Dopo il licenziamento per motivi disciplinari, a distanza di 12 anni è stato reintegrato nell’azienda a titolo definitivo, con una sentenza della Corte di Appello di Salerno. Protagonista della vicenda è un uomo di 42 anni, di Lagonegro, che nel gennaio del 2006 è stato licenziato da un’azienda di trasporti perché accusato, mentre era in ferie, di aver guidato un mezzo di una ditta concorrente per un viaggio di una settimana bianca.
Dodici anni fa è iniziato il procedimento davanti al giudice del lavoro del Tribunale di Lagonegro per chiedere il reintegro. Un anno più tardi una sentenza del giudice di Lagonegro stabilì che il licenziamento dell’uomo, all’epoca 30enne, era illegittimo e che non doveva essere reintegrato ma solo risarcito indenaro. Poi nel 2014 il ricorso alla Corte di Appello di Potenza, che rigettò la stessa richiesta fatta a Lagonegro, confermando quanto già stabilito dal giudice del lavoro, motivando il rigetto nel fatto che la domanda di riassunzione non era stata avanzata nel ricorso di primo grado. Ma l’uomo ha comunque deciso di non mollare e di andare avanti, per vedersi riconosciuti i suoi diritti.
Ha così proposto ricorso in Cassazione, che con una ordinanza pubblicata a novembre 2017 annulla la tesi dei giudici della Corte di Appello di Potenza e chiede una nuova rinuncia, rinviando gli atti ad un diverso distretto giudiziario. Così la Corte di Appello di Salerno, con una sentenza, ha ordinato il reintegro del dipendente, in riferimento al vecchio testo dell’articolo 18, che impone la riassunzione del dipendente a prescindere dai motivi. Non ha retto la tesi difensiva dell’azienda, che aveva puntato sul fatto che per una piccola azienda con meno di 15 dipendenti il reintegro non sarebbe stato possibile.
Per l’autista, che ha sempre respinto l’accusa di aver guidato un altro mezzo, anche il diritto al risarcimento del danno, dal periodo del licenziamento fino alla data del ritorno sul posto di lavoro, ma dovrà restituire eventuali compensi percepiti dalla società.
– Claudio Buono –