Il Consiglio di Stato ha bocciato la proroga alla concessione delle licenze per gli stabilimenti balneari, inserita invece dal Governo centrale nel Decreto Milleproroghe.
Secondo un censimento redatto da Legambiente sono 12166 le concessioni in atto.
Le spiagge in Campania, ad esempio, sono occupate per il 70% da stabilimenti privati e la piccola porzione di suolo libero rimanente non è ampiamente fruibile perché a ridosso di scoli o di punti non comodamente accessibili. Inoltre, la durata di 6 anni delle concessioni, con estensioni di altrettanti anni, non solo non garantiva il pieno diritto di concorrenza, ma ha determinato un corrispettivo economico alle casse dello Stato davvero irrisorio. La causa è da rintracciare sia nell’evasione dei canoni, sia nel prezzo di per sé basso rispetto alle entrate dei singoli stabilimenti privati. Vale per tutti la dichiarazione fatta dal noto imprenditore Flavio Briatore che ha ammesso di aver fatturato, con la sua attività a Forte dei Marmi, 10milioni euro nella stagione 2022 e di averne versato solo mille al Demanio: “Un corrispettivo irrisorio”.
Degli effetti che potrebbero determinare lo stop alla proroga delle concessioni balneari abbiamo parlato con Michele Buonomo, membro della Segreteria nazionale di Legambiente, che da tempo studia, analizza e propone soluzioni al problema. E’ noto infatti il dossier “Spiagge Libere” redatto dall’associazione.
- La decisione presa dal Consiglio di Stato è una vittoria di Legambiente?
Ritengo sia una vittoria, benché parziale dal momento che questa decisione dovrà essere applicata (in Italia abbiamo la cattiva abitudine di non rispettare neppure le sentenze). E’ una vittoria dei cittadini per i quali Legambiente in questi anni si è battuta, oltre che per le ragioni ambientali. Molto spesso sono coincidenti questi interessi: il demanio è patrimonio della comunità.
- Cosa cambierà da gennaio 2024?
Se venisse applicata la legge, ci dovrebbe essere un riequilibrio a livello nazionale tra le concessioni e le spiagge accessibili liberamente, il che non significa senza servizi. Dovrebbe esserci una rivisitazione dei canoni demaniali perché i cittadini, attraverso le casse dello Stato, ricevono molto poco da questo bene che viene privatizzato per il tornaconto di pochi. Sono 12166 le concessioni; le risorse economiche che dovrebbe ricevere lo Stato andrebbero poi trasferite alle Regioni che a loro volta le affiderebbero ai Comuni. Questi ultimi dovrebbero investirli in servizi di manutenzione, gestione e miglioramento delle spiagge pubbliche, come avviene negli altri Paesi europei.
- Ad oggi il 70% delle spiagge in Campania è occupata dagli stabilimenti balneari privati. Con questa nuova fase che si sta prospettando si prevede di diminuire numericamente le concessioni o soltanto la durata?
In questo momento è in discussione il PUAD (Piano Urbanistico delle Concessioni Demaniali) che riguarda proprio la concessione delle spiagge. Anche la Campania, non solo è in ritardo, ma mette a repentaglio il principio di una ridistribuzione equa tra spiagge libere e quelle in concessione. Molto spesso quel 30% di spiagge libere non è immediatamente fruibile o per ragioni ambientali o per i servizi mancanti. Come Legambiente chiediamo, nel caso della Campania, una riduzione, una razionalizzazione perché in alcuni casi interi litorali sono stati affidati a privati. Si è creata quindi una sorta di barriera di accesso al mare.
- Si prevede dunque la presenza di un minor numero di stabilimenti balneari però sostenibili…
Credo che non si debba nemmeno più citare la parola “sostenibile” nell’offerta dei servizi, perché o si è “sostenibili” o si è “insostenibili”. Dovremmo fare in modo che il mare venga restituito al panorama di una città, di un paese, quindi pensare a strutture amovibili, così come descrive la legislazione europea. Qualche piccolo passo è stato compiuto in questa direzione, anche in Cilento, dove vi è la presenza dei Lidi del Parco con cui si sta provando a delineare la forma di sostenibilità ambientale e sociale, dialogando di più con il territorio. Ritengo che sia una sfida di innovazione, di modernità.
- Qual è il rapporto tra Legambiente e Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni?
Il Parco per noi è un elemento importantissimo della geografia politica, territoriale, ambientale e umana della nostra regione. Ci teniamo moltissimo come a tutte le altre aree protette perché rappresentano una garanzia di futuro innanzitutto per la biodiversità locale, poi per quella nazionale e globale. Dopo un periodo di riconoscimento, le aree protette stanno perdendo appeal nella classe politica che non le ha mai amate particolarmente. Noi di Legambiente riteniamo invece che per i Parchi nazionali campani sia necessario che il Governo dia immediatamente delle indicazioni definitive per l’individuazione dei vertici perché ogni giorno perso è un giorno che mette a repentaglio la funzionalità istituzionale del Parco, ma soprattutto la biodiversità e la percezione che ne ha il cittadino.
- Ci sono delle azioni mirate che si rivolgono alle spiagge del Cilento?
Attraverso la Guida Blu, che Legambiente realizza da anni assieme al Touring Club, sottolineiamo la bellezza del mare del Cilento, la pulizia, la sua salubrità. Ci sta molto a cuore il discorso delle spiagge. Credo che il Parco abbia l’obbligo di rilanciare un nuovo dinamismo per valorizzare queste importanti risorse che fanno del Cilento il Cilento.