Studenti italiani e corretto utilizzo della lingua italiana: non sembra essere un binomio ancora valido secondo 600 Professori che si sono resi firmatari di un accorato appello al Parlamento e al Governo, accusando gli studenti universitari di ‘non conoscere l’italiano’ e di commettere ‘errori da terza elementare’.
Può essere considerata davvero un’emergenza? Ne abbiamo parlato con il professore Sergio Lubello, ordinario di Linguistica Italiana presso l’Università degli Studi di Salerno.
- Professore, è d’accordo, in base alla Sua esperienza di docente nell’Ateneo salernitano, con l’affermazione dei Professori che hanno indirizzato l’appello alle istituzioni?
La segnalazione da parte di docenti sui problemi e sulle difficoltà degli studenti universitari nell’uso scritto e parlato dell’italiano non è nuova. Il tema in realtà è molto complesso e riguarda non solo la scrittura degli studenti, ma l’intero sistema della scuola, dell’università, della ricerca, della formazione, settori cruciali in cui tutti i governi degli ultimi vent’anni (e direi di più) non hanno investito neppure in termini di vere riforme lungimiranti.
- In base alla Sua opinione, si può rinvenire anche una responsabilità del sistema scolastico nel suo complesso?
Sento spesso dare la colpa alla scuola che non funziona, all’università che è diventata un liceo: ogni pezzo del sistema dell’istruzione dà la colpa a quello che lo precede. In realtà non c’è ambito in Italia in cui le tanto proclamate e osannate riforme si sono scatenate come nella scuola e nell’università: tutte, però, di basso, bassissimo profilo, tutte senza soldi e senza finanziamenti.
- E’ possibile per gli studenti colmare lacune di questo tipo anche durante la carriera universitaria o si deve necessariamente intervenire nelle fasi precedenti della formazione scolastica?
Ogni momento del percorso formativo deve fare la sua parte. Certamente problemi seri e gravi non si risolvono facilmente all’università. Terapie ce ne sarebbero, tante. Non certamente il ritorno al passato. Ma la scuola e l’università di oggi per essere proiettate sul futuro e per poter assicurare le competenze necessarie dovrebbero in primis rientrare in un serio programma di governo che consideri centrale e fondamentale l’istruzione. Al momento non vedo all’orizzonte della politica italiana né partito né gruppo né politico che abbia a cuore questi temi e quindi il futuro delle nuove generazioni. Tutto quello che di buono c’è in fondo lo si deve a bravi insegnanti, a bravi ricercatori, a bravi studenti. Il Governo latita o meglio finge di interessarsi della scuola e dell’università con riforme di fatto peggiorative, con ammiccamenti all’internazionalizzazione. Molto fumo e niente arrosto. Un esempio per tutti, legato al tema: il fallimentare sistema del reclutamento (e non formazione) degli insegnanti!
– Maria De Paola –