate a fondo alla ricerca di qualcosa alla quale magari, in un primo momento, si è data poca importanza – ha dichiarato Dario Vassallo, presidente della Fondazione Angelo Vassallo, alla nostra redazione – Per noi chi ha sbagliato deve pagare e con questo non mi riferisco solo a chi direttamente o indirettamente è coinvolto nell’uccisione di Angelo, ma anche a chi non ha “adeguatamente preservato” la scena del crimine”.
“Io e mio fratello Massimo ci muoveremo nelle sedi istituzionali opportune, affinché ci vengano date delle risposte “scritte” adeguate – ha concluso – Sono trascorsi 55 mesi e i tempi sono maturi affinché ognuno, senza distinzione alcuna, si prenda le proprie responsabilità e paghi le conseguenze. Ci vorranno anni, ma per noi nulla sarà dimenticato o lasciato al caso“.
– Filomena Chiappardo –