E’ stata pubblicata la Relazione sull’attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel secondo semestre del 2022, presentata dal Ministro dell’Interno, e relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso.
Il documento propone, con particolare riguardo allo sviluppo ed alle trasformazioni delle organizzazioni mafiose, la descrizione del quadro criminale e della sua evoluzione, con le presenze dei principali sodalizi attivi e delle risultanze investigative concluse dalla DIA e dalle Forze di Polizia.
Per la georeferenziazione dei fenomeni criminali nell’area salernitana permane valida la distinzione del territorio in 4 macro-aree: Salerno, l’Agro Nocerino-Sarnese, la Piana del Sele ed il Cilento, con la presenza di sodalizi che esercitano la propria influenza evitando, in genere, reciproche interferenze.
Tale suddivisione è stata peraltro confermata dalla Presidente della Corte d’Appello di Salerno Iside Russo in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno giudiziario richiamando le pregresse valutazioni del Procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli circa “l’autonomia acquisita dalla criminalità organizzata operante nel capoluogo, unitamente alle particolari modalità di intervento sul tessuto socio-economico-politico, tanto da superare la tradizionale individuazione di soli tre contesti territoriali”.
La provincia di Salerno, come riportato dalla Relazione, è connotata da una disomogeneità socio-economica che si riflette anche sulle caratteristiche strutturali e sulle dinamiche dei locali fenomeni criminali. Nelle aree di confine la contiguità territoriale con gli ambienti malavitosi delle province di Napoli, Caserta e della limitrofa Calabria tende a favorire l’influenza degli storici sodalizi mafiosi campani e calabresi con cui i gruppi salernitani, non di rado, stabiliscono rapporti crimino-affaristici.
Pur non registrandosi significativi cambiamenti negli equilibri e nei principali interessi illeciti perseguiti le organizzazioni criminali storiche e di maggior spessore hanno sviluppato più incisive capacità di penetrazione nel tessuto socio-economico, politico e imprenditoriale locale, finalizzate ad acquisire spazi in alcuni settori nevralgici dell’economia provinciale quali la realizzazione di opere pubbliche, la gestione di forniture e servizi pubblici per l’ambiente anche tramite il condizionamento degli Enti locali.
In provincia, dunque, “permane una pluralità di sodalizi di matrice diversa, ciascuno con una propria area di influenza e con un elevato grado di autonomia, sia con riferimento ai settori operativi, sia riguardo alle alleanze con analoghe compagini attive nei territori limitrofi. Accanto ad organizzazioni più strutturate si assiste all’ascesa di nuovi gruppi emergenti dediti prevalentemente allo spaccio di stupefacenti e ad attività illecite più tradizionali, quali estorsioni e reati predatori ricorrendo talvolta ad azioni violente”.
Il Vallo di Diano si conferma area di interesse per le consorterie mafiose originarie delle province settentrionali della Campania e delle regioni Basilicata e Calabria in ragione della peculiare collocazione geografica come documentato, in particolare, dall’indagine “Oro nero” coordinata dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Potenza e di Lecce e conclusa, il 12 aprile 2021, dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza. L’indagine ha messo in luce i rapporti esistenti nella gestione del contrabbando di carburanti, tra gli esponenti della malavita locale e quelli del clan casertano dei Casalesi.
Nell’area cilentana non emergerebbero elementi circa la presenza di strutturate organizzazioni camorristiche autoctone. Il contesto territoriale, per le sue connotazioni economiche e per la sua posizione geografica si presta invece all’ingerenza di compagini mafiose provenienti dall’hinterland partenopeo, dalla provincia di Caserta o dalle confinanti regioni Calabria e Basilicata, specie con riferimento al reinvestimento di capitali illeciti. La spiccata vocazione turistica dell’area costiera favorisce, peraltro, la diffusione dello spaccio di stupefacenti. Ad Agropoli un’indagine conclusa dalla Guardia di Finanza nel 2020 avrebbe documentato la presenza di esponenti del clan Fabbrocino,“organizzazione camorristica operante in alcuni comuni della provincia orientale di Napoli con spiccata vocazione imprenditoriale, dediti al reinvestimento di profitti illecitamente acquisiti in numerose attività economiche avviate nel territorio salernitano”.
Nel territorio di Capaccio Paestum recenti attività di contrasto hanno messo in luce la presenza di soggetti riconducibili allo storico clan Marandino il cui boss, recentemente deceduto, risultava legato alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo a favore del quale, peraltro, curò la latitanza ad Albanella fino al maggio del 1979. I provvedimenti giudiziari che hanno colpito il sodalizio negli ultimi anni ne hanno delineato gli interessi illeciti in attività usurarie, estorsive, “nonché nell’acquisizione e gestione di attività economiche quali lidi balneari, società di soccorso, servizio 118 in convenzione con l’ASL di Salerno, ovvero delle onoranze funebri, settore in cui avrebbero cercato di acquisire il monopolio”. Nel corso del semestre in esame a Capaccio Paestum sono stati registrati due atti intimidatori in danno di locali società e attività commerciali riconducibili all’attività estorsiva esercitata nel territorio.
La graduale diffusione degli interessi illeciti riconducibili alle consorterie camorristiche partenopee nel Cilento sarebbe ulteriormente evidenziata anche dall’inchiesta conclusa dal personale della DIA e dell’Arma dei Carabinieri. Il 3 novembre 2022 sono state sottoposte a custodia cautelare 25 persone vicine al clan Sangermano, attivo nell’Agro-Nolano. Sono tutti accusati di associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza, usura, autoriciclaggio e porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo. Quest’ultimi reati sono aggravati dalle finalità e modalità mafiose. Sequestrati in via preventiva numerosi beni immobili e rapporti finanziari per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro. Il provvedimento ablativo ha riguardato anche alcuni appartamenti del Palazzo gentilizio “Pentagna” ubicato sul lungomare di Scario, frazione di San Giovanni a Piro.
Nella città di Salerno risulterebbe confermato il ruolo egemonico assunto dal clan D’Agostino, nonostante “il tentativo di nuovi gruppi emergenti di affermarsi negli spazi ancora non occupati a seguito dell’esecuzione dei provvedimenti restrittivi a carico degli esponenti del clan”. Presente l’operazione conclusa il 1° luglio 2022 dai Carabinieri con l’arresto nelle province di Salerno, Avellino, Caserta e Frosinone di 38 persone riconducibili al clan Stellato ed accusate di associazione mafiosa, estorsione, lesioni personali, porto e detenzione di armi in luogo pubblico, concorso in spaccio di sostanze stupefacenti, truffa ai danni dello Stato, indebita percezione di erogazioni pubbliche, ricettazione, riciclaggio e truffa, aggravati dalle modalità e dalle finalità mafiose. Nel provvedimento viene documentato il ruolo rivestito dal leader degli Stellato, storico antagonista del clan D’Agostino, il quale a seguito della sua scarcerazione avvenuta nel giugno 2020 avrebbe tentato di conquistare l’egemonia nello spaccio degli stupefacenti nella parte orientale della città. I principali interessi illeciti del clan D’Agostino invece, resterebbero orientati verso gli stupefacenti, l’usura e le estorsioni. In tale contesto, risulterebbero inquadrabili alcuni atti intimidatori avvenuti nel semestre ai danni di attività commerciali. Riguardo al crescente fenomeno dei reati tributari, invece, si segnala l’operazione conclusa il 7 novembre 2022 dalla Guardia di Finanza di Salerno con il sequestro preventivo di quote societarie e rapporti finanziari per un valore di oltre 3,5 milioni di euro, e che ha colpito i titolari e i consulenti legali di alcune società operanti nei settori edile, dell’editoria e del collezionismo d’arte, accusati di evasione fiscale.
Particolare rilevanza, anche per le potenziali mire criminali assume il Porto “Manfredi” in virtù della sua posizione strategica e per la sua forte proiezione nel mercato internazionale rispetto allo sviluppo delle rotte commerciali nazionali. “Con la sua collocazione geografica e con l’efficiente rete di collegamento con l’entroterra, infatti, è divenuta un’infrastruttura d’interesse strategico per le organizzazioni criminali, anche allogene, in quanto agevole snodo di numerosi traffici illeciti come quello dei rifiuti, delle armi, dei tabacchi lavorati e delle sostanze stupefacenti. Si ricorda l’operazione conclusa, lo scorso mese d’aprile 2022 dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, con il sequestro di un ingente carico di cocaina proveniente dal Sudamerica”.
La Piana del Sele si caratterizza, invece, per la presenza di fiorenti insediamenti nei settori agricolo e dell’allevamento che sostengono l’indotto industriale per la trasformazione delle relative materie prime. Accanto agli storici sodalizi autoctoni di matrice camorristica, recenti indagini hanno fatto emergere una significativa presenza di gruppi criminali stranieri, prevalentemente rumeni, albanesi e magrebini, dediti al favoreggiamento e allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina e della prostituzione nonché allo sfruttamento lavorativo proprio in virtù della marcata vocazione agricola di quel territorio.
A Battipaglia il monopolio criminale rimarrebbe affidato ai clan Pecoraro-Renna e De Feo il cui storico antagonismo sembra oggi mitigato da una nuova e inedita convergenza di interessi illeciti, segnatamente, nel settore del narcotraffico. Tale situazione è ampiamente documentata da un’attività investigativa condotta dalla Polizia di Stato e dall’Arma dei Carabinieri che nel 2019 hanno arrestato 37 persone tra vertici e affiliati ai clan, rivelando l’esistenza di un sodalizio armato dedito al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti con base operativa nei Comuni di Salerno, Bellizzi e Pontecagnano Faiano. L’operazione ha messo in luce, tra l’altro, l’alleanza tra i clan finalizzata al controllo dello spaccio di stupefacenti e sancita mediante la costituzione di una “cassa comune” per la successiva spartizione degli utili.
Nel comprensorio dei comuni di Bellizzi, Pontecagnano Faiano, Montecorvino Rovella e Pugliano permarrebbe l’operatività del clan De Feo. Il sodalizio, che di recente ha visto la scarcerazione di uno dei suoi capi storici, è tradizionalmente dedito alle estorsioni, al traffico di stupefacenti e al riciclaggio.
Ad Eboli, fino agli anni ‘90 sotto l’egemonia del clan Maiale, le incisive attività di contrasto hanno prima disarticolato e poi impedito la ricostituzione di nuove organizzazioni in grado di imporre la propria leadership nel territorio. Oggi nell’area ebolitana opererebbero piccoli gruppi criminali dediti prevalentemente allo spaccio di stupefacenti, alle estorsioni e ad altri reati predatori. Recenti attività investigative confermerebbero anche la presenza di sodalizi camorristici originari della provincia di Napoli dediti al riciclaggio di denaro e, più in generale, a reati economico-finanziari.
In Basilicata, le differenti peculiarità geografiche ed economiche fra le zone territoriali costiere, a forte vocazione agricola e turistica, e quelle dell’entroterra, contrassegnate da frammentate realtà urbane, si riflettono nei diversi contesti criminali che hanno contraddistinto il radicamento dei sodalizi delinquenziali nel territorio.
Proprio in queste aree più interne “si manifesta, peraltro, in modo virulento, la presenza di organizzazioni di tipo mafioso ovvero dedite al traffico di stupefacenti, sia autoctone che provenienti da altri distretti, spesso operanti in reciproca sinergia. Tali sodalizi operano sia nel circondario di Potenza che in quello di Matera, e nel Lagonegrese”, come afferma il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Potenza, Armando D’Alterio, che sintetizza il contesto criminale nella regione dove le consorterie, avendo subito l’influenza di organizzazioni mafiose pugliesi, calabresi e campane, rispecchiano le variegate origini dei clan storicamente insediati nel territorio.
Nel Potentino la Dia ha sottolineato come le attività investigative restituiscono l’immagine di una criminalità organizzata “sempre più conforme ai modelli strutturali delle più progredite organizzazioni mafiose”. Il tutto è dimostrato dall’apertura a nuove alleanze o inedite forme di cooperazione, quest’ultime stimolate da interessi reciproci connessi con i traffici più remunerativi, primo fra tutti quello degli stupefacenti che continua ad essere molto redditizio e a rappresentare un volano di rapida crescita anche per le neo formazioni criminali.