Lo sbarco a Salerno delle forze alleate, noto con il nome in codice Operazione Avalanche, è avvenuto nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943 ed ha rappresentato un capitolo fondamentale per la liberazione dell’Italia dal regime NaziFascista. Purtroppo questa operazione, troppo spesso, viene “oscurata” dal più noto sbarco in Normandia nonostante abbia coinvolto ben 170.000 uomini (inglesi e americani) oltre che navi, mezzi da sbarco, mezzi terrestri e armamenti vari.
Da diversi anni, fortunatamente, sono tante le iniziative organizzate che hanno l’obiettivo di tenere viva la memoria di questo avvenimento così importante per il nostro Paese (nel 2012 è stato inaugurato anche il Museo dello sbarco e di Salerno Capitale con sede in via Generale Clark a Salerno) e tra queste vi è il libro dal titolo “Un cielo perfetto”, della professoressa Lucia Campanella, ambientato proprio tra Salerno, Castellabate e Licosa in cui si parla anche della vicenda del sommergibile Velella.
Ne abbiamo parlato con la professoressa Campanella nell’intervista che segue.
- Lei è un’insegnante e scrittrice di Foggia. Come mai ha deciso di scrivere un libro ambientato in Campania, in particolare tra Salerno e il Cilento?
Mi sono innamorata di Castellabate dalla prima volta che sono stata in vacanza con la mia famiglia, nel 2016. Esplorando la zona, ho poi avuto modo di conoscere la triste storia del sommergibile Velella, la cui lapide commemorativa si trova a Licosa. Lungo il tragitto che porta da San Marco a Licosa ho immaginato una giovane donna che è in attesa di notizie di suo fratello, scomparso con il sottomarino e che si innamora proprio di colui che crede essere suo nemico.
- Chi sono i protagonisti del romanzo?
Tre donne, apparentemente distanti nel tempo e nello spazio. Lina De Michele, sorella di uno dei marinai morti tragicamente nel bombardamento del sommergibile Velella, viene tratteggiata sia nel passato, ovvero nel 1943, che nel presente quando, ormai anziana, si ritrova a essere testimone del ritrovamento del relitto. Sua figlia Agata, donna indipendente e insicura, ha con sua madre un rapporto difficile, soprattutto dopo la scoperta di una verità scomoda. Jane, una giovane ricercatrice inglese, con alle spalle un matrimonio fallito, viene richiamata proprio nei luoghi dove ha vissuto dei momenti felici e tempestosi con suo marito e dovrà occuparsi dei documenti da tradurre, proprio quelli della storia del sommergibile, il cui nome ho volutamente modificato per non turbare i familiari delle vittime. E’ proprio Jane l’elemento involontario di raccordo che tenterà di comporre le fila di quanto accaduto, cercando di riannodare le vite di tutti.
- Come nasce il titolo “Un cielo perfetto”?
Ferma al semaforo in fondo a via D’Addedda, una delle tante strade di Foggia che percorro quotidianamente, un giorno, anziché fissare lo sterzo e preparare la leva del cambio in procinto di ripartire, poso lo sguardo sullo spettacolo di colori che mi sta offrendo il cielo della mia città. In mente ho già da un po’ la storia di due che si rincorrono in un tempo lontano e che tentano di non perdersi. Capita anche che decida all’improvviso e senza dubbi che quei due possano essersi incontrati davvero sotto un cielo così, indiscutibilmente perfetto. I colori sono tanti, dal rosso intenso al rosa pallido, il sole filtra ancora giocando tra mille sfumature e mi lascia incantata, al punto di non ripartire quando il verde mi dà il permesso di procedere. Ho perso la voglia di andare in qualsiasi luogo e vorrei solo aspettare che l’ultima pennellata venga spazzata via dal buio, ma metto la prima, procedo e raggiungo la destinazione. Intanto si fanno più chiari e delineati gli attimi di quell’incontro tra Lina, giovanissima abitante di Licosa e James, tenente dell’esercito inglese.
- Nel libro parla di fatti storici realmente accaduti, tra cui l’operazione Avalanche. Quanto è stata importante questa operazione nel corso della campagna d’Italia?
L’Operazione Avalanche ha aperto, anche se non nei tempi previsti, la strada per gli alleati affinché raggiungessero Napoli. Fu un’operazione lenta e dolorosa, con illusioni e fallimenti, durante la quale i tedeschi persero e poi riconquistarono obiettivi importanti.
- Secondo lei viene attribuita l’adeguata importanza a questa operazione? Viene studiata a scuola?
Devo ammettere che a scuola lo sbarco di Salerno viene citato in coda all’annuncio dell’armistizio e che si parla più estesamente della campagna di Normandia, resa celebre anche da film di successo. Credo che sarebbe giusto attribuire anche a questa operazione la giusta importanza e rilievo, soprattutto perché diede il via alla presa di coscienza del popolo italiano e alla progressiva e dolorosa liberazione dal giogo nazi-fascista.
- Nel libro parla anche della vicenda del sommergibile Velella, ci può spiegare di cosa si tratta?
Quando sono stata a Licosa la prima volta, sono rimasta colpita da una lapide che si trova nei pressi del molo, dedicata alla memoria di un intero equipaggio che ha perso la vita nell’affondamento del sommergibile Velella. La storia è particolarmente tragica: poco prima che si diffondesse la notizia dell’armistizio del 1943, lo sfortunato Velella navigava al largo di quelle acque e fu silurato dagli inglesi. Nessuno sapeva ancora la notizia che avrebbe potuto cambiare la sorte di quei poveri marinai che giacciono ancora lì, negli abissi di un mare meraviglioso. Negli anni Settanta alcuni pescatori al largo sentirono qualcosa impigliarsi nelle loro reti e fu così che vene scoperto il luogo esatto della tragedia.
- C’è un fatto che l’ha particolarmente colpita leggendo le varie documentazioni necessarie alla stesura del libro? Può raccontarcela?
Sono rimasta davvero affascinata dalle vicende tristi del sommergibile, dalla fatalità dell’evento che dimostra davvero come un solo attimo possa influire, modificare, stravolgere le vite di persone innocenti. Tutto quello che ne è venuto è stato dolorosissimo, così come sapere che nel profondo di una mare stupendo, dove non ti aspetti, giacciono ingiustamente sepolti dei marinai valorosi e sfortunati, che come tanti sono stati vittime del crudele gioco della guerra.
- In conclusione, quali sono le riflessioni e gli spunti nati in seguito alla scrittura di questo romanzo?
Le vicende del romanzo ruotano attorno alla parola d’ordine “perdono”, implorato, rifiutato, poi concesso. Il perdono è necessario ai protagonisti per tirare avanti, per fare pace con un passato scomodo e tentare di vivere un futuro decoroso e in pace con la propria anima e con quelle di chi li circonda.
Lucia Campanella nasce a Foggia il 16 settembre 1976. Laureata in Lettere nel 2001 e in Scienze storiche e sociali nel 2010 si dedica a tempo pieno all’attività di insegnamento dal 2002.
Sposata, con tre splendidi bimbi, riscopre un’antica passione per la scrittura e si immerge nella stesura del suo primo romanzo storico, La strada madre, edito da Montag nel 2019, ambientato a Chicago negli anni Trenta del Novecento.
Condivide con la sua famiglia l’amore per la musica e per i viaggi, che spesso offrono spunti e scenari per le sue storie e i personaggi che le animano.