Si sarebbe dovuto decidere questa mattina, al cospetto del Gip Sorrentino presso il Tribunale di Lagonegro, il rinvio o meno a giudizio di 7 medici iscritti nel registro degli indagati per la morte di Massimiliano Malzone, il 39enne di Montecorice che perse la vita l’8 giugno del 2015 nel Centro di Igiene Mentale dell’allora ospedale di Sant’Arsenio dove era stato ricoverato in regime di Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Nell’udienza odierna, però, il Gip ha richiesto un’integrazione istruttoria rinviando nuovamente al 27 gennaio del 2021. Tanti i rinvii disposti in questi 5 anni e mezzo dalla morte di Massimiliano e l’emergenza Covid ha contribuito ad allungare i tempi, già lunghi, della giustizia.
Massimiliano Malzone morì dopo 12 giorni di TSO. Ai parenti fu consegnato uno zaino contenente delle maglie intime sporche di urina. Questo aspetto li spinse a presentare denuncia e dalla relazione del medico legale Adamo Maiese emerse che il 39enne era stato sottoposto a contenzione fisica, ma non continua e mai con il blocco di tutti gli arti.
La famiglia ha sempre preteso di sapere se questo regime possa aver contribuito ad aggravare l’effetto dei farmaci, letali per il proprio caro. Malzone, infatti, morì in seguito ad un arresto cardiaco provocato dall’azione di una serie di medicinali che gli erano stati somministrati durante il ricovero. I suoi familiari hanno sempre fatto leva sull’incongruità tra la potente terapia farmacologica praticata su Massimiliano e la patologia degenerativa di cui soffriva, una paraplegia spastica ereditaria.
La richiesta di integrazione odierna da parte del giudice è rivolta proprio al dottore Maiese che, nella prossima udienza, dovrà rispondere ad un quesito posto dalla Procura. Rientrava nella diligenza dei medici indagati un controllo cardiaco, quindi un elettrocardiogramma, più puntuale, considerata la somministrazione al 39enne di determinati farmaci?
La famiglia Malzone è rappresentata dall’avvocato Michele Capano. “A cinque anni e mezzo di distanza dalla morte di Massimiliano – afferma il legale – come Repubblica non siamo stati in grado neanche di decidere se questi medici debbano o meno essere processati. Oggi non chiedevamo che venissero condannati, ma almeno che si decidesse a favore o a sfavore del rinvio a giudizio. E’ un ritardo inaccettabile per la famiglia che chiede chiarezza e risposte sulla morte di Massimiliano“.
– Chiara Di Miele –
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