Lettera aperta alla redazione di Franco Iorio
Occorre parlarne perché nella quantità di notizie vere, meno vere e fasulle, può sfuggire un processo che comporterà conseguenze drammatiche per noi meridionali. Per “autonomia differenziata” si intende una forma maggiore di indipendenza-autosufficienza-libertà delle Regioni che l’art. 116 della Costituzione prevede a seguito della riforma del 2001. Però tale forma potenziata di autonomia va stabilita con una legge speciale conseguente a una intesa in materia finanziaria fra Stato e Regione, con il parere degli enti locali interessati. E così a pag. 112 del DEF (legge di bilancio 2019) approvato dal nuovo governo leggiamo che “l’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni” é “una priorità”.
Potevano, dunque, Regioni come il Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna non approfittarne? E’ stata denominata subito la “secessione dei ricchi” questa che ha messo in allarme la parte migliore del meridionalismo nostrano, tra cui Gianfranco Viesti e Pino Aprile. La questione è presto detta: le citate Regioni chiedono allo Stato il passaggio di competenze su svariate materie, tra cui la salute, il lavoro, l’ambiente, l’istruzione. Con l’intesa che il fabbisogno della spesa occorrente verrebbe correlato al gettito fiscale di ogni Regione. Come dire che se sei un cittadino ricco per cui paghi più tasse, hai diritto a una maggiore spesa pubblica. E però i soldi non ricadono sul bilancio della Regione, bensì su quello dello Stato. Dunque, si tratta di una maggiore compartecipazione al gettito dei tributi erariali. E’ la spettanza di una fetta più grande della torta complessiva, a svantaggio di altre Regioni ove il gettito fiscale è minore.
Ecco il quadro del nostro futuro: italiani di serie A e italiani di serie B. Ai primi verranno riconosciuti maggiori diritti per la fruizione dei servizi sulle materie demandate, ai secondi la beffa per il carico delle spese aggiuntive per le Regioni più ricche. Ora il progetto governativo verrebbe concretizzato già a metà di febbraio, sia pure gradualmente a cominciare dalla regionalizzazione della scuola. Si prevedono aumenti di stipendio per insegnanti e professori del Veneto, della Lombardia, dell’Emilia Romagna, perché lavorano nelle scuole frequentati da studenti ricchi. E poco importa se nelle nostre periferie si continua la sofferta vita di sempre. Nulla impedisce successivamente l’introduzione del requisito della residenza per l’accesso all’insegnamento e imprevedibili limitazioni alla mobilità del personale. Sembra evidente che la pretesa di dette Regioni sia riconducibile alla consapevolezza di una maggiore efficienza dei servizi e a una più accorta vicinanza alle popolazioni. Il che è tutto da dimostrare.
Però ecco come è possibile sfasciare l’Italia quando a prevalere sono logiche populiste e demagogiche. Si avvera l’ambizioso progetto che vide la luce nel febbraio 1991: il sogno del federalismo benedetto sul prato di Pontida. Per ottenere “l’autonomia differenziata” i governi regionali dicono che rinunciano alla lotta per ottenere l’autonomia fiscale, ossia il mantenimento nelle proprie casse del gettito fiscale. Ma poi cercano di avere dal governo il riconoscimento di un maggiore fabbisogno di spesa da finanziare trattenendo introiti di tasse territoriali. Ora tutta la concertazione sull’autonomia tra Regioni e Governo si sta effettuando in forma direi confidenziale, nel più assoluto silenzio, per poi redigere un disegno di legge da fare approvare in Parlamento, senza possibilità di emendamenti. E una volta approvata, la legge non potrà essere modificata per dieci anni senza il consenso della Regione interessata. Ecco, così le Regioni ricche viaggeranno per conto loro, lasciando alle Regioni povere, ossia alle nostre del Sud, l’elemosina dell’assistenza.
– Franco Iorio –