Ha fatto tappa ieri a Monte San Giacomo, nel giorno del “Firma Day UIL”, il tour della Uil Pensionati Campania che ha l’obiettivo di spiegare le ragioni della contrarietà all’Autonomia differenziata.
Approvata il 26 giugno scorso, la legge numero 86 contiene le disposizioni che consentono alle Regioni a statuto ordinario di chiedere maggiori competenze e di svolgere ulteriori funzioni rispetto a quelle attuali, con il rischio di accentuare i divari già esistenti favorendo un sistema che finisce per privilegiare le aree più ricche e non quelle più virtuose. La mobilitazione contro il progetto voluto dal ministro Calderoli ha portato a raccogliere, nel giro di un mese, più delle 500mila firme necessarie per chiedere il referendum abrogativo.
In parallelo con l’iter stabilito dalla Costituzione per arrivare all’indizione del referendum, per la UilP Campania è necessario entrare nel dettaglio delle ragioni di opposizione a questo progetto. Con questo obiettivo è stato promosso l’incontro che si è tenuto nel Comune di Monte San Giacomo.
Sei i motivi basilari per i quali, secondo i promotori dell’iniziativa, l’Autonomia differenziata deve essere cancellata: proteggere la Scuola e l’unitarietà dell’insegnamento, tutelare la Sanità pubblica e universale, garantire l’uniformità dei Livelli Essenziali delle Prestazioni su tutto il territorio nazionale, difendere i contratti collettivi nazionali di lavoro, tutelare la competitività dell’Italia a livello mondiale e assicurare un robusto sistema di perequazione.
A riguardo si è espressa nettamente la sindaca Angela D’Alto: “L’iniziativa della UilP a Monte San Giacomo si inserisce in una serie di azioni già intraprese dal Comune, che si è schierato sin da subito contro l’Autonomia differenziata con uno specifico provvedimento il quale, in maniera esaustiva, spiega perché l’attuazione della legge numero 86 implicherebbe delle gravi disuguaglianze nel sistema Paese – ha sottolineato –. I piccoli Comuni virtuosi, come appunto Monte San Giacomo, sarebbero penalizzati proprio nel momento in cui si assiste ad un rilancio sia attraverso la valorizzazione di alcune attività turistiche che con una modernizzazione del comune. Aspetto, quest’ultimo, utile ai tanti residenti che hanno deciso di svolgere qui il proprio lavoro beneficiando di una vita più vicina ai ritmi della natura e lontana dai problemi dei grandi centri cittadini”.
In tutto questo chi rischia di più sono i cittadini che vivono nei centri di provincia meno popolosi, già penalizzati dalle riduzioni dei servizi che si sono susseguite negli ultimi anni. Eppure, proprio le piccole realtà territoriali rappresentano una risorsa su cui puntare. La qualità della vita in queste zone induce tanti a fare una scelta in controtendenza e a lasciare le città. Lo sviluppo delle aree interne può davvero fare la differenza, soprattutto se esse vengono dotate di infrastrutture al passo con i tempi come, ad esempio, la fibra ottica per il collegamento a Internet. Ciò richiede investimenti, ma l’Autonomia differenziata, con le asimmetrie che crea sul territorio, finirà per indurre anche gli investitori più sensibili a dirottare le proprie risorse verso le aree maggiormente remunerative.
“Cosa ne sarà dei piccoli Comuni qualora dovesse essere attuata l’autonomia differenziata? Le migliaia di realtà locali che caratterizzano il nostro Paese rischiano di essere spazzate via, compromettendo non solo le identità forti che le caratterizzano, ma anche e soprattutto la tenuta sociale – ha affermato Biagio Ciccone, segretario generale della Uil Pensionati Campania –. Abbiamo scelto di parlare a Monte San Giacomo dei rischi che si corrono con le riforme del ministro Calderoli perché la realtà territoriale del Vallo di Diano, caratterizzata da una costellazione di centri di piccole e medie dimensioni, presenta grandi potenzialità. Essa è emblematica di ciò che è oggi non solo il nostro Meridione, ma tanta parte di tutta l’Italia. Se l’Autonomia differenziata dovesse andare in porto, nelle nostre piccole realtà ci troveremo a dover fare i conti con ulteriori riduzioni di servizi. Abbiamo visto cos’è accaduto dopo la privatizzazione e le conseguenti scelte dettate da logiche aziendali. Lo vediamo tutti i giorni anche in quei settori che sono rimasti formalmente pubblici come la Sanità: sempre più tagli, sempre più disagi per gli utenti, senza tenere in considerazione alcuna quello che è un dato di fatto come l’invecchiamento della popolazione. C’è bisogno di più welfare e di servizi meglio organizzati e diffusi in maniera più capillare”.