“Mi ritengo così fortunata a vivere due culture diverse perchè riesco a fare il paragone fra due mondi opposti” sono le parole di Imen, una ragazza di 21 anni nata in Marocco e cresciuta nel Vallo di Diano. Ci siamo chiesti in che modo delle culture diverse potrebbero avvicinarsi, conoscersi, rispettarsi, integrarsi e in che modo poter parlare di tematiche importanti affrontandole con naturalezza e serenità.
E allora ci abbiamo provato chiacchierando con questa ragazza solare che ci ha parlato della sua vita, delle sue esperienze, del suo Paese d’origine, dei suoi sogni e lo ha fatto come qualsiasi ragazza o ragazzo della sua età lo farebbe, al di là delle differenze e dei pregiudizi, libera, come chiunque dovrebbe esserlo.
- Imen, la tua famiglia è originaria del Marocco ma tu e i tuoi fratelli siete cresciuti in Italia. Avete riscontrato difficoltà per questo motivo?
Non tantissime per fortuna. Sono venuta in Italia quando ero molto piccola, qui ho iniziato a frequentare le scuole materne e qualche problema l’ho avuto quando, per esempio, da piccola alcune bambine mi dicevano di non voler giocare con me in quanto straniera ma crescendo, fortunatamente, non è più successo. Quelle poche volte che ho avuto qualche problema non l’ho visto come discriminazione razziale ma come una sorta di gioco. Questo grazie ai miei genitori perché quando tornavo a casa e raccontavo cosa mi era successo, con tanta pazienza mi facevano capire che non dovevo vivere questa cosa in maniera negativa, anzi, dovevo riderci su.
- In che modo?
Ad esempio quando i bambini mi dicevano che ero più scura di pelle di loro, mio padre mi spiegava che io ero fortunata perché gli altri per diventare come me dovevano andare al mare ad abbronzarsi mentre io non ne avevo bisogno. E così ci facevamo delle grosse risate. Quindi non mi sono sentita mai diversa semplicemente perché mio padre mi ha insegnato a riderci su, mi ha sempre ripetuto che la mia più grande arma è il sorriso. La mia forza, il mio coraggio e la mia gioia di vivere li devo a mio padre.
- Quali sono gli elementi e le tradizioni che conservate delle vostre origini?
La mia famiglia è musulmana per cui le tradizioni e gli elementi fondamentali nella mia cultura sono i cinque pilastri dell’Islam: la shahāda, o “testimonianza” di fede, “Testimonio che non c’è divinità se non Dio (Allàh) e testimonio che Muḥammad è il suo messaggero”, questa testimonianza per essere valida deve essere recitata con piena comprensione del suo significato e in totale sincerità; poi abbiamo la preghiera, ovvero “salāt” che va effettuata cinque volte al giorno in precisi momenti scanditi dal richiamo dei muezzin che stanno nella moschea ma siccome in queste zone non ce ne sono, i miei genitori utilizzano l’applicazione Muslim Pro che indica i tempi precisi della preghiera. Il terzo pilastro dell’Islam è zakāt che sarebbe il versamento in denaro, per ogni musulmano che ne ha la possibilità, da devolvere nei confronti di poveri e bisognosi; poi c’è il mese del Ramadan, in cui bisogna digiunare dall’alba al tramonto e può essere effettuato solamente da chi è in grado di farlo ed è in piena salute. Infine c’è il pellegrinaggio alla Mecca da fare, sempre per coloro che ne hanno la possibilità, almeno una volta nella vita.
Oltre alla religione, della mia cultura conservo la lingua: parlo, infatti, correttamente l’arabo. Sono cresciuta con entrambe le lingue perché mentre con gli amici parlavo l’italiano, a casa, con la mia famiglia, parlavo l’arabo e non ho avvertito difficoltà anzi, si è rivelato molto molto utile.
- Ci puoi raccontare in che modo vivi la tua fede?
Come ti spiegavo, la mia religione è l’Islam, sono molto credente e il primo pilastro lo rispetto. Per quanto riguarda la preghiera, rispetto il mese del Ramadan, l’ho sempre fatto con molto piacere non perché sono obbligata a farlo, anzi, è proprio una delle cose che mi piace di più della mia religione perché mi affascina molto. Mi ha insegnato tutto mio padre perché non avendo frequentato le scuole in Marocco non sapevo nulla, nemmeno le preghiere da fare: durante questo mese mi metto sul tappetino, mi rivolgo verso La Mecca e prego con costanza. Per il terzo pilastro, non riguarda ancora me perché sono ancora una studentessa e non lavoro mentre non sono mai andata in pellegrinaggio alla Mecca però vorrei tanto farlo.
Inoltre, io non indosso il velo perché non me la sento e nessuno mi ha mai obbligata per cui fino a quando non me la sentirò di farlo, non lo porterò mai. Vesto normalmente, nessuno mi obbliga a fare cose che non voglio o mi vieta di fare qualcosa, diciamo che sono molto libera e questa fortuna la devo alla mentalità aperta dei miei genitori perché se no sarebbe stato davvero un grande casino, a quest’ora forse non avrei continuato i miei studi, avrei indossato il velo e probabilmente sarei stata già sposata.
- Sei ritornata in Marocco?
Si, diverse volte. Purtroppo sono già quattro anni che non ci vado e mi dispiace molto perché ogni volta che ritorno in Marocco è un’emozione intensa. Il mio Paese d’origine è di una bellezza incredibile, è il profumo di casa mia. Mi ritengo così fortunata a vivere due culture diverse perchè riesco a fare il paragone fra due mondi opposti, basti pensare ai piatti tipici, la pasta e il tajine, che è una pietanza a base di carne e verdure speziate, oppure ai costumi o alle religioni.
- E il modo di vivere è molto diverso?
Guarda, ho riscontrato anche un’apertura di mentalità nel corso degli anni e questo perché le nuove generazioni si sono spostate in Europa: ad esempio, le ragazze si vestono all’occidentale, come me qui in Italia, e non te ne puoi dare una colpa. Credo, infatti, che se vivi in un Paese diverso da quello di origine, il Marocco nel mio caso, ti viene naturale adattarti agli usi e costumi della nazione in cui vivi. Poi però vedo che c’è un 20% di quelli che restano lì che mantengono una mentalità chiusa e quindi, ad esempio, l’uomo ha più libertà della donna, di conseguenza la donna non può uscire, non può continuare gli studi, le vengono private molte cose e questo, secondo me, è bruttissimo perché credo che tutti dovrebbero essere allo stesso livello. Può capitare che mentre passeggi in Marocco indossando un jeans con degli strappi, qualcuno che appartiene a questa ristretta percentuale si fermi e ti dice di vergognarti perché non è ammissibile un abbigliamento del genere. Queste persone insistono sul concetto secondo cui l’Islam dice che la donna si dovrebbe coprire per rispetto verso Dio e credo che chi sceglie di farlo faccia un gesto bellissimo meritevole di rispetto ma deve essere, appunto, una scelta e non un’imposizione. Alcune ragazze in Marocco mi hanno raccontato che vivendo in casa una situazione difficile, con il proprio padre che non le fa uscire e non le fa vivere una vita normale, preferirebbero sposarsi anche a 17 anni, per loro scelta, pur di avere maggiore libertà. Purtroppo ci sono ancora famiglie in cui il marito della propria figlia viene scelto dai genitori perché hanno riscontrato che si tratta di una brava persona e quindi possa andar bene per costruire un futuro insieme. Ma come si può concepire una cosa del genere? E’ una cosa bruttissima e andrebbe cambiata perché, credimi, le ragazze ne risentono tanto.
- In base alla tua esperienza, c’è qualcosa che ti senti di consigliare alle ragazze di origine straniera che sono nate o cresciute in Italia?
Di non sentirsi diverse e di non dare peso alle discriminazioni che purtroppo ci sono ancora oggi: bisogna viverle come se fossero delle battute tra amici, come quando si esce con gli amici e si ride e si scherza su qualcosa. Non bisogna arrivare al punto di rinchiudersi in casa perché delle persone ci dicono che siamo diverse ma dobbiamo affrontarle in maniera tranquilla e soprattutto non starci male. “E’ vero, sono diversa perché ho un colore della pelle diverso ma io ho un qualcosa in più che tu non hai, ho un dono di bellezza” questo è, secondo me, il modo di affrontare la diversità, viverla con consapevolezza perché è ovvio che siamo tutti diversi e “meno male!” aggiungo.
L’altro consiglio che mi sento di dare alle ragazze è di sentirsi libere di fare qualsiasi scelta nella vita, di scegliere per sé stesse e di non far scegliere gli altri al posto loro, di rispettare la religione per com’è (e quindi conoscerla) e non per come viene interpretata, perché a volte viene interpretata molto male in quanto ci vengono vietate delle cose che non stanno scritte da nessuna parte. Ragazze, continuate i vostri studi anche se avete dei genitori con una mentalità chiusa e vi dicono di non proseguire, voi lottate per questo e per qualsiasi cosa che vi verrà vietata perché si tratta della vostra vita.
- Per concludere, cosa sogni per il tuo futuro?
Questa è la domanda più difficile per me. Spero di raggiungere i miei obiettivi, di terminare i miei studi, di diventare un buon avvocato o addirittura un magistrato perché sto studiando Giurisprudenza e mi sto preparando per poter partecipare al concorso per entrare nella Guardia di Finanza, che è uno dei miei più grandi sogni fin da quando ero piccola. Spero di soddisfare i miei genitori, di renderli felici, di non dovermi mai allontanare troppo da loro e da casa mia perché spero di godermi i miei genitori fino all’ultimo. Spero che stiano sempre in buona salute assieme ai miei fratelli e a mia sorella e infine spero di trovare l’uomo giusto e poter creare una mia famiglia ma questo più in là, ora è troppo presto!