– Lettera aperta alla redazione da una madre di Sant’Arsenio –
E’ con rammarico, ed anche con un po’ di amaro in bocca, che devo dar voce ad uno spiacevole episodio che ha riguardato la mia famiglia ed in particolare il mio primo figlio, Giuseppe.
Giuseppe ha 44 anni ed è affetto da sclerosi tuberosa, una malattia genetica rara che colpisce diversi organi, con un’estrema variabilità di manifestazioni cliniche. È dovuta a un difetto nel controllo della proliferazione e differenziazione cellulare che porta alla formazione di tumori benigni multipli localizzati prevalentemente a livello cerebrale, renale, cardiaco, polmonare e cutaneo.
Dunque, da circa 20 anni Giuseppe frequenta per via della sua disabilità un Centro sociale multifunzionale per disabili a Caggiano, frequentazione quotidiana che si è interrotta nel periodo del Covid essendo comunque un paziente a rischio. Quest’anno, dopo tutti gli accertamenti e le accortezze del caso, mio figlio sarebbe dovuto ritornare a scuola.
Abbiamo avuto un incontro a Polla con due assistenti sociali, con la psicologa e con la coordinatrice del Centro, che chi hanno spiegato e richiesto tutte le pratiche necessarie affinché mio figlio potesse ritornare a frequentare l’istituto regolarmente. Abbiamo risposto a tutti i questionari, elencato tutti i farmaci necessari. E fin qui tutto bene. Lo scorso venerdì mi sono recata al Centro per portare il certificato medico in cui sono indicati i dosaggi dei farmaci da somministrare a mio figlio, concordando anche che sarebbe stato preso e riportato e casa dal pulmino, come più volte richiesto, e l’incontro si è concluso nel migliore dei modi con Giuseppe che avrebbe dovuto iniziare a frequentare la struttura lunedì 4 novembre.
Sono tornata a Sant’Arsenio per firmare gli ultimi documenti e appena uscita dal Municipio mi ha richiamata la responsabile del Centro dicendomi che a causa di un imprevisto mio figlio non avrebbe potuto prendere più il pulmino come negli anni precedenti perché un altro ragazzo era venuto meno, dunque non avrebbero potuto prendere un mezzo di trasporto più grande e di conseguenza il posto per mio figlio non c’era più.
Dunque mi chiedo, se negli anni scorsi è sempre stata trovata una soluzione, perché quest’anno sono stata liquidata con una scusa del genere? Perché non mi è stato detto in fase di colloquio ma soltanto al termine di tutti gli accertamenti? Sarà perché sul pulmino non c’è l’assistenza adeguata di cui mio figlio, come anche gli altri disabili (per legge), avrebbe bisogno? Ho chiesto l’assistenza nell’accompagnamento sin dal primo incontro. Sarà che avranno voluto escluderlo dal Centro per mancanza di adeguata assistenza professionale?
Come soluzione, inoltre, la coordinatrice mi aveva proposto di portare personalmente mio figlio così avrei anche risparmiato sui costi di trasporto. Costi, tra l’altro, che non sarebbero stati per nulla abbattuti perché dovremmo percorrere il tragitto 4 volte al giorno. E’ questa l’assistenza che si offre ad una famiglia con una persona disabile in casa?