Lettera aperta alla redazione di Franco Iorio
Non è terra per laureati la nostra. Non ci sono offerte di lavoro che possano venire incontro alle loro aspettative sia economiche che professionali: i giovani laureati vanno via dal Sud, emigrano verso altri lidi. Un fenomeno questo che sta svuotando anche il Vallo di Diano non meno che il Mezzogiorno e va ad aggiungersi ai tanti problemi che caratterizzano la “questione meridionale contemporanea”.
Vanno evidenziate qui le contraddizioni di fondo di questa zona, terra che possiede indubbi elementi di notevole innovazione ma mantiene ancora componenti di arretratezza. Crea generazioni di studenti di notevole talento ma non riesce a trattenerli dopo la laurea proprio perché mancano adeguate offerte occupazionali che incontrano le aspettative dei giovani. Così i laureati vanno dove possono realizzarsi sotto il profilo professionale e incontrano riconoscimenti economici adeguati al profilo professionale raggiunto. Sull’angoscioso problema ho già scritto. Mi ripeto. Ma mi ripeto perché occorre scuotere le coscienze di tutti: famiglie, genitori, imprenditori, politici, sindacati, scuole e docenti, l’intero panorama sociale pubblico. Parlare di emigrazione significa parlare del Sud più di ieri, oggi più di domani, perché qui colpisce in termini di spopolamento, di sottrazione di risorse e di capitale umano, di forza lavoro. Ma più ancora investe con violenza irreparabile la potenzialità culturale, se solo si pensi che tra il 2001 e il 2022 sono andati via dal Sud circa 480.ooo laureati. E non possiamo dire che “tradiscono” il loro territorio, come ingiustamente scrissi qui il 6 agosto 2019 trattando specificamente del Vallo di Diano: ora me ne dolgo e chiedo venia.
Non può, non deve un giovane laureato specializzato percepire uno stipendio pari a quello che fu il “reddito di cittadinanza”, “coraggiosamente” abolito da questo Governo di incapaci. Già, coraggiosamente!
La “meglio gioventù” va via per poter iniziare una carriera in linea con le proprie aspettative. Lo dice pure lo Svimez a proposito dell’emigrazione dei cervelli. Le intelligenze emigrano e il nostro Vallo di Diano presenta il declino sociale che si avverte in giro nei 15 Comuni, che pagano l’unica via di scampo di cui disponevano, ma in passato, per il bracciante povero o il disoccupato. Oggi, dunque, è la qualità sociale dell’emigrazione, una differenza qualitativa rispetto al passato, che incide e che comporta una ulteriore accentuazione del divario tra Nord e Sud.
In altri termini, aggrava l’effetto di svuotamento di potenzialità ponendo in risalto la nostra incapacità di trattenere i talenti. E questo è un ulteriore negativo aspetto che va ad aggiungersi alla mai risolta “questione meridionale”. E’ facile capire che ogni giovane laureato che va via comporta risorse che vanno a valore del Nord. Gli assistiti non siamo noi, come dicono sfrontati altezzosi leghisti alla Matteo Salvini, ma piuttosto c’è scambio di risorse: il capitale umano che va da questa terra al settentrione.
Allora va cambiato il nostro sistema produttivo in misura corrispondente alla qualità dei nostri giovani, un sistema che non sia strettamente legato solo al turismo. Occorre creare spazi per assunzione di laureati, bandire concorsi per coprire i posti liberi nell’amministrazione pubblica e soprattutto nei Comuni. Occorre accompagnare le poche ma valide imprese ad aumentare la loro dimensione e a favorire gli investimenti in tecnologia.
Chissà perché mi viene alla mente Emiliano Zapata: “Uomini del Sud! E’ meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”.
– Franco Iorio –