In questi giorni si è scatenata la psicosi della corsa per comprare le pillole di iodio, al fine di proteggersi da eventuali radiazioni in caso di scoppio di una centrale nucleare. Ma serve davvero assumerle? Sono davvero utili?
In caso di contaminazione radioattiva dell’ambiente, ad esempio dopo l’esplosione di una bomba o di un reattore nucleare, i radionuclidi volatili possono essere rilasciati nell’atmosfera. I più pericolosi sono lo Iodio-131, lo Stronzio-90, e il Cesio-137. Questi radionuclidi hanno un’emivita (tempo in cui cessa di esistere) pari rispettivamente a 8 giorni, 29 anni e 30 anni.
Lo Stronzio e il Cesio sono ancora presenti dopo il disastro di Chernobyl del 1989. Lo Iodio-131 può causare tumori alla tiroide, lo Stronzio-90 può indurre la leucemia, mentre il Cesio-137 si distribuisce in tutto il corpo e può danneggiare organi come fegato e milza. Per fortuna non tutto lo iodio è radioattivo e il corpo umano ne ha bisogno per funzionare. Purtroppo, però, il nostro corpo non riesce a distinguere quello radioattivo da quello non radioattivo e va ad assorbirlo.
L’assorbimento di iodio radioattivo può essere bloccato attraverso l’assunzione di iodio stabile, non radioattivo, generalmente sotto forma di ioduro di potassio. L’assunzione porta alla saturazione della ghiandola tiroidea, quindi se somministrato prima o all’inizio dell’esposizione allo iodio radioattivo riduce efficacemente le conseguenze.
L’effetto protettivo di una compressa dura circa 24 ore, di conseguenza l’assunzione non ha una funzione preventiva e non offre protezione contro altre sostanze radioattive da cui è necessario proteggersi in caso di emergenza. L’assunzione di un integratore di iodio non è consigliata per chi ha superato i 40 anni, perché gli effetti collaterali dello ioduro di potassio aumentano con l’età, tranne nel caso in cui le radiazioni superino livelli che possano andare a minacciare la tiroide, ovvero 5 gray.
Sebbene il sale da cucina iodato venga spesso preparato addizionando potassio ioduro, non contiene una quantità sufficiente ad impedire allo iodio radioattivo di entrare nella ghiandola tiroidea e quindi non bisogna assumerlo in nessun caso al posto del farmaco; non è “meglio di niente” perché il sodio presente può causare gravi effetti indesiderati. Lo stesso vale per alimenti ricchi di iodio, come le alghe. L’assunzione di ioduro di potassio dovrebbe avvenire solo a seguito di espresse indicazioni mediche altrimenti può causare disfunzioni alla tiroide, gonfiore della ghiandola parotide, vomito, diarrea e gonfiore addominale. Si raccomanda di non assumere iodio se non suggerito dagli organi preposti, perché il rapporto rischio-beneficio, salvo casi specifici, è sfavorevole.