Lettera aperta alla redazione della Dott.ssa Rosa Petraglia.
In quanto cittadina di Buonabitacolo e professionista nel settore della psicologia, ho avvertito l’esigenza di esprimere la mia personale riflessione sul malessere percepito dalla nostra comunità appartenente ad un territorio molto più esteso quale il Vallo di Diano, contesto in cui si avverte una richiesta di aiuto multidisciplinare riguardante una visione critica del fenomeno del “disagio adolescenziale”, dei suoi possibili interventi e della sua prevenzione.
L’adolescenza è una fase del ciclo di vita molto delicata, ricca di trasformazioni fisiche, psicologiche e relazionali, per tale motivo risulta essere elevato il rischio di perturbazioni sia intrapsichiche che interpersonali. Le espressioni del disagio adolescenziale (di massa o individuale) sono molteplici e possono essere relazionate alle caratteristiche di personalità ed alla considerazione dell’adolescente come parte integrante di un ecosistema relazionale (famiglia, scuola, comunità sociale e gruppo di pari età).
Solitamente, viene manifestato attraverso il ritiro sociale o l’abuso di sostanze stupefacenti; quest’ultime vengono utilizzate come una sorta di “perdita di controllo programmato”, comportante un allontanamento dal mondo per poter evitare di esplodere ed un silenzioso e mascherato bisogno di essere visti, pensati ed ascoltati. La risposta a questi loro bisogni non deve essere affidata alle sole famiglie, ma anche all’ambiente educativo nel suo complesso come fattore decisivo di benessere per i soggetti adolescenti.
Dalla mia personale esperienza lavorativa, nella quale l’entrare in contatto con gli adolescenti risulta essere di fondamentale importanza, ho avuto modo di avvertire in maniera pregnante il loro comune desiderio, ma soprattutto bisogno, di essere ascoltati. È per loro necessaria la possibilità di apertura, la presenza di un ascolto attento privo di alcuna forma di giudizio. Spesso manifestano una mancanza di sicurezza nelle proprie risorse e potenzialità che, attraverso la riflessione e l’elaborazione narrativa della propria storia di vita, riescono a riscoprire rimettendosi in gioco con una maggiore fiducia in se stessi. Bisogna ricordare sempre che ognuno ha la sua storia, una storia legata ad un contesto specifico, che non deve e non può, essere paragonata ad altre. Questa fase particolarmente delicata dello sviluppo è ricca di domande su stessi, sul proprio corpo, sui propri sentimenti, alle quali non sempre è facile trovare una risposta, soprattutto, contando soltanto sulle proprie forze. Esprimono la volontà di essere coinvolti nella costruzione di un qualcosa che sia frutto delle proprie capacità e di una propria iniziativa, come desiderio di inserimento e di realizzazione nell’attuale contesto di appartenenza.
La costruzione di rapporti di qualità è sinonimo di prevenzione. È fondamentale la costruzione di legami e di una rete di sostegno, che possa diventare un vero e proprio punto di riferimento in cui poter ritrovare i contatti umani di cui hanno bisogno per uscire dalla solitudine. Offrirgli la possibilità di potersi raccontare a chi potrà mettere a loro disposizione una solida capacità di dialogo ed un’attenzione vigile, favorendone una corretta evoluzione del loro sviluppo e della loro integrazione sociale.
A mio giudizio, sarebbe opportuna la necessità di concentrare l’attenzione su mete modeste e concrete, procedendo gradualmente e promuovendo iniziative con finalità grandiose, desiderabili ed altrettanto attuabili per il nostro territorio.
– Rosa Petraglia –