Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 4 dicembre la Suprema Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di condanna della Corte di Assise di Appello di Potenza emessa nel dicembre del 2015 nei confronti del Maresciallo dei Carabinieri Giovanni Cunsolo per la morte del giovane di Buonabitacolo Massimo Casalnuovo, rimettendo gli atti alla Corte d’Appello di Salerno per un nuovo esame e provvedere a colmare le contraddizioni e le lacune motivazionali della sentenza impugnata così come evidenziato dalla Suprema Corte stessa. La Cassazione ha accolto, tra i motivi del ricorso proposto dall’imputato avverso la sentenza di secondo grado, quello che lamenta il difetto di motivazione con il conseguente assorbimento dei residui motivi di impugnazione a fronte dell’annullamento con rinvio necessitato dall’esigenza di colmare alcune lacune motivazionali. La Corte, nello specifico, ha osservato che la sentenza impugnata dal Maresciallo Cunsolo non assolve compiutamente all’onere di motivazione rafforzata che si pretende in caso di ribaltamento della sentenza assolutoria resa dopo il rito abbreviato. Il giudice di Appello, infatti, ha l’onere di dimostrare specificamente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico con una rigorosa analisi critica seguita da una convincente motivazione che dia ragione delle scelte operate.
La Cassazione mette in evidenza il fatto che la sentenza di Appello non si confronta compiutamente con la motivazione di primo grado riguardo all’esito dell’accertamento di compatibilità cromatica della vernice presente sulla suola di una scarpa destra di ordinanza del Maresciallo di colore compatibile con il blu del motorino. Nello specifico la Corte Suprema ritiene che il giudice di secondo grado non abbia tenuto conto dell’argomento indicato dal primo giudice circa le modalità e i tempi con i quali è stata reperita la scarpa esaminata dal consulente del pm. Quest’ultima è stata prelevata due giorni dopo l’incidente nel corso di una perquisizione durante la quale erano state prelevate 6 calzature di servizio del militare “rilevando l’incertezza – come si legge nelle motivazioni della sentenza – che quella esaminata fosse proprio la scarpa destra calzata la sera dell’incidente“.
“Alcun riferimento si rinviene nella sentenza impugnata – afferma il Presidente Antonio Settembre nelle motivazioni della sentenza di annullamento – rispetto all’accertamento tecnico svolto dalla Polizia Stradale e dal consulente Martone il 9 dicembre 2011, riportato nella sentenza di primo grado, dal quale emerge che il motorino era stato modificato e presentava difformità rispetto alle caratteristiche tecniche, registrando velocità superiore al limite massimo consentito per il tipo di veicolo“. Secondo la Suprema Corte la pronuncia di condanna non si confronta con l’incidenza di questa circostanza con lo sbandamento del mezzo in seguito all’impatto con il militare nè con la sentenza di assoluzione che individua come concausa dell’incidente proprio l’elevata velocità del motorino.
La Cassazione, inoltre, evidenzia che la Corte d’Appello, quando sostiene che la lieve lesione al piede sinistro riportata da Cunsolo sia incompatibile con l’ipotizzato violento schiacciamento dovuto a un investimento da parte del motorino di Casalnuovo, non si confronta con le argomentazione del Giudice dell’udienza preliminare laddove ritiene che un violento calcio sferrato nella parte posteriore del mezzo ne avrebbe determinato sicuramente l’immediata caduta e che invece un calcio di minore intensità avrebbe consentito al ragazzo di recuperare subito il controllo del motorino. La sentenza che assolve Cunsolo evidenzia il successivo andamento a zig zag del mezzo per alcuni metri dopo l’impatto con il militare e prima di terminare la sua corsa contro la ringhiera di protezione del torrente Peglio e lo spigolo di coronamento del ponticello. “La Corte territoriale – scrive il giudice di Cassazione – sul punto rende una motivazione insufficiente limitandosi ad esporre in modo generico che l’ostacolo, rappresentato dal corpo del Cunsolo, viste le lievi lesioni al piede sinistro refertate, non poteva essere considerato tale da provocare una perdita di controllo del mezzo così significativa come quella che aveva portato alla caduta del conducente; ciò peraltro senza confrontarsi con il dato valorizzato nella sentenza assolutoria della velocità sostenuta con la quale era avvenuto il passaggio del ciclomotore tra i due militari per sottrarsi all’alt“.
Sempre in merito al presunto calcio sferrato dal carabiniere la Cassazione evidenzia che “va rimossa l’evidente illogicità della motivazione della Corte territoriale ove viene prospettato che il Cunsolo abbia sferrato il calcio con il piede destro, mentre il ciclomotore passava su quello sinistro, delineando una dinamica se non altro difficoltosa per mancanza di spazio, tenuto conto anche delle condizioni di tempo in cui si è svolta rapidamente l’azione descritta“.
Importante un aspetto sottolineato dalla Suprema Corte e che è inerente alla natura della condotta dell’imputato. “Soltanto l’accertamento senza ombra di dubbio della volontà di colpire il ciclomotore prefigurandosi la caduta del centauro – si legge – può condurre a configurare il dolo di lesioni e, dunque, l’omicidio preterintenzionale. Viceversa, ove l’atteggiamento psicologico dell’agente sia stato soltanto quello di procedere al fermo del mezzo per procedere ad un controllo o elevare contravvenzione, la condotta può, al più, integrare un comportamento imperito o imprudente che imporrebbe di qualificare il fatto come omicidio colposo“. In sostanza, secondo la Cassazione, il giudice di secondo grado ha motivato in modo insufficiente e contraddittorio in merito all’accertamento del dolo eventuale “che non può farsi discendere, puramente e semplicemente, dall’azione del Cunsolo sul mezzo, vista l’attività di servizio che comunque il militare stava svolgendo. Nè sono stati prospettati nella motivazione elementi da cui desumere che l’imputato avesse motivo di voler provocare lesioni“.
– Chiara Di Miele –
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