Sonia, Teodora, Roberta, Marisa, Eleonora, Marianna, Maria, Violeta, Pierangela. Sono solo alcuni dei nomi di una lunga lista che ha come comune denominatore la violenza. Sono donne che non ce l’hanno fatta, donne uccise da mariti, compagni o ex. Sono vittime di una mattanza che continua inesorabilmente, giorno dopo giorno. Ed è per questo motivo che bisogna continuare a parlarne, bisogna continuare a raccogliere testimonianze, perchè il sacrificio delle vittime non sia vano, perchè se anche una sola donna acquisisce coraggio leggendo la storia di altre donne che hanno avuto la forza di denunciare, allora un piccolo passo in avanti sarà compiuto.
Linda Moberg ha avuto il coraggio e la determinazione di raccontare ciò che le è accaduto. E’ stata massacrata di botte dall’ex marito, ridotta in fin di vita e salvata dal figlio che rientrando a casa l’ha ritrovata in una pozza di sangue priva di sensi. In casa era presente anche il padre, che stava sul balcone a fumare.
Abbiamo raccolto la testimonianza di Linda, forte e profonda, come i suoi bellissimi occhi azzurri.
- Linda, lei è l’ennesima vittima di violenza da parte degli uomini. Perché ha deciso di rendere pubblica la sua storia?
Sono purtroppo l’ennesima vittima e non sarò l’ultima. Sono vittima due volte perché non bisogna dimenticare che noi sopravvissute non siamo tutelate o protette nell’attesa di un processo che forse ci renderà giustizia o forse no. Il mio aggressore, infatti, che sarebbe il mio ex marito, gira da uomo libero nonostante mi abbia quasi uccisa il 12 maggio del 2019. Sono stata salvata da mio figlio che mi ha trovata in una pozza di sangue priva di sensi e ha chiamato un’ambulanza. Ho deciso di rendere pubblica la mia storia per tutelare me e i miei figli e per aiutare chi si trova nella mia stessa situazione.
- Ogni giorno purtroppo ci sono donne vittime di brutalità, ormai è diventata una vera e propria mattanza. Ci può aiutare a capire i primi segnali per cui una donna deve allarmarsi dell’uomo che ha al proprio fianco?
Nel mio caso, prima di arrivare alle mani il mio ex marito dimostrava una gelosia ossessiva, alzava la voce, urlava anche per motivi futili, rompeva oggetti e ribaltava mobili. Mi imponeva sempre la sua volontà. Ho sottovalutato questo comportamento.
- Quando una donna si accorge di questi campanelli di allarme a chi si deve rivolgere per chiedere immediatamente aiuto?
Ai centri antiviolenza se non si ha la possibilità o l’indipendenza economica per lasciare immediatamente il proprio compagno. Un uomo violento sarà sempre violento nonostante promette di non fare più del male. Bisogna denunciare al primo colpo subìto, non bisogna aspettare.
- Anche il Papa è intervenuto sull’argomento su Twitter invitando a pregare per le donne “perché vengano protette dalla società e perché le loro sofferenze siano prese in considerazione e ascoltate da tutti”. Pensa che la società stia facendo abbastanza per proteggere le donne?
No, come dicevo prima noi vittime siamo lasciate sole. Si impara a convivere con la paura di ritrovarsi ancora davanti chi è responsabile di questi crimini. Come dice il mio avvocato Massimiliano Santaiti, questi uomini sostengono che non hanno nulla da perdere. Nel mio caso, i miei genitori vivono con me e i miei figli dal giorno dopo l’accaduto. Esco sempre “scortata” da mio padre che è un ex commissario di polizia svedese, ora in pensione. Ho sempre il cellulare a portata di mano, il mio cognome non appare sul citofono e adotto altri piccoli accorgimenti.
- “Le testimonianze delle vittime che hanno il coraggio di rompere il silenzio sono un grido di richiesta di aiuto che non possiamo ignorare” ha affermato sempre il Papa. Lei ha avuto questo coraggio ma sono ancora tante le donne che restano zitte. Cosa si sente di dire loro?
Anche io ho taciuto la mia sofferenza per lunghi anni per la vergogna di sembrare una fallita, la vergogna di dover chiedere aiuto e la paura di non farcela economicamente per mantenere me e i miei figli. La parte economica, infatti, è un tasto dolente, come avevo previsto: il mio ex marito non ci ha mai versato un soldo dopo la denuncia ed i miei genitori ci pagano tutto con i loro risparmi.
- Per concludere, come sta ora? Può raccontarci le sue sensazioni da “donna libera”?
Si sopravvive ma non si dimentica. Mi specchio la mattina e vedo la cicatrice sopra il labbro dove mi hanno suturata. Avevo punti anche all’interno della bocca. Diciamo che l’ansia e l’angoscia che avevo si sono trasformate in rabbia e voglia di giustizia. Non dimentichiamo che ci sono altre donne che non sono qui oggi per poter raccontare le loro storie perché uccise o rimaste invalide. Il mio pensiero non può che andare a Chiara Insidioso Monda, ridotta in fin di vita dal suo compagno e che oggi vive su una sedia a rotelle senza poter più parlare. L’avvocato di Chiara è anche il mio. Sto attendendo il processo previsto per l’8 marzo di quest’anno, è stato rimandato di un anno a causa del Covid-19. Mi sentirò una donna libera se chi mi ha ridotto in fin di vita sarà condannato al carcere.
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