Amore e passione per la musica, un sodalizio scritto non solo nel sangue ma anche nel cuore. E a lei, Diana Winter, trema la voce mentre definisce la musica come “una delle cose più belle della vita”.
Cantante, corista, autrice e musicista, nata e cresciuta in Toscana, è figlia del ginecologo originario di Buonabitacolo Bruno Frodella e di una pianista austriaca. Inizia da piccola ad appassionarsi alla musica.
Vanta collaborazioni con Toots Thielemans, Phil Gould, Mike Lindup (Level 42), Fabio Balestrieri, esibendosi in Italia, Inghilterra, Olanda, Germania, Austria, Belgio. Nel 2007 viene notata da Giorgia e nel 2009 viene scelta come vocalist per il suo tour.
La cantautrice ha sempre dichiarato che “quando intrecciamo le nostre voci mi sembra di sentire la mia raddoppiata”. Diana, impegnata in un’intensa attività live in tutta Europa, ha lavorato ad alcuni suoi progetti. Nota anche la partecipazione al programma “The Voice of Italy “. È inoltre docente al Saint Louis College of Music.
Attualmente è impegnata nel tour “Blu live” con Giorgia e, tra una pausa e l’altra, ci ha concesso una chiacchierata.
- Diana, come nasce la tua passione per la musica?
È nata grazie ai miei genitori. Mio padre, appassionato di musica, mi faceva ascoltare da Pino Daniele ai Dire Straits. Mi ricordo questi lunghi viaggi in auto da piccola, per scendere giù in paese, a Buonabitacolo, da Firenze. Ascoltavamo le musicassette e ricordo ancora a memoria tutti gli assoli di chitarra di Mark Knopfler. Mia madre, invece, è una pianista classica che mi ha dato la possibilità di apprezzare le suonate per pianoforte e mi ha dato modo di crescere con questi bellissimi ascolti.
- Quali sono le esperienze più significative che hanno caratterizzato il tuo percorso formativo?
Sicuramente le esperienze musicali sono state tutte importanti e formative. Dagli studi di chitarra classica da bambina a quando ho iniziato a cantare nel coro di Nehemiah Hunter Brown a Firenze, da quando ho iniziato a collaborare con Fabio Balestrieri, mio amico negli anni, alla collaborazione con Giorgia, un sodalizio che ha quasi 15 anni, ma anche l’incontro con Phil Gould e i concerti all’estero. La musica mi ha fatto fare esperienze di vita, i viaggi gli incontri, il tutto si è intrecciato.
- Chitarrista, vocalist di Giorgia e Noemi e una collaborazione con Drusilla Foer. La stessa Giorgia più volte ha espresso parole di stima nei tuoi confronti. Come ci si sente ad accompagnare artiste di nota fama e quanto lavoro c’è dietro?
Sicuramente c’è tanto studio, tanta determinazione, tanta passione e anche tanta capacità di reinventarsi. Ci sono momenti, credo in tutte le libere professioni, ma specialmente nelle carriere artistiche, in cui pensi ‘oddio non so più che fare’ e lì bisogna investire su sé stessi. Quindi sì, c’è grande investimento su me stessa ma anche sulla mia serenità che continua a portarmi a fare quello che faccio.
- Attualmente sei impegnata in tour proprio con Giorgia in tutta Italia. Racconta.
Questo è il quarto tour che faccio con Giorgia, è sempre emozionante. Abbiamo fatto quest’anno prima i teatri, poi le arene e ora i palazzetti, è davvero molto bello. Molte persone sono rimaste, altre sono cambiate, adesso ci troviamo con una band simile ad una famiglia dove il capitano è Giorgia e dove stiamo bene insieme sia umanamente che musicalmente. E’ davvero una grande emozione tutte le sere!
- Hai anche progetti tuoi come professionista?
Si assolutamente, ho un progetto mio come cantautrice per cui scrivo musica originale. Amo anche riarrangiare pezzi e fare l’interprete, credo sia una cosa molto sottovalutata. Mi piace prendere la musica che è di dominio pubblico e renderla mia, riempirla di un mio significato. Credo ci sia molta creatività in questo.
- Spesso hai contribuito a progetti contro la violenza sulle donne. La musica può essere anche strumento di sensibilizzazione?
La musica è uno strumento di sensibilizzazione anche se per l’uso, anzi abuso, che ne viene fatto oggi l’ascoltatore, purtroppo, ha perso quella ricettività che prima la rendeva speciale. Oggi c’è tanto di tutto e il consumo è superficiale, il problema non è della musica ma dell’ascoltatore. E’ una piaga culturale, ma anche per il modo in cui viene veicolata la musica attraverso tutti questi media che la banalizzano come forma d’arte. C’è tutta una serie di persone che fanno musica e che ne giovano e salgono sul carrozzone che è l’intrattenimento. Sarebbe bello se ci fosse un evento, tipo ‘Una, nessuna, centomila’ magari fatto dagli uomini, non da Giorgia, Laura Pausini, Fiorella Mannoia, Emma, Elisa, Gianna Nannini, ma organizzato da Ligabue, Vasco, Biagio Antonacci, Zucchero, Eros Ramazzotti o tutti questi rapper che hanno molta presa mediatica. Sarebbe bello anche un evento sportivo, il target sarebbe molto più efficace, dato che lo sport è principalmente un ambito maschile che potrebbe offrire grande supporto.
- Una volta per un musicista di talento l’unica possibilità di emergere era vincere un prestigioso concorso, oggi un ruolo fondamentale lo giocano i talent. Cosa ne pensi? E quanto invece ti è servito nella tua esperienza?
Questo purtroppo ha a che fare con l’evoluzione e come la musica è stata veicolata negli ultimi anni. 100 anni fa si facevano le prime registrazioni, era impensabile ciò che si fa oggi. Oggi tutto cambia e anche la musica è uno di quei prodotti che vengono veicolati dai media, quindi sì, è un modo per essere visibili. Non solo attraverso i talent, ma anche con i social media. Da un lato penso sia l’evoluzione naturale, i media sono nelle vite delle persone ed è un’opportunità che gli viene data. Dall’altro ha un impatto terribile sulla cultura e sulla musica, sia a livello economico che qualitativo. Gli unici numeri che vengono considerati dalle case discografiche, se vogliono investire su di te, sono quelli dei social media, che però non sono un target rappresentativo della popolazione, escludono una parte di persone che non ne fanno uso e che non monetizzano. Sono i giovanissimi che fanno numeri e poi probabilmente anche a livello di gusti c’è una fetta di popolazione più omologata alla società in cui viviamo e un’altra più alternativa che non viene calcolata.
- Una parte di te è legata a Buonabitacolo. Quali ricordi di questo territorio porti nel cuore? Ci torni spesso?
Io ho bellissimi ricordi ma anche un bellissimo presente! Questa estate ero in tour e sono stata limitata, ma ogni anno scendo a Buonabitacolo. E’ una terra stupenda, ogni anno spunta qualcosa di nuovo da visitare e sono molto fiera di questi luoghi che vantano una ricchezza straordinaria. Mi auguro che rimangano così e soprattutto spero che le persone che ci vivono sappiano preservare questi posti, continuino ad amarli e a rispettarli perché hanno un qualcosa di sacro. C’è una varietà davvero unica.
- La musica serve davvero a vivere meglio?
La musica serve a vivere meglio come tutte le cose belle, come ridere tanto, mangiare bene e circondarsi di amore. Assolutamente sì!